Capitolo 28: UN PUNTO CHE TENDE ALL'INFINITO

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"Questo è quello che rimane del regalo per mia figlia"

Osservo i residui della bambola di pezza. La testa è staccata di netto, il busto è aperto a metà. Lo squarcio, così preciso che sembra effettuato da un chirurgo addominale esperto, mi fa venire i brividi.

"E questo è il diario del mio compagno Paul" tira fuori dalle tasche una manciata di pagine accartocciate.

Caccio indietro una lacrima. Vedere l'unico ricordo dell'amico morto in guerra così deturpato, mi fa stare male. Seguo Ian nel lungo viale assolato che porta all'ingresso dell'hotel. Un gruppo di biciclette ci passa vicino scampanellando mentre alcuni ragazzini si rincorrono ridendo.

"Adesso vedrai come ho trovato l'intera stanza, è stato un caso, avevo dimenticato il cravattino, se non fossi rientrato a prenderlo avrei scoperto tutto il caos questa sera o peggio ancora lo avresti trovato tu al tuo ritorno dalle lezioni. Ti sarebbe preso uno spavento" apre la porta dell'edificio e mi lascia passare. "Se penso che avresti potuto essere nella stanza..."

La sua premura è dolce; benché la situazione non sia affatto rassicurante, mi sento protetta. Con Ian vicino, in realtà, mi sento sempre al sicuro. Mi lascio cullare da questa sensazione, proseguendo verso l'ascensore. Quando entriamo in camera un brivido mi sale lungo la schiena, dritto, fino alla nuca. Non c'è una singola cosa al proprio posto; le ante dell'armadio sono aperte, la sedia e il tavolo capovolti. I cuscini squarciati in modo identico alla bambola di pezza, chiaramente aperti dalla stessa mano. Le tende giacciono a terra in un groviglio di stoffa. Sembra sia appena scoppiata una bomba o il terremoto.

"Non hanno portato via niente, né i pochi soldi che erano nel cassetto né i vestiti" raccoglie da terra la camicia blu notte che indossava ieri sera a cena. Si avvicina al letto e la lascia cadere sulla coperta sfatta.

"Il portiere ha chiamato la sicurezza. Ha detto alle guardie di aver visto uscire dalla porta principale una persona con il cappuccio tirato sulla testa però non ci ha fatto molto caso, qui di gente strana ne passa parecchia e ci sono un sacco di individui che vanno a correre al parco. Sembra che sia una consuetudine mattutina" si passa una mano tra i capelli con fare meccanico e preoccupato.

Più mi guardo intorno più mi appare tutto assurdo e caotico. "A giudicare dalla confusione sembra proprio che chi è stato qui cercasse qualcosa di preciso" sostengo.

Ian mi osserva per alcuni istanti. I suoi occhi, se pur angosciati, hanno tutti i riflessi della bellezza. Blu e azzurro sfumano, intrecciandosi con il nero del suo animo.

"Stai pensando quello che penso io?" La sua mano destra rintraccia il medaglione che gli scivola sul petto. Lo stringe forte e aggrotta la fronte.

"Il pendente delle anime gemelle" sussurro, ipnotizzata dal suo gesto. "Stanno cercando quello!"

"Già" La voce di Ian è bassa, un semplice e scuro suono gutturale che mi arriva dritto alle ossa. Resto immobile e mi limito a seguire il ragazzo muoversi nella stanza. Ogni tanto si ferma raccoglie qualcosa e la rimette al suo posto.

"Nessuno sa di questo marchingegno, nessuno a parte te e me" sbotta, poi molla un pugno contro lo stipite della porta. Il rumore e il colpo, per fortuna, sono attutiti dal cartongesso delle pareti.

"Dimentichi il gioielliere e...Tom Felton" dico incerta.

Ian scorre una mano sul mento, il suo sguardo vaga nella stanza per finire di nuovo sul mio volto. "Il gioielliere ha valutato meno di zero questo marchingegno, se voleva prenderselo avrebbe almeno proposto una buona cifra. A quanto pare questo tuo amico, Tom Felton, resta l'unica persona plausibile"

ENDLESS - Anime Rosse || Ian SomerhalderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora