✨23. Indomabile sognatrice

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Seguendo il frusciante vestito di Jaqueline che accarezzava le spighe di grano ancora verdi e i petali rossi dei papaveri appena sbocciati, Isabelle si lasciò condurre sulla collina per un sentiero che si inerpicava lungo i terreni scoscesi della campagna. Passo dopo passo, si inoltrava nei prati su cui si estendevano le coltivazioni dei contadini, elevandosi sempre più dalla città, ormai lontana.

Il tempo sembrava dilatato in quella dimensione così alienata dalla realtà: Belle, persa nel verde che la circondava, non avrebbe saputo dire quanto fosse passato dall'ultima ora di lezione, che le sembrava appartenere a un'altra realtà. Il sole, tuttavia, le suggeriva con la sua posizione ancora a oriente che non doveva essere trascorso così tanto. È incredibile come la percezione sia relativa: l'atmosfera circostante può stravolgere ogni sensazione, rendere tutto ovattato e leggero, persino il tempo, di solito così tiranno per gli uomini grigi oberati dalle loro faccende e responsabilità.

Ben presto i prati sconfinati lasciarono il posto alla foresta: prima qualche albero ancora giovane, dal tronco sottile, affiancò i loro passi, poi le fronde si fecero sempre più fitte, mentre alberi più antichi, dalle radici intrecciate e rugose, le accoglievano tra le loro braccia aguzze, alzate verso il cielo. Su di esse le prime gemme si dischiudevano, formando le piccole foglie che annunciavano la primavera. I fiori dei rubini e dei ciliegi selvatici sembravano pennellate piccole e delicate, che riempivano di vita e colore quei rami ancora spogli. I pini, solitari nel loro verde incontaminato e intramontabile, facevano da cornice a quel quadro in continua trasformazione, con la loro presenza silenziosa ma costante.

Jaqueline camminava lungo quel sentiero, a tratti interrotto da alberi e rami caduti o cespugli di rovi, come se lo conoscesse da sempre. A volte deviava per aggirare quegli ostacoli, e poi tornava a ripercorrere quel terreno dove le impronte segnavano un ripetuto passaggio. La curiosità di Isabelle cresceva sempre più, irrefrenabile:
"Venite spesso da queste parti?"
La sua insegnante si voltò e le sorrise, cogliendo la curiosità nei suoi occhi scintillanti:
"È una scorciatoia che ho percorso tante, tantissime volte per venire in città e per tornare a casa."
Belle si interrogava per la prima volta sulla vita di Jaqueline al di fuori dall'istituto: mai avrebbe immaginato che passasse il suo tempo libero nei boschi, che appartenesse a quei luoghi impervi e solitari...

Tutto a un tratto, Jaqueline deviò dal sentiero e si inoltrò nel fitto della foresta. Isabelle la seguì, sgranando gli occhi per l'aspettativa. Trattenne il fiato, mentre la penombra si faceva sempre più fitta, nell'intreccio dei rami. Scavalcò alcuni tronchi che intralciavano il passaggio, scansò con le dita i rami appuntiti che si avvinghiavano ai suoi capelli e le rigavano il viso. La natura formava in quel punto un groviglio difficile da districare, che le impediva lo sguardo oltre le frasche. Il fitto degli alberi le toglieva il respiro: era un ingresso impervio, in cui i rami aggrovigliati le si presentavano come custodi silenziosi di quel luogo segreto. Jaqueline però sapeva varcare quel passaggio, evidentemente abituata ad attraversarlo, e Belle le si fece vicina: era la sua ombra, sfiorava il suo vestito e si nascondeva dietro le sue spalle, abbassando il viso.
Ben presto percepì un fascio di luce inondare i suoi occhi, mentre sollevava il capo e le sue labbra si dischiudevano per la meraviglia.
"Eccoci qui, siamo arrivate."

Si fermò, cercando di realizzare la meraviglia che riempiva il suo sguardo in quel momento: la foresta si apriva in quel punto in una radura piena di fiori di ogni colore, che dominava dalla vetta della collina sulla campagna circostante. Una sola quercia, maestosa, con un'altalena solitaria a pendere dai suoi rami spessi e rugosi, riempiva quell'ampio spazio con le sue alte fronde, proiettando attorno a sé la sua ombra.
"Vieni avanti!"
La sua insegnante, pochi passi più avanti, la incoraggiava a raggiungerla e a osservare dall'alto il paesaggio che le circondava. Belle, senza smettere di guardarsi attorno piena di meraviglia, iniziò a camminare, lentamente, assorbendo tutto ciò che riempiva i suoi occhi, fino a raggiungerla.
"Come sapevate dell'esistenza di questo luogo?"
Jaqueline non riuscì a trattenere una risata divertita, davanti al viso incredulo di Belle:
"Fu mia madre a far mettere qui quest'altalena. Fu uno dei suoi regali più speciali: da bambina amavo venire qui con lei a dondolarmi, seguendo l'ondeggiare dei miei sogni. Da allora non ho mai smesso..."
Sospirò, in preda ai ricordi.
"Quella è casa mia... O meglio, era casa mia."
Belle gettò lo sguardo sulle tante ville, sulle regge e sui castelli che le circondavano, nelle vallate sottostanti. Erano tanti i Dominers che avevano scelto quelle colline piene di vita per farne la loro dimora. Poi si voltò e si soffermò sul palazzo indicatole da Jaqueline: era degno di una vera principessa, con le sue guglie antiche, i torrioni e le finestre a ad arco. Non l'aveva notato, dal fitto della foresta, ma era proprio dietro di loro, oltre la distesa boscosa, a poche centinaia di metri. Le sue mura dominavano dall'alto, oltre gli alberi più maestosi, che superavano di poco l'altezza delle sue torri.
"Voi... Voi vivete lì?"
Jaqueline annuì, poi abbassò gli occhi, a tratti imbarazzata, e a tratti malinconica.
"Sono cresciuta tra quelle mura, ma grazie a mia madre ero libera di sgattaiolare fuori da quella prigione. Lei comprendeva il mio bisogno di libertà, quella stessa libertà che a lei era stata tolta, da quando aveva sposato mio padre."
Si lasciò cadere sull'altalena, dondolandosi lentamente.
"Una volta cresciuta, però, i miei sogni di bambina si infransero: anche io, raggiunti i miei diciott'anni, feci il mio debutto in società e mio padre voleva a tutti i costi concedere la mia mano a un uomo ricco e di alto rango, per tenere elevato il nome della famiglia e accrescere il suo potere."
Belle si adagiò ai piedi di Jaqueline, accarezzando con le dita l'erba che avvolgeva in un abbraccio la sua gonna, allargata sul prato.
"Vi siete sposata?"
Jaqueline scoppiò a ridere a quell'idea che nemmeno per un istante era balenata nella sua mente indipendente:
"Chi, io? Con uno di quei principini privi di una mente pensante? No, non lo avrei mai fatto."
Si abbassò, un sorriso soddisfatto a piegare le sue labbra, e raccolse una Margherita, sfiorando i suoi petali delicati e ripercorrendo un passato ancora vivo nella sua memoria:
"Non fu facile contrastare le volontà di mio padre: andò su tutte le furie quando rifiutai il pretendente che desiderava per me. Furono mesi difficili, in cui continuò a insistere fino a sfinirmi, ma io non cedetti. Alla fine fu mia madre a intervenire in mio favore e, dopo continue suppliche da parte sua, lui accettò, suo malgrado, di vedermi impiegata come insegnante presso il vostro istituto."
Isabelle sorrise, rispecchiando il volto sereno di Jaqueline:
"Come riusciste a convincerlo?"
La sua insegnante gettò lo sguardo sulle mura opulenti di quella casa a cui sentiva di non appartenere più:
"Fu più facile del previsto: ben presto altri pensieri occuparono le sue giornate. Sono la terza di cinque figli e in quel periodo il mio fratello maggiore, il primogenito, stava convolando a nozze con una nobildonna parigina. Organizzare un matrimonio che doveva essere decantato in tutta la Francia fu per lui un impegno notevole."
Sollevò le sopracciglia, in una smorfia di disgusto e compatimento.
"Poi c'era la mia sorella maggiore, con i suoi numerosi pretendenti tra cui scegliere, e infine le minori, ancora da introdurre in società."
"Siete una famiglia numerosa..."
"Oh sì, e io ad oggi rimango l'unica zitella, la grande delusione di mio padre. Lui non ha mai accettato la mia decisione, ma fino a poco tempo fa la sopportava, in qualche modo."
Gli occhi di Jaqueline si spensero per un istante, mentre la scintilla che li aveva infiammati lasciava il posto all'amarezza.
"Mi aveva chiusa nei cassetti più reconditi della sua mente, limitandosi a salutarmi alla mattina e alla sera, quando usciva o entrava in casa e incrociavamo per un solo momento le nostre esistenze così diverse."
Belle notò l'ombra che era calata sul volto della sua amata insegnante e posò una mano sul suo braccio, delicatamente. Sfiorò con lo sguardo i suoi occhi velati di lacrime e si morse le labbra, la tristezza a offuscare anche il suo viso:
"Mi dispiace... Non immaginavo che la vostra vita fosse così piena di dolore. Credevo... credevo che avere una famiglia e vivere fuori dall'istituto fosse meraviglioso, ma mi sbagliavo."
Jaqueline sollevò il viso su di lei, gli stessi occhi lucidi:
"Oh, non devi dispiacerti per me. Ho sempre avuto mia madre, i miei libri, questo posto speciale e il mio lavoro: voi siete la mia ragione di vita."
Il suo sorriso si spense a un tratto, sotto il peso della realtà:
"La eravate..."
La voce di Jaqueline si incrinò e prese a tremare, mentre Belle tratteneva il respiro, pronta a riversare la sua preoccupazione nella domanda che imperversava nel suo animo:
"Poi cos'è successo?"
La sua insegnante si prese un momento per ordinare i suoi pensieri, poi alzò lo sguardo, di colpo vuoto e gelido, gettandolo sull'orizzonte pieno di luce, che la inondava con il suo calore fastidioso.
"Mio padre non lo sapeva, ma non ero entrata nell'istituto solo per tenermi impegnata e svolgere un lavoro, come lui credeva. Volevo capire che tipo di istruzione veniva data alle classi considerate inferiori. Sapevo che l'educazione è il fondamento di una società, e volevo andare alle radici di questa società malata per comprendere quale veleno fosse instillato nelle menti dei più giovani e indifesi."
"E lo avete capito? È un veleno pericoloso?"
Jaqueline annuì, il viso indurito per quella consapevolezza così amara. Il suo pugno si strinse attorno a quel fiore che poco prima accarezzava con dolcezza. La forza della sua mano lo schiacciava in una morsa che lo rendeva a un tratto invisibile:
"È un veleno che plasma mente e cuore, rende ogni terreno arido e incoltivabile, privo di valori. Ha come unico obiettivo il bieco controllo, l'oppressione più spietata, la schiavitù della mente."
Belle sostenne il suo sguardo, facendo sua la forza di quelle parole. Jaqueline sfiorò con le dita la sua spalla, cercando di convogliare in quel gesto tutto l'affetto e l'orgoglio che provava per la sua alunna preferita:
"Ormai hai sedici anni, Isabelle. Per questo ti sto parlando di cose così profonde. So che la tua mente è libera da quelle catene, e per questo so che riuscirai capirmi e che non mi giudicherai come loro per ciò che ho fatto."
Belle annuì, il volto pallido, ma le labbra rosse e strette nella loro determinazione.
"Io non potrei mai condannarvi."
Quella certezza era chiara sul suo viso determinato, sulla sua fronte corrugata. Prese fiato, e poi diede di nuovo sfogo alla sua curiosità, pronta a scoprire la verità:
"Cos'avete fatto? Sono sicura che sia stata un'impresa eroica."
Jaqueline scosse la testa, arrossendo per l'imbarazzo:
"Niente di tutto ciò. Anzi, molti la definirebbero una follia. Mi sono attirata l'odio e il risentimento di tutti, all'istituto."
Si sollevò, alzando gli occhi sulle rondini che volavano in quel cielo limpido e cristallino:
"Ho instillato nelle mie alunne i valori che credevo importanti. Libertà, vera uguaglianza, amore, gentilezza, forza d'animo, determinazione... Ho lamentato le condizioni dell'istituto, l'incompetenza e il cinismo degli insegnanti. L'ho fatto dentro quelle mura e fuori, scrivendo articoli e cercando di diffonderli tramite internet, che però raggiungeva solo i nobili, a cui non importa delle classi inferiori, e sfruttando il mezzo più universale di tutti: la carta."
"Ammiro il vostro coraggio."
"Nessuno lo ha definito così. Lo chiamano spirito ribelle, pericoloso, estremista... E ben presto le mie azioni sono giunte all'orecchio di mio padre: i direttori dell'istituto gli hanno denunciato il mio comportamento sfacciato. E la rabbia che aveva represso, ma covato a lungo nei miei confronti, si è riversata su di me in un fiume in piena, che nemmeno mia madre è riuscita ad arginare."
Belle osservò quel fiore che cadeva dalla mano di Jaqueline, che era rimasta chiusa fino a quel momento nel suo pugno stretto. Quei petali piegati e lo stelo spezzato sembravano sussurrarle la loro disperazione.
"È stato vostro padre a farvi perdere il posto di insegnante?"
Jaqueline aveva lo sguardo basso, perso nei pensieri che sconvolgevano il suo cuore.
"Mi ha rinnegata come figlia. Mi ha esclusa dal testamento, diseredata, rigettata. Ora è come se fossi orfana, priva di nome e famiglia. Senza casa, senza lavoro, senza alcuna rendita... L'istituto non ha avuto nessuna difficoltà a liberarsi di me."
Belle era senza parole, incapace di rispondere a così tanta cattiveria. Jaqueline sollevò gli occhi, ancora una volta, su quelle mura che sembravano innalzarsi contro la sua volontà, opporsi a ogni suo sogno; poi si voltò a sfiorare la quercia, che era lì da migliaia di anni, testimone di secoli di storia. Sfiorò con le dita la sua corteccia resistente, che non si era piegata al tempo. Quell'albero maestoso dominava da sempre dall'alto della collina, protagonista indiscussa di quel quadro senza eguali.

