Capitolo 32: QUALCOSA DI SOLTANTO MIO

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La sera mi ritrovo nella stanza d'ospedale da sola di fronte ad una enorme scatola di cioccolatini. America e Penn me l'hanno regalata quando, questo pomeriggio, sono passati a trovarmi. Sembravano molto preoccupati per le mia condizione di salute, e non solo quella fisica. Essere fuggita dall'abbraccio di America in quel modo, dopo la furiosa lite con Phoebe Tonkins, deve averli scossi abbastanza, più o meno quanto l'incidente.

I fari delle auto che accedono al parcheggio oltrepassano i vetri, rischiarando di volta in volta la stanza. Se pur cerchi di gustarmi il sapore amaro della cioccolata fondente e quello dolciastro della scorsa d'arancia, non riesco ad allontanare la mente da Ian. Ha voluto che Evan lo conducesse da Tom. Ha voluto che quel ragazzo lo facesse per forza, senza se e senza ma. Lo ha praticamente costretto. E adesso io non sto più nella pelle, in attesa di loro notizie. Il pensiero fisso e costante che gli succeda qualcosa non mi dà tregua.

Sono le nove e un quarto passate quando squilla il mio telefonino. Il numero di Evan. Sono loro.

Impiego più del previsto per prendere il cellulare. Le bende ostacolano qualsiasi movimento troppo preciso, anche quello semplice e banale di schiacciare la cornetta verde e portarsi il microfono vicino.

"Evan" sussurro, con il fiato corto.

"Holland, sono Ian"

Il mio cuore inizia a pulsare forte, dal torace alle tempie.

"Siamo appena usciti dal Riverplace Tower, non ci sono buone notizie" La sua voce è seria, quasi meccanica. Ha una sfumatura di tristezza, ma anche agitazione. "Il signor Felton e suo figlio sono fuori dallo stato e torneranno soltanto a fine mese"

Ogni mia paura si affievolisce. Sapere che Tom è lontano dalla Florida mi rende decisamente più tranquilla.

"Evan dice che Tom si prende molte pause dallo studio. Non è la prima volta che parte per un periodo così lungo"

In effetti, se ci penso bene, anche lo scorso anno ho notato una certa irregolarità nella frequenza dei corsi del biondino faccia pallida.

"Holland, mi sento davvero impotente"

Dalla voce di Ian trapela così tanta delusione, che per un attimo vorrei che fosse qui al mio fianco per poterlo consolare con un abbraccio.

"Ehi, ci sono io" provo a rassicurarlo, anche se è un'affermazione talmente scontata che di sicuro non ha assolutamente niente.

"Lo so, piccola Holland, tu sei l'unica cosa che mi tiene a galla"

Porto il telefono al petto mentre riaggancio. Come un flash ripercorro la nostra camminata sul molo, i cocktail e la musica caraibica.
Viaggio nei suoi occhi limpidi e puliti, nelle sue labbra disegnate e sui suoi pettorali scolpiti. Da quanto Ian Somerhalder è piombato nella mia vita, tutto è cambiato. Non penso più solo e soltanto alla morte di mia madre e a quel giorno maledetto. Si è aperto uno spiraglio nel mio cuore, una debole fessura che mi fa vedere di nuovo la luce.

Prendo l'ultimo cioccolatino e lo assaporo lentamente, faccio sciogliere la glassa sulla lingua, imprimo il palato di tutto il suo sapore. E penso a Ian. Penso a quanto sarebbe bello baciarlo. Per un attimo dimentico l'esistenza di una moglie, di una figlia, di una vita precedente. Per un istante voglio solo vederlo come qualcosa di mio. Di mio soltanto.
***

Il mattino seguente ho in mano i documenti per la dimissione e Ashley e Ian mi passano a prendere all'ingresso dell'ospedale.

"Evan mi ha concesso di utilizzare la sua auto" dice lui, mostrandomi le chiavi.

"Sai guidarla?" gli chiedo.

"Ho guidato un carro armato credo di sapere come si manda un'automobile" salta su.

Ashley solleva le sopracciglia, stringendosi nelle spalle. "In effetti"

La guida di Ian è fluida, potrei definirla addirittura elegante. Riesce a muoversi bene nel traffico, se pur con qualche difficoltà nel dare e ricevere precedenza. "C'è davvero troppa gente in giro, non sono abituato a così tanta confusione" si giustifica.

Le sue dita stringono adesso il cambio adesso il volante senza troppa esitazione. Sono sicure, nonostante le bende con le quali sono avvolte. A quanto pare la sua soglia del dolore è di gran lunga superiore alla mia, che riesco a malapena ad aprire e chiudere la borsetta.

Ashley siede dietro, ogni tanto ci scambiamo uno sguardo reciproco dallo specchietto, solo per assicurarci che da adesso in poi andrà tutto bene o almeno ci convinciamo a vicenda che sia così.

Mi sporgo ad accendere la radio. La musica dei The Fray riempie l'abitacolo. Ashley canticchia Never say never, conoscendo solo qualche parola qua e là. Si accompagna con leggeri movimenti della testa e delle spalle.

"Nel baule c'è il tuo trolley" dice, non appena termina il brano. "Sempre se non hai cambiato idea sul tornare nella tua stanza"

Mi volto indietro e mi lascio andare in un debole sorriso. Certo, lasciare la camera di hotel di Ian non è facile. Mi stava piacendo la nostra sorta di convivenza. Mi stavo quasi abituando ai suoi orari di lavoro e anche al vederlo girare in boxer. In realtà forse a quello proprio non molto, ma il mio cuore credo che avrebbe anche imparato a sopportarlo, con il tempo.

"Nessun cambio di programma. Spero che tu non abbia fatto dormire troppi ragazzi nel mio letto mentre non c'ero!" affermo.

Ashley mi molla una pacca dietro il collo, lamentandosi per l'insensata allusione. "Non sono quel genere di ragazza!" protesta. "Come ben sai ho avuto un unico vero uomo nella mia vita, un uomo che mi ha letteralmente spezzato il cuore" si lascia cadere indietro, affondando la nuca sul poggiatesta. Una delle sue gambe sbuca tra i due sedili, in prossimità del freno a mano.

"A proposito, come vanno le cose sul fronte...Ed?" mi arrischio a chiedere.

"Niente di nuovo. Lui e Felicity sembrano essere ancora molto molto innamorati" dice. "Se escludo la mia immaginaria avventura con Emis e le mie fantasie sessuali nei tuoi confronti, caro Ian, credo proprio che posso definirmi in vera e propria fase di astinenza! E se continuo di questo passo finirò per invecchiare senza uno straccio di ragazzo. Sto quasi pensando di prendere i voti. Credete che il convento sia troppo noioso per me?"

Ian fissa la strada con lo sguardo nascosto dietro un paio di occhiali da sole. Posso scorgere un sorrisetto ai lati della sua bocca.
Mi limito a scuotere la testa. Ashley e la religione non hanno esattamente la solita linea d'onda.

Pian piano raggiungiamo il centro della città.
Gli edifici si innalzano maestosi ai lati della strada. Le corsie si sdoppiano. I colori, il fresco frastuono e, soprattutto, le luci al neon ci fanno capire che siamo ormai a dirittura d'arrivo.

Ian imbocca la via che porta al campus. Nell'auto cala di nuovo il silenzio. Il cancello si apre e noi restiamo a gongolarci gli ultimi attimi di riflessione con i finestrini abbassati e il vento leggero che ci scompiglia i capelli.

ENDLESS - Anime Rosse || Ian SomerhalderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora