Capitolo 36: THE FUTURE

1.5K 164 21
                                    

Il giorno seguente Ian mi passa a prendere dopo le lezioni. Facciamo una lunga camminata dal campus fino al Fort Caroline National Memorial. Il giardino è grande, fiorito, alti alberi riparano le tombe in pietra. Procediamo tra le lapidi in silenzio, guardando attentamente ogni singola targhetta. Raggiungiamo l'edificio informazioni e svoltiamo a sinistra. Il sentiero si stringe per poi curvare e aprirsi di nuovo. Altre lapidi, in file ordinate, si estendono per alcuni metri. Sembra un mare. Un vero e proprio mare grigio. Un vento caldo e leggero soffia tra i rami. Ho legato i capelli in una coda alta, che ondeggia qua e là dietro le mie spalle.

Prendiamo in rassegna ad una ad una tutte le lapidi e impieghiamo almeno dieci minuti.
Poi, quando ogni speranza sembra persa, ecco che la troviamo. Sotto ad un roseto, a fianco di una piccola fontana, c'è un ammasso di pietra. Su di essa la scritta: << Il signore e la signora Somerhalder>>

Ian si avvicina lentamente, posa un dito sulla targhetta e la sfiora. Le date di morte distano solo un paio di anni l'una dall'altra; prima la donna, a quanto pare, dalle ricette mediche, gravemente malata di cancro, e poi il marito per chissà quale altra ragione. Alcune erbacce coprono il letto di cemento, le togliamo, strappandole con fatica.

"Vissuti con amore, forza e coraggio. Rip"

I palmi di Ian scivolano sull'incisione, incuranti della terra e della polvere che vi è depositata sopra. Restano schiacciate contro il freddo della pietra, aggrappate a qualcuno che non è più riuscito a rivedere.

L'incognita del futuro incuriosisce e al contempo spaventa ciascun essere umano, ma la sua conoscenza lo terrorizza.
Ed è proprio questo che provo in questo preciso istante. Paura. Vera e propria fobia.

Incapace di gestire l'imminente attacco di panico che mi sta per sorprendere, mi getto contro il corpo di Ian. Le sue spalle sono forti e contratte e le sue ginocchia sono ben piantate sul terreno. Le mie braccia gli avvolgono il busto da dietro e lo stringono. Poso le labbra sulla sua testa e rimango così per chissà quanto tempo. Anche Ian resta immobile, piegato di fronte alle reliquie dei propri genitori, con lo sguardo fisso nel vuoto. Io respiro tra i suoi capelli, tra le ciocche lisce e scompigliate dal vento.

Alcune persone si aggirano nel parco, poco lontano da noi. Sembra si tratti di un gruppo di turisti, armato di macchina fotografica e cappellino. Ian torna in piedi ed io mi scosto.

"Ho visto morire così tanta gente in questi anni, Holland" sussurra, senza distogliere gli occhi dall'unica cosa che resta di sua madre e di suo padre. "Soldati, civili, donne e anche bambini. Ho tenuto duro per tornare a casa sano e salvo, ho combattuto per rivedere la mia famiglia. E invece eccola qua, la mia famiglia..."

Gli afferro una mano. Stretta. Molto stretta.

I nostri occhi finalmente si incontrano. Il dolore è così in superficie che fa male solo guardarci. Nessuna parola può consolarlo, nessun gesto.

Lasciamo la lapide dei signori Somerhalder alle nostre spalle e torniamo indietro. Quando arriviamo di nuovo nei pressi del servizio informazioni, decidiamo di fare due passi lungo il sentiero che porta al fiume. Il cielo è azzurro, limpido, neanche una nuvola ostacola la visuale. La recinsione, fatta di stecche di legno e cannicci delimita l'intero giardino.

C'è un altro appezzamento e un'altra serie di lapidi, questa volta più recenti. Passiamo lentamente tra di esse. I miei occhi cadono su un nome. Vi restano incollati, a dire il vero, letteralmente appiccicati. Ian cammina avanti, ma io non riesco a farlo. Non riesco a distogliere la vista da quella incisione.

"Nikki Reed" balbetto.

Ian si ferma. Si volta e mi guarda interrogativo.

"Nikki Reed" ripeto, facendo quasi lo spelling, "1924-2005"

ENDLESS - Anime Rosse || Ian SomerhalderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora