30. Nulla di sentimentale

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Non riesco a controllare le reazioni del mio corpo, forse perché accade tutto così velocemente che la realtà mi sembra quasi un rimbombo lontano, secondario rispetto a quello del colpo esploso.

Sono un fascio di nervi, sento i muscoli tesi e la mia schiena e il mio collo sono così irrigiditi che mi fanno male.
Qualcuno ha appena sparato un colpo.

Non si sa di chi si tratti, non si sa perché lo abbia fatto e, soprattutto, è impossibile comprendere quale fosse il fine di quest'azione.

L'attimo di silenzio assoluto che ha seguito il black out, viene frantumato da sussurri spaventati, qualche urla pregne di panico e dal rumore sordo e ovattato di corpi che si spostano e oggetti che, intralciando il loro cammino, vengono spostati e precipitano in terra.

Le mie mani si muovono a causa dell'ansia e il mio respiro è tutto tranne che regolare. Il battito del mio cuore nel petto è martellante, rimbomba così forte che riesce a sovrastare tutto il resto e forse gliene sono grata.
Non penso di essermi mai trovata in una situazione più pericolosa di questa in vita mia ed è così surreale che mi sembra di essere in un sogno.

<<Signori, vi prego, manteniamo la calma!>> La voce di Margaret rimbomba oltre il mio battito, tentando vanamente di richiamare all'ordine <<Sono sicura che si tratta di un mero incidente. State tutti bene? A questo punto la luce dovrebbe tornare tra pochissimo!>>
La ignoro.

In un gesto disperato, dettato dalla paura e della necessità, arpiono le braccia di Nicholas e sposto le mie mani con movenze incerte e poco decise.
<<Che stai facendo?>> Spezza il silenzio tra noi due, sussurrando in tono secco.
<<S-stai bene, vero?>> Riesco a chiedere e mi sembra di aver bisogno del triplo dell'aria che solitamente adopero per parlare.

<<Ovvio che sto bene>> nonostante la scarsa lucidità che posseggo in questo momento, percepisco il sarcasmo che condisce le sue parole e sono certa che abbia appena roteato gli occhi annoiato.
Non capisco come possa sembrare così indisturbato, quasi ciò che è appena successo non lo sfiorasse minimamente.
Massì, una cosa da tutti i giorni! Che vuoi che sia?
<<Avresti già avvertito schizzi del mio sangue addosso e il peso del mio corpo che si accasciava su di te, se fossi stato male>>

<<Ti sembra il momento di fare ironia?>> mastico infastidita, ritirando le braccia, avendo appurato che sì, sta benissimo.
<<A te sembra il momento di fare domande idiote?>>
<<Ero preoccupata!>> Mi difendo, quasi avessi commesso un crimine.
Volevo solo sapere se fosse ancora vivo!
<<Regola numero tre, Catherine, preoccupati solo della tua incolumità>>

Non so perché ma questa sua frase richiama, nella mia mente, il ricordo della prima mattina che abbiamo trascorso insieme.
Io gli avevo imposto di non studiare ogni mio minimo movimento per cercare di capire qualcosa e lui mi aveva impedito di fare domande.
Riesco a distarmi quando colgo il riferimento e, con non poca sorpresa, mi accorgo che anche lui se lo ricorda.

<<Non hai smesso di fare intuizioni>> lo rimprovero, ormai del tutto distratta dal caos che avviene intorno a noi, tornando a sedermi dritta sulla mia sedia.
<<E tu non hai smesso di fare domande>> risponde prontamente lui e sento le sue dita muoversi tra i miei capelli.
<<Già, a proposito di questo>> realizzo che deconcentrarsi e allontanarsi dalla realtà presente mentre si è all'interno di una stanza con un pazzo psicopatico che spara colpi di pistola come se fossero munizioni di vernice non è esattamente una scelta definibile saggia <<Cosa sta succedendo?>>

Chiedo a lui perché è il più bravo, tra i due, a comprendere meglio le situazioni sul momento: con il lavoro che fa deve aver affinato la tecnica.
<<Secondo te?>> Sussurra ancora nel buio della stanza.  <<Mi sembra abbastanza evidente che qualcuno ha ben pensato di mettersi a giocare al tiro al bersaglio in una stanza piena di persone>>
<<E perché lo ha fatto?>>
<<Ti sembro un veggente?>>
<<Mi sembri più antipatico del solito>>

Under the same night sky Where stories live. Discover now