23. Una condizione

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<<E quindi sono al punto di partenza. Ehi ma...mi stai ascoltando?>> Sbuffo, non ne posso più. Sono giorni che tento di avere una conversazione con Cole ma a quanto pare lui ha sempre qualcosa di più interessante da fare che stare a sentire me. I grandi amici si riconoscono nel momento del bisogno, eh?

<<Cole?>> Insisto non ricevendo alcuna forma di risposta.
In questo momento è poggiato al bancone del bar, la mano destra sotto la sua guancia sostiene il peso della sua testa, la quale, leggermente inclinata, è rivolta verso un preciso obiettivo.
Gli occhi sono illuminati da una luce nuova, diversa, e ogni tanto gli sfugge un sospiro dalle labbra incurvate in un sorriso sognante.
Ho fatto un danno, lo abbiamo perso.

Qualche volta, nei momenti meno pieni, anche Simon contraccambia il suo sguardo, sorridendo divertito dal suo atteggiamento da pesce lesso.
È esattamente allora che le pupille di Cole si dilatano e il sorriso si allarga a dismisura.
Ma che diamine, un po' di dignità!

<<No...>> Mi risponde non preoccupandosi neanche di guardarmi.
Sbigottita, e anche abbastanza offesa, do ascolto a quella vocina che mi istiga a compiere azioni poco ragionate.
Afferro un bicchiere di plastica colmo di acqua e, senza pensarci troppo, glielo rovescio addosso.

Cole salta sul posto, preso alla sprovvista dal mio gesto inaspettato.
<<Ma sei impazzita?>> Strilla, controllando le condizioni della sua polo azzurra. Esagerato.
Per un po' d'acqua.
<<Mi è sembrato che avessi bisogno di una rinfrescata>> sibilo, lasciando che a parlare sia la parte rancorosa di me.

Cole inizia a borbottare parole poco carine nei miei confronti e si guarda attorno alla ricerca di qualcosa con cui asciugarsi.
Prontamente Simon si avvicina a lui provvisto di tovaglioli e l'umore di Cole sembra tornare al settimo cielo.
Sorride dolce al ragazzo dai capelli biondi e stento a riconoscerlo quando gli sussurra un gentile "Grazie".
Non ci posso credere!
<<Chi sei tu e cosa ne hai fatto del mio amico?>>

Al suono delle mie parole, torna il broncio sul suo viso e lui non si preoccupa neanche di mascherare tutto il malcontento che la mia presenza al momento genera in lui.
<<Stupida>> mi insulta seguendo con lo sguardo l'altro ragazzo che torna al lavoro. <<Sentiamo!>> Mi incita dopo, dedicando a me la sua totale attenzione.
Almeno per il momento.
<<Cosa devi dirmi di tanto importante?>> Continua a tamponare il tovagliolo sul tessuto della sua t-shirt ancora un po', poi si arrende e lascia che si asciughi da sola.

<<Te l'ho già ripetuto già tre volte!>> Mi lamento per la sua distrazione.
Ecco, appunto: non ha ascoltato mezza parola.
<<Non mi piacciono i numeri dispari, passiamo alla quarta>> decreta, aspettando che io parli e ancora una volta gli spieghi ciò che mi turba.

Per quanto seccata dal suo comportamento, la consapevolezza di avere bisogno del consiglio di qualcuno mi spinge a vuotare il sacco.
Metto Cole al corrente di tutto quello che è successo sul fronte Nicholas da quando ho scoperto che è un detective, facendo attenzione a non dimenticare nessun dettaglio.
<<E quindi il signor Jhonson gli ha dato questo bigliettino con un nome...Lui dice che è inutile, io ho il presentimento che mi stia mentendo>>
<<Perché?>>
<<Perché sembra quasi che non mi dica mai tutta la verità, sento sempre la presenza di qualcosa lasciato perennemente in sospeso>> gli spiego ma lui scuote la testa, alquanto divertito.

<<Intendevo dire...Perché ti interessa così tanto? Adesso hai la certezza che io non sono il ladro, punto, continua a goderti la vacanza come se nulla fosse!>>
Mentirei se dicessi che le sue parole non generano alcun dubbio di interrogativo nei miei pensieri.
Perché voglio sapere la verità?
Presumo che la mia sia semplicissima curiosità. Voglio dire, chiunque nella mia posizione vorrebbe scavare più a fondo nella questione.
Chiunque non sia provvisto di un po' di buonsenso.

Under the same night sky Where stories live. Discover now