17. Consiglio da amica

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A quanto pare non sono portata per le previsioni metereologiche: non condurrò mai il meteo delle tre del pomeriggio, perfettamente vestita e truccata come se dovessi fare una sfilata.
Non mi lamento, al solo pensiero della quantità di persone che seguono questo genere di programmi mi si gela il sangue nelle vene.

Pensavo che da un momento all'altro sarebbe scoppiato un temporale  di quelli che ti fanno desiderare di rintanarti nel letto e aspettare sotto il calduccio delle lenzuola che passi e vada via, lasciando il posto ad un timido arcobaleno e un sole piacevole.
Anche Cole era d'accordo con me, non a caso ci siamo dati appuntamento ad un bar al coperto. Per la precisione, quello in cui ci siamo incontrati la prima volta: nutriamo una sorta di legame affettivo nei confronti di questo posto.
Immagino che lo ricorderemo per sempre.

Quando arrivo non vi trovo quasi nessuno: ci sono un paio di ragazzi seduti al bancone, quattro distribuiti in vari tavolini anche abbastanza lontani, il che rende tutto più dispersivo e meno affollato.
E poi c'è il barista che, per la cronaca, non poteva che essere Simon.

Sto ancora decidendo quale sia il posto più suggestivo da occupare, quando il telefono che stringo tra le mani comincia a vibrare per l'arrivo di una chiamata. Mi affretto ad accettarla, prima che parta la suoneria, probabilmente anche al massimo del volume. Non ci facciamo mancare niente nell'ambito delle brutte figure.

<<Ciao mamma>> la saluto dopo essere riuscita a sbirciare lo schermo e aver visto di chi si tratti.
<<Catherine!>> Mi richiama in tono nostalgico.
Ci siamo sentite già tante volte, eppure la sua voce, così dolce e squillante al tempo stesso, basta a rendermi più tranquilla ogni volta come se fosse la prima, quasi fosse un porto sicuro avvistato dopo anni.
So di poterle raccontare tutto quello che mi passa per la testa, di poter scherzare e di avere la possibilità di chiederle consiglio su ogni cosa.
Mi manca la mia mamma.

Ci sono alcuni momenti in cui vorrei solamente abbracciarla, sentirla più vicino di così. Perché ultimamente è tutto così...difficile.
Ho ventitré anni ma a volte mi sento ancora una bambina, soprattutto nell'ultimo periodo: con tutto quello che sta succedendo non sono pochi i momenti in cui mi sento sopraffatta dall'intera situazione.
E ogni giorno peggiora.

Quando penso che non possa andare peggio di così, dal nulla appare qualcos'altro.
Ogni cosa sembra diventare sempre più grande, invece io resto sempre la stessa.
La presenza di Cole mi aiuta ma a volte avrei bisogno di quel calore dei genitori che è l'unico capace di farti sentire protetto dal resto del mondo.

<<Ti ho svegliata?>>
<<No, non preoccuparti...Ero già in giro>> le rispondo, allontanandomi dal bar e appoggiandomi dietro una colonna poco distante.
Non mi piace parlare al telefono in mezzo a tanta gente.

<<Come stai?>> Domanda restando vaga, ma dando in realtà inizio al suo personale interrogatorio.
<<Bene>> rispondo presto, anche se non so fino a che punto la mia risposta possa essere considerata veritiera.
<<Sicura?>>
<<Sì>> per niente <<Perché mai dovrei raccontarti una bugia?>>

Lei tace pochi secondi, probabilmente riuscendo a fiutare le tracce delle mie menzogne fin dalla cucina di casa, dove immagino stia preparando la colazione per mio fratello. Vizia suo figlio in maniera incommentabile...
Alexander Richardson, primo figlio e primo nipote da entrambi i rami della mia famiglia, laureato in medicina con il massimo dei voti, osannato da tutti coloro che condividono legami di sangue con lui e non, il genio supremo di questo periodo storico, lascia ancora che sua madre gli prepari il caffè la mattina.
E ci tengo a specificare che a casa disponiamo anche di una comodissima macchinetta.

Under the same night sky Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora