3. Brutta giornata

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<<Si mamma>> mantengo il telefono incastrato tra l'orecchio e la spalla mentre mi muovo nella stanza per sistemare i miei vestiti. Storco il naso quando mi rendo conto di aver messo una gonna che non userò mai in valigia. Vabbè. Io e mia madre abbiamo un'idea di stile completamente opposta. Lei è tipa da abiti eleganti, tacchi alti, paillettes e collane di perle. Io potrei vivere il resto delle mie giornate in pantofole e pigiama. Per questo, mentre facevamo la valigia, lei insisteva affinché io portassi anche qualcosa di più particolare e, per tenerla contenta, ho messo anche vestiti che non ho intenzione di indossare. D'altronde è anche merito suo se sono qui.

<<Ma Noah è riuscito a raggiungerti?>> mi domanda lei, toccando un tasto dolente che sarebbe stato meglio lasciare da parte.

<<No, mamma, niente di niente. Non mi ha nemmeno mandato un messaggio, né una lettera, né un piccione viaggiatore>> mi lamento piegando una maglietta e riponendola nell'armadio.

<<Mi dispiace tesoro>> risponde lei addolorata dall'altra parte del telefono.

Al solo pensiero mi tornano le lacrime agli occhi e fatico a trattenere un singhiozzo che non sfugge all'orecchio di mia madre. <<Non piangere Catherine, non ti abbiamo regalato una vacanza per passare il tempo a piangere>> prova a consolarmi, non sapendo che in questo modo mi fa sentire ancora peggio. Bel tentativo mamma, apprezziamo lo sforzo, seppur fallimentare. <<Non puoi rovinarti il frutto del tuo sudore per un ragazzo. Noah è un bravo ragazzo ma questa volta sono d'accordo con te quando dici che ha sbagliato. Ma è lui ad essere caduto in errore...lui, non tu. Pensa solo a divertirti e se ti chiama tu non rispondergli, fallo penare un po'>> sforza una risata cercando di mettermi di buon umore.

Devo dire, facile pensare solo a divertirsi dopo aver litigato con il proprio ragazzo e la propria migliore amica. Sul serio, una vera passeggiata mamma.

<<Catherine? Ci sei ancora... uff questi aggeggi del demonio>>

<<Si mamma ci sono>> appendo un vestito e mi fermo a metà dell'opera, decidendo di sdraiarmi un poco sul letto. Finirò dopo.

<<Hai capito quello che ti ho detto?>>

<<Tutto chiaro>> fisso la luce che entra dalla finestra nella cabina. È una bella giornata e fa caldo, ma il mio malumore non mi permetterà di fare altro se non starmene chiusa qua ad aspettare che mi passi. Per carità, ero già passata oltre questa fase, poi ho ricevuto la chiamata di mia madre e, raccontandole le varie dinamiche, ho finito con il ritornare al punto di partenza.

<<Questo è lo spirito giusto amore di mamma>> sorride soddisfatta di essere riuscita nel suo intento di rallegrarmi. Più o meno. <<Adesso devo andare, ci sentiamo presto e mi raccomando, divertiti>> mi ricorda.

<<Ci provo>> alzo gli occhi al cielo.

<<Provaci bene>> mi rimbecca prima di porre fine alla chiamata. Lascio cadere il lenzuolo sul letto e sospiro.

"Provaci bene". Ci proverò mamma.

***

Se c'è una cosa che so fare bene è scrivere. Quando sono triste, però, tendo a scrivere solo roba depressa e francamente oggi non mi va. Voglio essere felice, o almeno tentare, e se c'è una cosa che mi rende tale quella è l'alcol. Non mi sono neanche preoccupata di cambiarmi: ho lasciato il telefono in camera, afferrato le chiavi e sono uscita dirigendomi verso il bar.

Non so dove sia, ma sono sicura che ci sia da qualche parte.

Passo circa una quindicina di minuti a vagare per i corridoi. È pieno di gente, qualcuno mi ha squadrato con aria di sufficienza, per lo più anziani. Andrebbero d'accordo con zia Carmen probabilmente. Sta di fatto che una serie infinita di giri dopo, trovo finalmente il posto che desideravo. Una gioia.

Under the same night sky Where stories live. Discover now