trentacinque

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Guardo l'erba verde appena tagliata, molti odiano il suo odore ma io lo amo.
Mi stiracchio sulla panchina e poggio la testa sulla spalla di Caleb.
<<dio mio, amo il pollo>>
Dico addentando l'ennesima ala.
Caleb ride.
<<lo vedo>>
Mi si avvicina con un tovagliolo e mi pulisce l'angolo della bocca.
<<come diamine fai ad essere così imbranata?>>
Ma non gli do retta e continuo a mangiare il pollo.
Oh mio dio... pollo.
Dopo qualche secondo di silenzio lo guardo.
È pensieroso.
<<che succede?>>
Lui ritorna in se e mi sorride.
Scuote leggermente la testa.
<<niente>>

<<cosa succede?Caleb, dimmelo>>

<<mi è sembrato di vedere una persona, non devi preoccupare ne,  davvero>>

<<chi?>>
Non risponde.
Insisto.
Non perché sono curiosa... ovvio anche per quello... ma se lo preoccupa qualcosa voglio sapere cosa è.

<<chi? Caleb mi rispondi?>>

<<non te ne deve importare!>>
Sbotta.
Ma nei suoi occhi si vede che si pente subito della sua reazione.
<<scusa... questa situazione per me è ancora difficile>>
Annuisco e sorrido perché si sta sforzando.

Quando finiamo di pranzare ci alziamo e ci dirigiamo verso il dormitorio.
Caleb mi prende per mano e io arrossisco.
Quando siamo usciti dal nostro appartamento tutti ci hanno guardato straniti, altri sovraeccitati e altri con sorrisi maliziosi.
A pensarci mi viene da ridere.

<<Caleb>>
Non parlo.
È una famminile soave e matura.
Caleb si fa rigido e mi stringe la mano.
Lo guardo per un po' e poi mi giro.
Una ragazza, o donna, di circa venticinque anni dai capelli marroni e gli occhi nocciola è seduta su una sedia a rotelle.
I suoi vestiti sono impeccabili senza nemmeno una piega.
il suo sguardo e sereno e, per via del suo leggero sorriso, le compaiono delle fossette sulle guance.
Direi quasi che è perfetta.
Caleb, intanto, non si è ancora girato.
<<Caleb...>>
Gli sussurro strattonandolo.
Ma non mi da retta.
Ripeto il movimento ma niente, è impassibile, fermo come una roccia.

<<Caleb, perfavore, guardami>>
Parla la donna.
<<Caleb>>
Lui finalmente si gira e con la mascella serrata la guarda.
<<Sophia>>

<<ehi>>
Gli sorride.

<<Ehi>>
Risponde freddo lui.
<<Jen... lei... lei è mia sorella, la maggiore... Sophia lei è Jennifer... la mia ragazza>>
La sorella maggiore di Caleb.
Ecco dove l'ho già vista, era in una foto nel diario rosa, Caleb,  inoltre, me ne aveva parlato il giorno in cui siamo andati al precipizio.

Sophia mi guarda sorpresa.
<<una ragazza? Fratellino, bel lavoro... non pensavo fossi tipo da ragazza>>

<<già>>
Risponde semplicemente lui.

<<Sono Sophia Evans>>
Mi porge la mano e io gliela stringo con un sorriso.

<<Come mai qui?>>
Chiede Caleb.

<<Josh ha un colloquio di lavoro come nuovo professore di matematica avanzata, l'ho accompagnato ed eccomi qui, nel mio vecchio College>>

<<ora noi dobbiamo davvero andare, vieni Jen?>>

<<Caleb, ci siamo appena conosciute, sono tua sorella, fammi investigare!>>
Scherza lei.
<<ti va di passeggiare?>>
Mi domanda.
Guardo Caleb che sta aspettando solo che vada con lui, ma in fondo sa che non lo farò.
Annuisco.
<<puoi spingermi? Le mie braccia mi fanno male>>

<<non c'è problema>>
Rispondo.
Vado verso Caleb e gli do un piccolo bacio.
È furente.
<<scusa>>
Sussurro e torno dalla sorella.

Passeggiano in silenzio per un po' e alla fine Sophia rompe il silenzio.
<<probabilmente ti starai domandando circa il comportamento di mio fratello>>
Non parlo.
È ovvio che lo voglio sapere ma non sarebbe educato chiederglielo.

<<come pensavo, fermati a quella panchina più avanti>>
Ubbidisco e mi siedo affianco a lei.

<<avevo ventuno anni e Caleb solo diciotto, un giorno ero uscita con ragazzo, un certo Scott, era più piccolo, di circa due anni.
Andammo in un precipizio isolato da tutti come primo appuntamento, Caleb aveva sentito in giro che lui, diciamo, voleva approfittarsi di me, così, in poche parole, ci ha seguito.
Sfortunatamente le voci erano vere, quando si fece buio Scott di fece avanti e, siccome nessuno ci poteva sentire, provó...a...>>

<<ho capito>>

<<... Caleb arrivo qualche secondo prima e riuscì a fermarlo, è stato sempre molto protettivo nei miei confronti.
Ci fu una rissa e lui quasi uccise quel ragazzo.
Lo lasció la sanguinante e mi costrinse ad andarmene.
Ramgiungemmo la macchina e partimmo.
Stavamo per arrivare a casa, lui era di fretta e voleva arrivarci il prima possibile.
Ignoró  tutti i semafori rossi e andò avanti, poi ad una curva ci fu un incidente... ma era troppo tardi... lui se ne dà la colpa, è tormentato dal fatto che mi abbia fatto del male... ma se non fosse stato per lui io sarei stata violentata... è stata colpa di uno stupido camionista ubriaco, ma lui non lo capisce... ti prego devi farglielo capire... a te darà ascolto>>



Quel Coinquilino Snervante - DAL 18 APRILE IN LIBRERIA!Onde as histórias ganham vida. Descobre agora