Capitolo 65: LEGITTIMA DIFESA

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Quando riapro gli occhi mi giro intorno spaesata. Ci metto un po' di tempo prima di rendermi conto che sono tutta intera e, soprattutto, che sono viva. Mi alzo alla ricerca di qualcosa che mi faccia capire dove mi trovi. La stanza è buia e le pareti sono scrostate. Sento il rumore di una caldaia o il rombo di un motore, non riesco a decifrarlo chiaramente.
Le mie tempie sembrano voler esplodere dentro la testa. Uno strano sapore mi si riaffaccia dentro la bocca. Cattivo. Amaro. Deve essere stato proprio quell'odore a farmi andare nel mondo dei sogni. Un sonnifero o qualcosa di simile.

Cerco nella tracolla il cellulare. Quando lo porto davanti agli occhi e noto che non c'è campo, lo sconforto più totale mi assale. Nel frattempo la voce di Tom fa capolino nei miei ricordi e, improvvisamente, la calma apparente dell'imminente risveglio si trasforma in vera e propria ansia. La paura, il terrore, il panico più totale. Le pareti sembrano schiacciarmi mentre le immagino stringersi fino a consumare tutta l'aria.

"Aiuto! Aiuto! Aiutatemi!" mi fiondo sulla porta e cerco di aprirla con tutta la forza che posseggo. La maniglia non da segni di cedimento. Riprovo ancora e ancora, gridando come un'aquila in gabbia. Che poi, in gabbia, ci sono sul serio!

Dalla porta corro alla piccola finestra. Dall'una all'altra, pregando che una delle due ceda alla forza delle mie braccia. Sembro impazzita. Anzi, lo sono davvero.

Improvvisamente un paio di mani applaudono. Lentamente. Un paio di colpi poi altri due e infine tanti, troppi.

"Quindi è così che si comporta un essere umano quando si trova messo alle strette. Sembri un criceto che corre sulla ruota, un roditore che percorre chilometri e chilometri ma resta sempre nello stesso, identico punto"

Mi blocco vicino alla finestra. Tom Felton viene verso di me. Perché lo vedo soltanto adesso? A quanto pare era seduto al buio, nell'angolo più nascosto della stanza ed è rimasto lì, ad osservarmi, per tutto il tempo.

Deglutisco. Le mie gambe iniziano a tremare come foglie. In realtà ogni parte del mio corpo trema. Una scia di sudore freddo scorre lungo la mia spina dorsale, dalla nuca fino al fondoschiena. Sento le ginocchia cedere, finendo dritte sul pavimento. Tom Felton avanza ancora e il mio cervello formula i più inopportuni e impensabili modi che userà per uccidermi.

"Tu e il tuo amichetto, com'è che si chiama? Somerhalder? Pensavate di avermi spaventato con quell'improvvisata nell'ufficio di mio padre? Poveri illusi!" ride malignamente. "Io non ho paura di niente! Figuriamoci di una debole ragazza indifesa e di un uomo che è solo un fantasma di questi anni"

A fatica mi rimetto in piedi. Più Tom viene verso di me, più io indietreggio. Respiro con difficoltà, mentre metto a fuoco i particolari dell'ambiente circostante. Ci sono mazze da baseball e vecchi guantoni. Ci sono sacchi contenenti chissà cosa e attrezzi ginnici in disuso. Senza volerlo, realizzo che mi trovo nel vecchio magazzino della palestra.

"Credevate di potercela fare, tu e il tuo amichetto?"

Felton è sempre più vicino. Indietreggio, fin quando non sbatto le spalle contro il muro. Non posso andare oltre. Sono arrivata in fondo alla stanza.

"Ancora non avete capito che io mi prenderò quel pendolo? A dire il vero lo farò molto presto. Proprio questa sera!"

La mano di Felton fa scattare davanti al viso quella che ha tutto l'aspetto di una lama. Schiaccio i palmi contro il muro e fisso il coltello con gli occhi spalancati. Il mio corpo smette di tremare e inizia a urlare di nuovo. Grido a perdifiato.
Grido fino a grattare l'anima.

"Inutile che strepiti come un cucciolo ferito, nessuno ti sentirà quaggiù"

Nessuno mi sentirà. Questa volta né Ashley né Evan o Ian verranno a salvarmi. Morirò da sola nel magazzino di una palestra e nessuno saprà mai che fine avrò fatto. Non lo saprà mio padre o i miei fratelli e nemmeno mia sorella Taylor. Chiudo gli occhi e inizio a piangere.

ENDLESS - Anime Rosse || Ian SomerhalderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora