✨7. Middle class district

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Una volta entrata nel Middle class district dalla porta Nord, Isabelle svoltò l'angolo e proseguì in direzione del cinema, proprio come la sua amata insegnante le aveva detto. Era difficile rimanere indifferente al fascino che la circondava: ogni volta in cui attraversava il passaggio verso il quartiere della classe borghese le sembrava di fare un salto in avanti sulla linea del tempo. Le strade, gli edifici, i mezzi di trasporto: era tutto così diverso!

Alzò gli occhi sulle insegne luminose e colorate dei negozi, osservò i vecchi modelli di auto un po' arrugginite che circolavano sull'asfalto delle strade, posò lo sguardo sulle targhette dorate degli uffici di avvocati e ingegneri che spiccavano sulle pareti dei palazzi ristrutturati... Tutto brillava di luce propria, una luce quasi eterea agli occhi di una semplice orfana, abituata allo squallore.

Passo dopo passo, Belle si inoltrò per i viali gremiti di gente, dove ancora una volta i manifesti e le bandiere colorate svettavano alle finestre e alle pareti. Non c'erano più crepe e vetri polverosi su quelle facciate, tutto era luminoso e pulito. Camminando, passò davanti a molti cantieri, quel giorno chiusi, dove venivano ristrutturate le palazzine più vecchie, che dovevano essere messe a nuovo. Mentre il distretto dei poveri era rimasto eclissato, fermo all'epoca della guerra, o era addirittura arretrato a causa della trascuratezza che gli era stata riservata, il quartiere della classe media era stato abbellito e modernizzato nel corso degli anni. La borghesia si era arricchita, così come aveva fatto la nobiltà, a spese dei proletari, e ormai poteva permettersi alcuni lussi che prima le erano stati preclusi. Sulle strade iniziavano a circolare le prime automobili, vecchi modelli che ai Dominers non interessavano più e che erano state acquistate a caro prezzo. L'elettricità, a cui nel Lower class district avevano accesso solo le fabbriche che producevano prodotti per i ricchi, era entrata in molte case della borghesia e illuminava strade, cinema e teatri. Il divertimento era garantito in tutte le sue forme: i poveri potevano avere solo qualche lurido pub, mentre la classe media vantava ristoranti, sale da biliardo, cinema... La conquista dell'elettricità aveva portato con sé anche altre novità, come televisioni, elettrodomestici, sale da proiezione... E nel Total Equality Day tutte le classi sociali potevano avere accesso a ogni forma di divertimento, senza alcun limite.
L'euforia di poter vivere quelle poche ore senza differenze, senza preclusioni, in festa e spensieratezza, era riflessa nei tanti volti che circondavano la piccola Isabelle. Le classi sociali erano mescolate, persone di ogni tipo si riversavano sulle stesse strade, gremivano gli stessi locali e, almeno all'apparenza, dimenticavano le loro diversità per festeggiare insieme.

In quello slalom umano, Belle riuscì a intravedere la grossa insegna del cinema, che svettava sulla folla nei suoi colori accesi e nelle luci lampeggianti. Passò davanti all'ampio ingresso di quel locale dove diverse volte con Jane era rimasta estasiata davanti al grande schermo. Ai suoi occhi era una vera e propria magia, ma il cinema era solo una delle tante attrazioni che la circondavano. Belle non poteva immaginare quante fossero le distrazioni e i lussi della classe media: i film, la fotografia, l'arte in tutte le sue forme moderne... Si fermò a osservare una vetrina in cui alcuni robot da cucina risaltavano nelle loro tecnologie innovative, accanto ad aspirapolveri, lavatrici, stereo... Insomma, la borghesia aveva accesso a tantissime innovazioni, eppure anche a essa era precluso un lusso inimitabile: un universo virtuale chiamato internet, che era proprietà esclusiva della nobiltà. Il web rimaneva qualcosa di oscuro e sconosciuto a tutti, fuorché all'élite, che poteva servirsene a suo piacimento. Isabelle non sapeva nemmeno cosa fosse, quel mostro senza volto, ma Jaqueline le aveva detto che si trattava di una fonte illimitata di informazioni, un modo per condividere idee, notizie e fatti di cui invece la popolazione doveva rimanere all'oscuro. Ricominciò a camminare, combattuta tra la curiosità e l'orgoglio di conoscere quel segreto che le aveva rivelato la sua insegnante. La cosa più importante, le diceva sempre, era che nessuno avrebbe mai potuto privarla dei libri: la cultura e la verità avrebbero sempre trionfato, su qualunque oppressione.

Immersa nelle riflessioni che Jaqueline aveva condiviso con lei, e che forse quella piccola sognatrice ancora non comprendeva fino in fondo, Belle gettò lo sguardo un'ultima volta sulle luci del cinema, che si accendevano a colori alterni in lontananza, dando vita a un affascinante gioco di bagliori. Una spallata da parte di una ragazza in ghingheri le fece perdere il suo equilibrio precario, al margine del marciapiede. Scivolò d'un tratto giù da quel gradino e per poco non fu investita da un uomo in bicicletta, che imprecò contro di lei senza fermarsi. Rimpiangendo la tranquillità della quotidianità, innervosita da quel mondo in continuo fermento, Isabelle si ripulì il vestito e riprese a camminare per la sua strada. Tenne lo sguardo fisso davanti a sé e ritrovò il sorriso, ricordandosi il motivo per cui si trovava lì, i suoi amati libri. Ne era certa: erano davvero magici, ognuno era una porta verso un altro mondo... Mentre raggiungeva la sua destinazione a passi veloci, il suo cuore seguiva il ritmo agitato dei suoi pensieri: non vedeva l'ora di conoscere quel fantomatico personaggio, il libraio, che ai suoi occhi di bambina era ormai diventato il protagonista di una fiaba.

Saltellò tra la folla, seguendo i colori delle lastre del marciapiede e giocando a evitare quelle più scure; poi alzò lo sguardo su un'ampia piazza che si apriva d'innanzi a lei, in cui alcuni artisti di strada si stavano esibendo nelle loro abilità. Rimase qualche secondo a osservare estasiata una violinista, che suonava a occhi chiusi, quasi seguendo il flusso dei suoi sogni. Lasciandosi trascinare dalla folla, ammirò le sue dita sottili che si muovevano rapide, dando vita a un'armonia di note che raggiungeva direttamente il suo piccolo cuore. Poi si fermò, accorgendosi di aver perso la strada laterale in cui doveva voltare. Lasciò una piccola moneta nella custodia del violino, rivestita di velluto rosso, incrociando lo sguardo della musicista, che le sorrise dolcemente. Ricambiò il suo gesto cordiale, inchinandosi al ritmo della sua musica, per poi riprendere la sua corsa verso la libreria. Tornò sui suoi passi, trovò la strada laterale alla sua destra e si addentrò in quel piccolo passaggio, seguendo le indicazioni di Jaqueline.

Non era mai entrata in quella via, ma si sentì subito a suo agio, finalmente libera dalla folla che sino a poco prima le toglieva il fiato. Finalmente riusciva a camminare senza scontrarsi di continuo con la gente e ad allungare lo sguardo dinnanzi a sé. Le basse palazzine che la circondavano erano tra le più antiche del quartiere. Ai piani alti si trovavano delle abitazioni non troppo lussuose, mentre il piano terreno era occupato da piccoli negozi di antiquariato. Alzò lo sguardo sulle tante insegne luminose che si affacciavano sulla via e fu allora che la vide, a pochi passi di distanza: l'insegna della libreria svettava in tutto il suo fascino, con una scritta dai caratteri antichi. Si avvicinò dando una rapida occhiata alla vetrina, rimanendo estasiata. Quel piccolo spazio era pieno zeppo di volumi di ogni dimensione e colore. Le antiche copertine erano un po' sgualcite dal tempo, ma i libri erano custoditi con cura, ognuno al proprio posto d'onore. Allungò lo sguardo sugli alti scaffali che formavano dei lunghi corridoi, oltre quel vetro che la separava dal paradiso in terra. Senza accorgersene, aveva appoggiato il suo viso accaldato su quella fredda superficie, su cui si era formato un alone opaco. Staccò la fronte dal vetro e sollevò lo sguardo, notando l'insegna che la sovrastava. Un sorriso si dischiuse sul suo viso euforico: la "Libreria delle rose" la aspettava.

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