Capitolo 21: UNA CASTA INFERIORE

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A mensa, il venerdì, è giorno di pesce; salsa al pomodoro piccante e baccalà. Peccato che io sia allergica al basilico e abbia seri problemi con le lische, in particolare con il terrore che restino impigliate in gola. Così, salto il mio spuntino delle una e passo l'ora di pausa in cortile a sgranocchiare nachos al formaggio.

Molti studenti lasciano il dormitorio per godersi il fine settimana in famiglia. Passano a gruppetti diretti verso l'uscita, carichi di zaini e buste di biancheria da far lavare. Per un attimo mi viene in mente mio padre e la sua festa, devo assolutamente prendermi cinque minuti e dare uno sguardo ai voli per New York, altrimenti non riuscirò ad avere il biglietto ad un prezzo accettabile. Mi manca papà e vorrei tanto che fosse qui con me in questo momento. Mi sento sola, sola come non lo sono mai stata o forse sola come subito dopo la morte di mamma, ma questa è una solitudine diversa, è più emarginazione e isolamento. E' come se fossi stata allontanata dagli altri bambini che giocano, esclusa da qualcosa non alla mia altezza.

Inutile nascondere che la causa del mio stato d'animo è Ian. E' apparso nella mia esistenza all'improvviso ed ha deciso di allontanarsi in maniera altrettanto fugace. Dopo il litigio di fronte al gioielliere, infatti, se n'è andato dalla mia stanza senza spiegazioni. Ha semplicemente preso le sue poche cose e si è dileguato.

Sono quattro giorni che non lo vedo e non lo sento e mi sembra un tempo infinito.
Ashley dice che è passato un paio di volte a salutarla. A quanto pare il problema sono proprio io, io che intralcio le sue ricerche.
Sono così arrabbiata e delusa dal suo comportamento che ho bruciori allo stomaco abbastanza forti da non farmi dormire la notte. E tutto questo perché non sono stata in grado di replicare alle sue accuse.

Non voglio essere un peso per lui, ma non voglio neanche che si cacci nei guai. E Tom Felton, credo che sia il guaio più grosso che abbia mai visto in vita mia. Quel tipo strambo non si è fatto più vedere in giro, non dopo avermi scaraventato il disegno accartocciato raffigurante il <<pendolo delle anime gemelle>>. Non ha seguito più le lezioni da quella mattina e la cosa mi inquieta decisamente. Mi sembra di sentire i suoi occhi freddi puntati addosso in ogni istante, ma è solo una maledetta sensazione, come una scia che mi porto dietro dal nostro ultimo contatto.

Il suo scarabocchio a matita mi frulla in testa e mi appare in sogno. Ho cercato su internet, ma nessun motore di ricerca parla di quella maledetta collana. Non dico che Ian non abbia ragione in merito. Tom potrebbe davvero avere una spiegazione logica, ma il suo comportamento non mi convince. Non mi fido di lui ed ho anche un po' di paura.

"Pensieri?"

Mi riscuoto, sbattendo le ciglia per tornare al mondo reale. Evan è in piedi dietro di me, con una lattina di coca che fa il gesto di offrirmi. La prendo con un debole sorriso.

"Posso sedermi?"

Gli faccio un cenno affermativo e lui si accovaccia al mio fianco.

"Odio il pesce, in realtà odio mangiare qualsiasi cosa abbia un paio di occhi, un cuore, un cervello..."

"Credo che si dica semplicemente vegetariano" gli passo la lattina, "ed è anche piuttosto strano per un pescatore del tuo livello!"

"La pesca mi affascina, ma non mangio mai le mie prede, le lascio quasi sempre andare dopo averle catturate, più o meno come le donne, anche se spesso sono loro a farlo con me...credo che sia il mio destino..."

L'allusione mi fa sorridere. Sposto lo sguardo sul ciuffo castano chiaro del ragazzo al mio fianco. Il sole fa risplendere il colore dei suoi capelli, rendendoli quasi dorati come spighe di grano.

"Non stai uscendo con Kar...Karid..."

"Karidja?" stende le gambe avanti, appoggiandosi sui gomiti. "Tutto finito ancor prima di cominciare, mi ha detto di aver bisogno della sua libertà, a quanto pare io la soffocavo troppo"

ENDLESS - Anime Rosse || Ian SomerhalderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora