8. Svuotare la mente

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<<Muovi quelle braccia, Catherine>> urla Cole. <<Di più, di più>> comincia a dimenarsi attirando, ancora più di prima, l'attenzione di tutti i presenti in piscina. Santo cielo, giuro che lo ammazzo, quanto è vero che mi chiamo Catherine Richardson, giuro che lo faccio.

<<Devi spostare l'acqua verso l'esterno, non gettartela in faccia. Mi hai capito? Sembri una foca impazzita>> continua e mi viene voglia di immergermi solo per nascondermi dalle occhiate divertite che mi sta lanciando la gente.

<<Ti dispiacerebbe smettere di urlare e venire qui?>> domando infastidita e noto che il barista al piano bar si volta a guardarci e scuote la testa.
Questa è un'umiliazione bella e buona.
E quello è il ragazzo che ci ha servito i cocktail il giorno del nostro primo incontro, ripensandoci.
<<Arrivo, arrivo, non ti scaldare>> si allontana per poggiare gli occhiali da sole su una delle due sdraio che abbiamo occupato, poi procede con il levarsi la maglietta in maniera del tutto disinvolta. Inutile dire che attira un sacco di attenzioni da parte di una cospicua percentuale della popolazione femminile presente in piscina. Giustamente, io mi subisco le occhiate della vergogna, lui quelle di ammirazione: il mondo è davvero un posto ingiusto.

Lui se ne rende conto e resta lì a pavoneggiarsi, inventandosi i movimenti più inutili che gli permettono di dare mostra dei suoi possenti muscoli che guizzano ad ogni suo scatto. Okay, è messo molto bene il ragazzo. Molto, molto bene. Ma questo non lo autorizza a lasciarmi qui, da sola.

<<Cole!>> lo chiamo per l'ennesima volta, infuriata. Lui si spaventa e si gira a guardarmi. <<Non preoccuparti, un paio di secondi e sono da te>> decreta e, cominciando a correre, si getta nella parte più profonda della piscina con un tuffo pieno di agilità. Non so quante gocce d'acqua mi piombano addosso nell'istante in cui lui entra a contatto con la superficie, so soltanto che la mia voglia di ammazzarlo sta salendo esponenzialmente.

Risale con un sorrisino soddisfatto e sento degli applausi provenire da un angolo. Non ci posso credere, qualcuno venga a salvarmi da questa gabbia di matti.

<<Grazie, grazie>> si pavoneggia lui <<Adesso vogliate scusarmi, devo aiutare la mia cara amica Catherine>> si avvicina a me che lo osservo imbronciata e, quando arriva, con tutta la forza che ho, lo spingo giù. Lui si lascia trasportare dalla forza delle mie mani, anche se sono consapevole che potrebbe evitarsela. Si divincola sott'acqua e torna a galla. <<Hai provato ad uccidermi dove si appieda? Sei seria?>> ridacchia e mi sfugge un urletto spazientito.

<<Va bene, va bene, torniamo a noi>> finalmente sembra ricordarsi di cosa mi sta obbligando a fare e, per lo meno, ritorna al nostro progetto iniziale. <<Non sei abbastanza rilassata, dovresti scioglierti un po'>> mi consiglia.

<<E secondo te come faccio a tranquillizzarmi quando sono circondata dall'acqua se non so nuotare?>> domando ovvia. <<Vieni qui>> mi afferra un polso e mi avvicina a un soffio da lui. <<Adesso facciamo un gioco: tu ti rilassi e ti stendi sulla superficie dell'acqua. Vedrai che starai a galla solo se starai tranquilla, quindi capirai che non ha senso preoccuparsi, okay? È un semplice e banale circolo vizioso!>>
<<Non se ne parla>> borbotto io cercando di allontanarmi ma, ancora una volta, lui intercetta il mio braccio e diminuisce la distanza tra noi due.

<<Dai, Catherine, fidati di me!>> mi prega <<Ci sono io qui e manterrò le mani sotto la tua schiena, così non appena vedo che vai giù ti tiro su>> spiega accompagnando le sue parole con gli occhi da cane bastonato e sbuffo spazientita. Al diavolo!

<<Eh va bene!>> mi arrendo <<Però una volta fatta questa cosa per oggi la chiudiamo qui e ne riparliamo domani, chiaro?>> propongo e lui, probabilmente capendo quanto sforzo mi costi fare ciò, annuisce contento e mi lascia un bagnato bacio sulla guancia. <<Va bene>> risponde <<Ora stenditi>>.

Under the same night sky Where stories live. Discover now