Capitolo 34 : QUI PER TUTTA LA VITA

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Quando arriviamo al campus, Evan accede al parcheggio. E' bravo nella guida, in poche manovre piazza l'auto in uno spazio ristretto, tra il tronco di un albero e un veicolo che non sembra aver visto acqua da un sacco di tempo.
Con la sua solita mossa da piccolo bullo, indossa il cappellino lasciato sul cruscotto e gira la chiave. La radio si spegne e tra noi piomba il silenzio. Mi sistemo i capelli dietro le orecchie e mi volto verso il guidatore per ringraziarlo della passeggiata che mi ha concesso, quando la sagoma di un uomo compare nello specchietto anteriore. Si avvicina alla nostra macchina, si piega e apre lo sportello dal mio lato. E' buio e non vedo altro se non una mano bella grande e la manica di un giubbotto di pelle. Lancio un grido forte abbastanza da far ronzare le orecchie.
Evan si riscuote, impaurito.

"Holland, sono io"

La voce di Ian che tenta di rassicurarmi non riesce affatto nell'intento. Come gli è saltato in mente di farmi una simile improvvisata? E cosa ci fa qui al buio?

Premo le mani contro lo sterno, cercando di respirare in modo più regolare possibile. Anche Evan trae un sospiro di sollievo e preme il pulsante per far risalire la cappotta.

"Scusami, non avrei mai voluto spaventarti. Io...oh Holland, davvero mi dispiace...Ho chiesto ad Ashley, mi ha detto che eri uscita e saresti stata di ritorno a momenti, poi ho visto l'auto arrivare e..."

"E' tutto okay" lo rassicuro. Il mio cuore pian piano torna a battere normalmente, per quanto possa farlo quando è vicino a questo ragazzo.

Scendiamo. Evan chiude con un click e si limita a fare un cenno di saluto con la mano al nuovo arrivato. Ho come l'impressione che non sia molto felice di vederlo, forse dipende dal fatto che Ian lo ha praticamente trascinato alla ricerca di Tom contro il suo volere. Per quanto conosca i ragazzi, mai fargli fare qualcosa di cui non ne hanno voglia, oppure è soltanto colpa dello spavento che ci ha appena fatto prendere.

Ian aggrotta la fronte e studia il biondino un paio di secondi, prima di rivolgermi di nuovo la parola. "Ho interrotto qualcosa?"

Evan si fa cupo ed io mi sento in dovere di giustificarmi, Dio solo sa per quale motivo! "Siamo stati a fare un giro, avevo bisogno di sgranchirmi le gambe dopo una settimana chiusa nella mia stanza"

Ian si limita ad annuire. Sto per chiedergli cosa ci faccia al campus a quest'ora, quando lui mi anticipa, allungandomi un paio di fogli sotto al naso.

"Poco fa ho trovato queste"

La fioca luce della luna non è affatto sufficiente a farmi decifrare cosa siano.

"Ricevute mediche di mia madre" spiega lui, "erano nella vecchia stanza del signor Clarke, insieme al contratto di compravendita dell'immobile e tutto il resto"

Strizzo gli occhi per cercare di capirci qualcosa. Le cifre riportare hanno almeno quattro zeri. "Sono un sacco di soldi" ammetto.

"Molti" conferma. 

Ci incamminiamo verso l'entrata, man mano che procediamo la luminosità migliora, facendomi leggere meglio. La grafia non è delle migliori, tuttavia sono riportati una serie di esami e farmaci che sembra costino un occhio della testa. Poi la data e la firma del medico in calce.

"Dieci aprile millenovecentosessantadue" leggo ad alta voce.

Ian annuisce. Le sue spalle si stringono e il suo respiro resta sospeso a metà. Gli lancio uno sguardo di traverso e lui sfila dalla tasca un altro foglio. Questa volta si tratta di un certificato di morte, datato pochi mesi dopo. I miei occhi restano incollati al documento, privi di forza.

"Adesso è tutto chiaro. Negli anni sessanta mio padre ha venduto la casa al signor Clarke per disperazione, per affrontare le spese sanitarie di mia madre ma, a quanto pare, non è servito poi a molto"

I passi di Evan, appena dietro di noi, mi riscuotono dallo stato di trance nel quale sono piombata. Non sono capace di dire niente, non ho parole a riguardo ed è tutto così relativamente assurdo. E' come se Ian stesse facendo il suo viaggio nel futuro, stesse vedendo il destino della sua famiglia. Anzi, in realtà, è proprio questo ciò che gli sta accadendo.

"Mi dispiace" riesco solo a biascicare.

Ian riprende i suoi fogli e punta l'indice su una dicitura. 

"Fort Caroline National Memorial" dice, "è qui che riposa mia mamma"

Il mio cuore subisce uno strano tuffo, quasi un pugno o una mezza capriola. Per un attimo la mia mente va alla mia di madre e all'ultima volta che sono stata a trovare la sua tomba, prima di ricominciare le lezioni. La voglia di tornare da lei mi avvolge in una grande spirale. La voglia del suo profumo, della sua risata e delle sue ciambelle al mattino. Nessuno saprà mai fare ciambelle tanto buone come faceva lei.

"Voglio andarci prima possibile, Holland, credi che potrai accompagnarmi?"

Annuisco, distogliendo lo sguardo dal certificato.

"So che per te non è facile, probabilmente ti ricorderà tua madre, ma io ho bisogno del tuo appoggio..."

Le iridi chiare di Ian brillano nella notte come due lucciole o due piccoli fari di bicicletta.

"Certo, te l'ho promesso" lo rassicuro. "Ci sarò, ci sarò sempre. Non dovrai affrontare niente di tutta questa storia da solo"

Ian sorride, mostrando i suoi denti bianchi e perfetti. Se dovessi scegliere un'icona per rappresentare la perfezione credo proprio che sceglierei la sua bocca, e anche i suoi occhi e il suo naso. Sceglierei i suoi capelli e le sue braccia. Sceglierei lui.

"Grazie" dice. Poi si piega alla mia altezza e mi avvolge in un caloroso abbraccio. Le nostre mani adesso sono di nuovo quelle di un tempo, senza impicci e fasciature. Sono capaci di scivolare le une contro le spalle e la schiena dell'altro. Possono sentire e incamerare tutto il desiderio che i nostri corpi hanno di stare vicini. Il calore emanato dalla stretta di Ian mi fa bollire il sangue, mi riscalda il cuore e mi calma l'anima.

"Ragazzi, buonanotte" La voce di Evan è solo un rumore lontano, mentre ci sciogliamo dal nostro abbraccio.

Vedo il biondino procedere verso i dormitori maschili a passo lento, quasi strascicato. La mia buonanotte arriva in ritardo, tanto che non può sentirla perché si è già chiuso la porta di ingresso alle spalle.

Per un attimo mi sento in colpa, dopo la bella serata è un peccato che se ne sia andato così, ma il disagio che provo sfuma irrimediabilmente quando Ian mi prende il viso tra le mani. Il gesto mi toglie il fiato e i miei occhi non possono fare altro che fissare il suo volto così bello da mettere soggezione.

"Come stai?" mi chiede.

"Molto meglio" annuisco.

Lui sorride e di nuovo mi spinge la testa contro il suo torace. Resterei tra le sue braccia per tutta la notte e anche il giorno dopo e quello dopo ancora. Resterei qui per tutta la vita.

ENDLESS - Anime Rosse || Ian SomerhalderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora