Capitolo 11: ANGELO SENZA ALI

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"Questi sono del mio fidanzato, dovrebbero andarti bene" consegno allo sconosciuto una maglietta e un paio di jeans neri. Per fortuna Hunter lascia sempre un cambio nel mio armadio; per le evenienze dice lui e questa è esattamente un'evenienza!

Il ragazzo, con ancora l'asciugamano rosa legato in vita, prende il tutto e torna in bagno. Ne approfitto per dare una sistemata alla stanza e anche a me stessa. Sul cellulare ho un paio di nuovi messaggi. Mio padre mi chiede se ci vediamo in occasione del suo cinquantesimo compleanno. I miei fratelli stanno organizzando qualcosa per quel giorno. Sorrido, mentre penso che dovrò prenotare di sicuro un volo, non voglio assolutamente perdere la festa che quelle due pesti stanno organizzando a papà. C'è anche un sms di Hunter. Mi chiede cosa mi sia preso per andarmene dalla spiaggia insieme ad America. Alle volte Hunter mi spaventa, sembra quasi la versione maschile di Ashley.

"Scusami, avrei bisogno di un aiuto con questo ..."

Sollevo gli occhi sul ragazzo fermo sulla soglia della porta del bagno. La prima cosa che noto è come i vestiti di Hunter gli vadano a pennello. Poi scorgo l'epilatore laser di Ashley; è collegato alla presa ed emette una psichedelica luce azzurrognola.

"Non capisco proprio da che parte sia la lama" il giovane lo gira e lo rigira su se stesso, "non ho mai avuto un rasoio elettrico in vita mia..."

Abbandono il cellulare sul comodino e mi precipito a toglierglielo prontamente di mano. "Non è molto educato rovistare dentro i cassetti. Quello è di Ashley e non è affatto un rasoio!" lo sgrido.

Lui si rabbuia, mettendo su una specie di broncio. "Volevo solo pulirmi tutta questa barba..." si accarezza il viso.

Rimetto l'epilatore dentro l'astuccio e chiudo il cassetto. Prendo dal mio beauty un paio di lamette. "Siediti" gli indico la seggetta del wc. "Ti premetto che non ho né schiuma né dopobarba e non ho mai rasato un uomo in vita mia...detto questo spero solo di non irritarti troppo la pelle!"

Il ragazzo mi guarda timoroso e al contempo sorpreso, stringe lo sguardo sulle lamette mentre segue alla lettera il mio ordine.
Siede sulla tavoletta con le gambe divaricate.

Mi avvicino a lui con cautela e poso la lama sulla sua pelle, all'altezza dello zigomo. Procedo lentamente, rasando la barba della guancia destra. Man mano che vado avanti, il volto dello sconosciuto torna a respirare.

"Grazie" dice il ragazzo, cercandomi con lo sguardo.

Sposto l'attenzione sui suoi occhi, sono vicini adesso e sono il mare in carne ed ossa.
Il mio cuore precipita e la mia mano perde vigore, lasciando che la lametta cada a terra.
Mi chino subito a raccoglierla, scusandomi, quando torno su incontro il suo sorriso che pare quasi canzonarmi.

Mi soffermo sulle sue labbra e ancora sui suoi occhi così profondi da affogarci dentro.
Sembra un angelo.
Un angelo che ha perso le sue ali.
Da dove viene realmente? E chi lo ha mandato nella mia stanza?
E' un sogno. Un incredibile, strano, indecifrabile sogno.

"Grazie per aver retto la parte, prima, con la tua amica" dice il giovane, fermandomi per un polso, "e grazie anche per tutto questo" abbassa lo sguardo sulle nostre mani ferme l'una nell'altra, per poi tornare ai miei occhi. "Sei stata generosa e gentile con me. Ed io mi sono accorto che non so neanche come ti chiami"

Il mio respiro è bloccato da qualche parte in fondo ai polmoni. Boccheggio, prima di sussurrare il mio nome.

"Holland Roden" ripete lui, muovendo appena le labbra, "è davvero un nome delizioso"

Accenno un sorriso, mentre la sua mano si sgancia dalla mia.

"E per quanto riguarda il mio nome lo sai già, non c'è bisogno di presentazione" scherza lui, sollevando le sopracciglia.

"Io...io ho letto la targhetta sulla tua sacca questa notte..." mi giustifico, riprendendo a rasarlo.

"Lo immaginavo" dice lui, chiudendo gli occhi e lasciandomi terminare il lavoro.
***

"Questo è tutto ciò che ho con me" Ian rovescia sul mio letto il contenuto della sua borsa.

"Un diario di viaggio, una borraccia, una coperta, una bambola di pezza..." faccio il resoconto degli oggetti.

"La maledetta collana" aggiunge lui, tirando fuori il monile dalle tasche dei pantaloni della divisa, "e molti soldi!"

Devo fare uno sguardo strano nel fissare i quattro spiccioli che ha appena rovesciato sul letto, perché il giovane si affretta a spiegarmi: "Lire. Soldi italiani"

Sposto lo sguardo sul diario, noto che tra le pagine sbuca una fotografia. La sfilo e mi soffermo a guardarla. Ian lascia che lo faccia.

"Io e mia moglie Nikki. E' stata scattata nella primavera del 1944, quando sono tornato in congedo. Mio padre è fotografo" spiega.

La donna porta un abito scuro semplice e dritto, mentre Ian è in divisa militare. Sorridono, sembrano apparentemente felici, ma la foto lascia l'amaro in bocca. Ha qualcosa di triste, come un alone cupo che aleggia sulla carta usurata. Forse dipende dalle nubi del cielo, oppure, semplicemente, dalla scia degli anni di guerra.

"Nikki, Nikki" dice Ian, fissando la foto, "se penso solo che stavo per riabbracciarti! Ero a un passo da te e dal vedere per la prima volta la nostra bambina..."

"Tornerai a casa" affermo, senza togliere lo sguardo dalla fotografia in bianco e nero. "Io ti aiuterò"

Ian solleva i suoi occhi, fissando i miei. Sostengo il suo sguardo e per la prima volta riesco a vedere qualcosa che assomiglia al mio dolore. Qualcosa come la paura di un mondo al quale non si appartiene, la paura di perdere qualcuno al quale si tiene o, la certezza, che quel qualcuno lo si è perso già.

"Downtown, la mia famiglia vive in quella zona, ti va di accompagnarmi? "

ENDLESS - Anime Rosse || Ian SomerhalderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora