45. Te lo prometto

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Tre mesi dopo

Una mano mi accarezza il viso, è calda, il suo tocco è gentile.
Sorrido lievemente e schiudo gli occhi, beandomi della vista che mi si presenta davanti.
<<Buongiorno>> mi sussurra Nicholas, abbassandosi per lasciarmi un piccolo e delicato bacio a stampo sulle labbra.

<<Buongiorno>> mugolo in risposta, stiracchiandomi <<Stai andando?>> Domando, notando la sua camicia già indosso e la valigetta che stringe nella mano sinistra.
<<Sto andando>> conferma lui, spostandomi una ciocca dal viso. Annuisco, facendo leva sui miei avambracci per tirarmi su e potermi poggiare alla testiera del letto.
<<Domani chiamami, okay? Facciamo colazione insieme...>>
<<Sembravi così tranquilla, non volevo svegliarti>>

<<Voglio passare quanto più tempo possibile con te>> spiego, posando la mia mano sulla sua, ancora ferma sul mio viso.
Mi sento bene, mi sento completa.
<<Non sarà un'ora di sonno in più a mandarmi in rovina>> aggiungo dopo, schiudendo le labbra in un sorriso che contagia anche lui.
Nicholas sbircia l'ora sul suo orologio e io capisco che non può proprio trattenersi ancora.
<<Passo a prenderti per pranzo, ti porto fuori, così stiamo un po' insieme>> promette, tornando a sfiorare le mie labbra con le sue. <<Ti amo>> ogni volta che lo dice uno sciame di farfalle si scatena nel mio stomaco.
<<Ti amo anche io>> rispondo, guardandolo sognante.

Mi alzo dal letto e lo seguo in salone. Mi appoggio allo stipite della porta d'ingresso e vedo le sue spalle allontanarsi, fino a quando si volta e scuote la mano in un saluto, scoccandomi un occhiolino.
Rido, ricambiando il gesto, e aspetto che salga in macchina, stringendomi nel mio cardigan.

Lo osservo mentre fa manovra per uscire dal parcheggio e si immette nella strada.
Non appena ciò accade, come una saetta, scorgo una macchina arrivare dall'altro lato della strada. Sfreccia senza esitazione e prende in pieno la vettura di Nicholas, mandandola fuori strada.

<<No, Nicholas!>> Urlo, aprendo gli occhi e realizzando di essere nel mio letto.
Era solo un incubo.
Ho il fiato corto e la fronte imperlata di sudore. Boccheggio, nel tentativo di regolarizzare il respiro, e attendo che il mio cuore si calmi.
Certo, solo un incubo perché l'ho già provato cosa si sente a vederlo accadere nella realtà.
Buongiorno Catherine, bentornata nel tuo personale inferno quotidiano.

Quando il contatto con la realtà si fa più concreto, sposto le coperte, infilo le mie pantofole e mi dirigo in cucina. Un profumo delizioso giunge alle mie narici man mano che mi avvicino.
Non appena varco la soglia della porta, sono in grado di individuarne subito la fonte.
Mamma è impegnata a sistemare le fragole su una crostata farcita di crema, si tiene occupata mentre parlotta con Alexander.
Si accorge della mia presenza e abbandona tutto ciò che ha nelle mani per stringermi in un abbraccio.

<<Catherine, amore...Come stai oggi?>>
Lei non sa, nessuno di loro sa cosa sia realmente successo; sono sicura sospettino che sia accaduto qualcosa, sono tre mesi che il mio sguardo è spento, ma nessuno ha provato a estrapolarmi qualcosa.
Non dopo gli iniziali tentativi fallimentari.
Forse aspettavano che mi sentissi pronta a parlare io ma quel momento non è mai arrivato.

Ho intenzione di intraprendere un percorso con una psicologa, sono certa che mi sarà d'aiuto: non posso tenermi tutto dentro, rischio di scoppiare, ma allo stesso tempo non mi sento pronta a parlarne con i miei genitori e Alexander, forse la presenza di un esterno è la scelta migliore.

Under the same night sky Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora