24. Hai ragione

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<<Ho una giustificazione!>>
No, invece no.
Non ho nulla che si avvicini, nemmeno lontanamente, ad una giustificazione.
Intanto, mentre la mia bocca parla a sproposito, la mia mano sembra aver perso ogni tipo di sensibilità: è fredda e immobile con ancora il piccolo oggetto di oro incastrato tra le dita.
Non è possibile, che cosa ho combinato?

Sento i crampi giungere all'altezza dello stomaco e i pensieri invadere ogni millimetro del mio corpo.
Esiste effettivamente una scusa per aver frugato nella stanza di una persona dopo che la stessa ti ha intimato di non muoverti?
Io credo di no.

<<Ah sì?>> Incrocia le braccia e inclina leggermente la testa, in attesa che io parli e mi difenda.
Peccato che a questo punto io mi ritenga del tutto indifendibile.
Devo stare tranquilla, devo smettere di preoccuparmi e fare un respiro profondo.
Si risolverà tutto.

<<Ascolta...>> L'ultima vocale viene fuori con un suono prolungato, mentre nella mia testa mille idee si accavallano escludendosi l'un l'altra.
Nulla, tutto troppo poco credibile.
<<Non mi muovo, Catherine, sto aspettando>> mi incita lui e inizio a sudare freddo <<La motivazione>> puntualizza infine.
<<Sì>> annuisco, poco convinta <<Certo...L-la motivazione>>
<<Proprio quella>>

Solo guardandolo, non mi ci vuole molto a comprendere che sta impiegando tutto l'autocontrollo di cui dispone per trattenersi dal dare di matto. Le spalle sono dritte, i lineamenti del suo viso tesi e i suoi occhi mi stanno incenerendo con lo sguardo.
<<La motivazione è che...>> Deglutisce impaziente e dal modo in cui i muscoli del braccio si tendono mi accorgo che più passa il tempo più si irrigidisce.
<<Che...>>
Questa cosa non finirà bene, questo è poco ma sicuro.

E se proprio qualcosa di catastrofico deve accadere, meglio evitare giri di parole o scusa inutili quali "Mi serviva un fazzoletto e ho provato a cercarlo nel cassetto".
Ciò comunque non spiegherebbe perché io abbia preso una busta da imballaggio e conseguentemente sbirciato al suo interno.
<<Non ho una motivazione...>> Dirlo è più difficile di quanto pensassi, fino all'ultimo cerco di mandare indietro le parole ma mi arrendo una volta per tutte e smetto di rimandare il momento in cui Nicholas mi propinerà l'ennesimo dei suoi sermoni.
<<Non hai una motivazione>> ripete e ciò mi mortifica.
<<Mi dispiace>> sussurro, consapevole che il mio senso di colpa non metterà le cose al posto.

Volta lo sguardo dall'altra parte, amareggiato e forse deluso.
<<Lascia immediatamente quella busta sul letto>> mi ordina e, senza alcuna obiezione, faccio ciò che mi dice. Appoggio sul materasso dove prima ero seduta la busta e il chiodino, poi me ne allontano repentinamente.
Come se non fosse troppo tardi per prendere le distanze.

Mi concentro solo su di lui e mi accorgo che ancora non mi sta guardando.
Deglutisco e gioco con le dita in preda al nervosismo, dopo un po' sbircio ciò che sta facendo e mi accorgo di star inconsapevolmente sperando che dica qualcosa.
Questo silenzio è soffocante.
<<Vattene>> la parola è come una lama tagliente e riduce il mio umore in tanti minuscoli pezzi.
Scuoto la testa, questa volta mi rifiuto di ascoltarlo e mantengo i piedi ben saldi.

<<Nicholas>>
<<Vattene, Catherine>> ripete, ancora con calma, e scandendo lentamente ogni sillaba.
<<Ascolta, io non voglio in alcun modo crearti problemi->>
<<Davvero?>> Mi interrompe <<È esattamente quello che stai facendo, lo sai?>>
<<Io volevo->>
<<Io volevo niente, questa questione non ti riguarda e non puoi permetterti di avanzare pretese in merito!>> Mi rimprovera sollevando il tono della voce <<Sai che Cole non è il responsabile, fine! Non devi sapere nient'altro>>
<<Volevo solo leggere il nome sul biglietto...>> Ammetto, sentendo gli occhi pizzicare.
<<Quale biglietto?>> Evidentemente lui non comprende immediatamente quale fosse il mio obiettivo.
<<Quello che ti ha consegnato il signor Jhonson>>

Under the same night sky Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora