Capitolo 14: LA GUERRA NEGLI OCCHI

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Il pulmann si arresta alla fermata del campus. Ancora una volta Ian fa che sia io a scendere per prima, dandomi la priorità sullo stretto corridoio tra i sedili.
Ci incamminiamo in direzione dell'entrata sul retro, rasentando il campo da basket. I ragazzi della squadra si stanno allenando per la loro prima partita della stagione.
Vedo Evan con la lingua stretta tra i denti, intento a passare una buona palla a Zac, che scansa due avversari e si innalza sul canestro.

"Bel centro!" esclama Ian, affacciandosi alla rete.

Tutti i ragazzi si voltano verso di noi e nell'aria cala il silenzio più totale. Solo Zac fa rumore, schioccando la palla sull'asfalto in ripetuti palleggi. Lui e il suo inconfondibile sorriso sulle labbra, di chi sa che ha la stoffa per sfondare.

"Ian, è meglio se andiamo dentro" lo tiro per l'orlo della maglietta.

"Aspetta, è divertente!" esclama, restando con le dita aggrappate ancora alla rete.

Uno dei ragazzi, quello più vicino a noi, strizza gli occhi combattendo contro i raggi del sole. "Ehi, aspetta un attimo, Hunter, quella è la tua ragazza!"

Per un istante maledico la mia avventatezza; avremmo dovuto scendere alla fermata successiva. Come ho fatto a non pensare agli allenamenti?

"Holland!" La voce di Hunter si innalza dal gruppo di giocatori in maglia extra large e pantaloncini.

Ian mi lancia uno sguardo curioso.

"Il mio fidanzato" abbasso le spalle.

Lui si limita a sorridere.

Hunter si affaccia alla rete. "Holland, che ci fai qui? Perché sei fuggita con America dalla festa ieri sera? Tutti ne parlano! Ti ho scritto un messaggio, perché non mi hai risposto? E perché non sei venuta a lezione stamani?" I suoi occhi azzurri si spostano da me a Ian in un istante, "E...lui chi è?"

Per tutte le sue domande quasi mi scoppia la testa. Sto decidendo da quale sia meglio iniziare a rispondere, quando il mio nuovo amico decide di parlare per me: "Ian Somerhalder" si presenta, "sono molto lieto di conoscere il fidanzato di Holland"

Hunter aggrotta la fronte e guarda Ian confuso, non rispondendo alla presentazione.

"Sono un vecchio amico di famiglia"

Ian regge così bene la sua parte, da sembrare perfino credibile. Hunter punta l'indice sul ragazzo che ha di fronte. Un raggio di sole si insinua tra i due uomini separati dalla recinsione.

"Holland, non mi hai mai parlato di questo, questo..."

"Ian" intervengo, "è arrivato solo oggi, è qui di passaggio..."

Hunter continua a mantenere un'espressione storta, del tutto indecifrabile.

"Scusami per la festa" cerco di spostare la conversazione verso argomenti più sicuri, "ho avuto pena di quella povera ragazza..."

"Ma è solo America!" Hunter allarga le braccia e scoppia a ridere.

"Già" annuisco. Indietreggio di qualche passo. D'istinto afferro la mano di Ian, trascinandolo con me. "Scusaci, adesso dobbiamo proprio andare, sai, Ian sarà qui per pochi giorni ed io ho così tante cose da fargli vedere e da raccontargli, sono anni che non ci vediamo!"

Ian improvvisa un sorriso, mentre si lascia guidare dalla mia mano verso l'edificio.
Hunter resta interdetto, le dita strette alla rete e lo sguardo rivolto verso di noi. Poi è un lampo, i suoi occhi si allargano e le sue labbra restano semiaperte: "Ehi, ma quelli sono i miei vestiti! Cosa ci fa lui con i miei jeans? Holland!"

Fingo di non sentirlo ed entro nell'edificio. Cammino per un tratto del corridoio, prima di abbandonare la mano di Ian. In un solo giorno ho tenuto la mano di questo ragazzo più di quanto non lo abbia fatto con quella di Hunter in un intero anno di fidanzamento.

Quando raggiungiamo il dormitorio, Ian si guarda addosso e aggrotta la fronte: "Ho l'impressione che il tuo fidanzato si sia arrabbiato di vedermi con i suoi abiti"

"Oh! Hunter?" muovo una mano davanti al viso, "lui non si arrabbia mai, tranquillo!"

"Posso rimettere la mia divisa, non ho nessun problema..."

"Stai scherzando?" gracchio, salendo i gradini che portano alla mia stanza. "Non puoi andare in giro con quella, siamo in un college non in una caserma!"

"Allora dovrò comprarmi qualcosa di mio" mi segue.

"Questa mi sembra un'ottima idea, domani ti accompagno al centro commerciale" dico entusiasta.

Ian sorride ed io come una stupida mi incanto di fronte alla luce che sprigiona il suo volto liscio e perfetto. Un ciuffo di capelli gli finisce sugli occhi, lui sposta indietro la testa per allontanarlo dalla fronte. Il movimento mi rapisce, lasciandomi imbambolata.

"Vogliamo entrare?"

Devo esser davvero fuori di cervello per non essermi accorta che siamo già arrivati davanti alla mia camera, in attesa della chiave per aprire la porta.

"Oh! Sì, certo" frugo in tasca così veloce da lasciarmi scivolare di mano il mazzo di chiavi.

Mi piego per raccoglierlo e anche Ian lo fa, intenzionato ad aiutarmi. Le nostre dita si toccano, generando in me una sorta di corrente elettrica. Gli occhi di Ian, come la sua mano, sono vicini, così tanto da potervi leggere dentro ogni tipo di sfumatura. Le mie guance si colorano all'istante e la mia mano trema, mentre lascia a Ian la meglio sul mazzo di chiavi.

Ian resta con lo sguardo incollato al mio, risollevandosi. Sento una strana energia rimbalzare tra i nostri corpi, una scossa, un qualcosa che non sono assolutamente in grado di spiegare perché non l'ho mai provata prima di adesso.

"Ecco qua, prego..." mi fa cenno di passare.

Entro nella stanza con il cuore a mille, il viso rosso più del colore dei miei capelli e lo stomaco stretto. Incapace di capire una simile metamorfosi nel mio aspetto, abbandono Ian e mi chiudo in bagno, dicendo di aver bisogno urgente di una vasca.
***

Quando riemergo dal mio mondo di bolle di sapone e pensieri, trovo Ian seduto sul mio letto. E' girato di spalle, ma posso vedere che sta leggendo qualcosa. Mi avvicino, facendolo riscuotere.

"Mi dispiace, non volevo spaventarti".

Ian chiude il taccuino. Le sue dita accarezzano la superficie liscia della copertina. "Nessuno spavento. Stavo solo viaggiando nei ricordi"

I miei occhi cadono sulle iniziali incise sul cuoio. Non sono quelle di Ian. A quanto pare quello che credevo fosse il suo diario in realtà è di un'altra persona.

"P.W?" chiedo.

"Paul Wesley" annuisce.

I miei occhi risalgono sui suoi, scoprendo che sono arrossati e lucidi.

"Era un grande combattente e un grande amico" precisa.

"Era?"

"E' stato ucciso in un'imboscata, ma non ho molta voglia di parlarne, se non ti dispiace..."

Il mio cuore ha un fremito, mi taglierei la lingua se solo potessi farlo. Nello sguardo di Ian leggo tanta sofferenza, tante cose viste e subite a causa di una vita che non lascia scampo alla fantasia.

"La guerra" mi lascio uscire in un sussurro.
Ian ripone il diario da viaggio dentro la sacca e sospira: "Già, che brutta bestia"

ENDLESS - Anime Rosse || Ian SomerhalderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora