9. Forse mi sbaglio

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Molte volte penso che la vita si diverta a prendermi in giro. Sono seria.

Tutte le cose che spero che accadano, puntualmente non si realizzano. Penso sia una sorta di regola non scritta. Al contrario, tutte quelle che desidero non succedano, o peggio, che neanche sfiorano il mio pensiero, sono pronte ad attuarsi, una ad una d'avanti ai miei occhi. Persino le più improbabili.

Spiego meglio.

Parlando oggettivamente, quante probabilità vi erano che il giorno della mia laurea io riuscissi ad incontrare il mio professore per un pelo? Quante quelle che lui mi presentasse suo figlio? E, infine, quante quelle che Paul, il figlio in questione, si trovasse proprio sulla nave dove al momento ci sono anche io?

Non ne ho la più pallida idea ma sono convinta che fossero poche.

Forse dovrei dire qualcosa, sono rimasta ferma a fissarlo con la mandibola che per poco non tocca terra e gli occhi che temo si stacchino dalle orbite. Ma, del resto, non è neanche colpa mia. Sono soltanto molto, molto, troppo sorpresa.

<<Paul?>> continuo a studiare ogni suo minimo dettaglio e più tempo passa, più mi rendo conto che il ragazzo davanti non può che essere lui.

Corruga lo sguardo fissandomi da capo a piedi. Evidentemente non mi ha riconosciuta... effettivamente, chi è lo psicopatico che si ricorda di persone conosciute in una frazione di pochi secondi? Oltre me, ovviamente: che le rotelle non fossero tutte al loro posto lo sapevo già.

La sua mano destra corre verso il suo mento e comincia a muoversi mentre percepisco i suoi pensieri correre veloci dietro gli occhi. Pensieri come "Chi diavolo è questa svampita?". Resto in silenzio sperando che dica qualcosa lui, insomma, prima o poi dovrà parlare.

<<Ci conosciamo?>> ecco, forse era meglio se avesse taciuto. Maledizione.

Sposto nervosamente il piede da una gamba all'altra alla ricerca delle parole giuste per rinfrescargli la memoria. <<Sono Catherine>> opto per partire proprio dal principio. <<Tuo padre è stato il mio professore negli ultimi anni... Ci ha presentato qualche mese fa... alla mia laurea, arrivasti mentre lo stavo salutando e ricordo che avevi fretta però->> qualcosa nel suo sguardo si accende al suono delle mie parole.

<<Catherine, giusto!>> sorride lievemente <<Mi ricordo di te>> annuisce venendo a capo dell'arcano <<Scusami, avrei dovuto riconoscerti prima...>> mi dice desolato.
<<Ma figurati... è impossibile ricordarsi tutte le persone che si incontrano!>> Ridacchio sentendomi leggermente più a mio agio.

<<Vero>> concorda lui <<Ma non di tutte le persone che incontro mio padre tesse un elogio di un'ora>> sorride lieto e quella rivelazione mi scalda il cuore riempiendomi d'orgoglio e gratitudine.

<<Davvero?>> domando presa alla sprovvista e curiosa come una bambina.

<<Già>> risponde lui e non posso fare a meno di arrossire, abbassando lo sguardo.

<<Immagino che tuo padre esageri... Sono lusingata ma non credo di aver fatto nulla di così importante da meritarmi un elogio di un'ora>> scherzo sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

<<E poi... sei davvero molto difficile da dimenticare, con e senza lusinghe>> continua allusivo e sento un lieve rossore propagarsi sulle mie guance. E io pensavo che neanche parlasse!

Stringo le labbra in un lieve sorriso e abbasso gli occhi faticando a reggere il suo sguardo, così profondo e misterioso, proprio come quella mattina. <<Perdonami, Catherine, non volevo metterti a disagio>> il suo viso sembra quasi dispiaciuto quando torno a guardarlo.
Mi ricompongo velocemente <<No, scusami tu, non devi scusarti... è colpa mia... Io...>>

Under the same night sky Where stories live. Discover now