Jaqueline si voltò un'ultima volta verso quella che era stata la sua casa, poi il suo sguardo abbandonò quel passato drammatico e ritrovò la sua luce negli occhi della ragazza che la affiancava, pieni di fiducia e speranza. Le sue dita sfiorarono quelle di Belle, spalancate verso di lei, mentre una nuova consapevolezza si faceva strada nel suo animo indomito:
"Quella prigione dorata non è più casa mia, adesso. Ma nessuno potrà mai privarmi di questo luogo e di ciò che rappresenta per me. Qui mia madre potrà sempre venire a incontrare sua figlia. E qui potrai sempre venire anche tu, Isabelle, a ritrovare te stessa e quei valori che custodirai per sempre nel cuore."
Sollevò lo sguardo sui rami intrecciati della quercia, che la sovrastavano e la accoglievano nella loro ombra. Le piccole foglie filtravano la luce del sole, i rami sottili si allungavano sempre più in alto, fino a sfiorare il cielo.
"Anche se il mondo attorno a te sprofonda sempre più in basso, non smettere mai di elevarti verso le tue stelle. Indomabile sognatrice, nessuno potrà mai privarti della tua libertà."

Eccoci qui, senza più fiato

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Eccoci qui, senza più fiato... È stato un capitolo denso di emozioni e segreti svelati, che mi ha davvero logorata.
Questa volta avevo proprio bisogno di aggiungere un piccolo commento al capitolo, giusto per allungare ulteriormente il brodo...🤣
È stato intenso, lunghissimo e straziante: so di essermi fatta odiare per tutti i drammi che stanno sconvolgendo la vita della nostra protagonista... 😰
Ma sono convinta (nella mia follia) che tutte queste vicende avranno un grande impatto nella formazione del carattere di Belle: si sta forgiando a poco a poco una personalità sempre più indomabile, che spero stia riuscendo a emergere attraverso le pagine. Cosa vi è arrivato? Come avete vissuto tutti questi momenti di sconforto per la nostra Belle? E di Jaqueline, cosa ne pensate di questa donna così fuori dall'ordinario?

È strano, stranissimo pensare che niente di tutto questo era presente nella prima versione di questa storia. Mi sembra impossibile che il personaggio di Jaqueline, adesso così preponderante, non esistesse ancora. So che questa parentesi del racconto sta dilatando di molto i tempi e ritardando la nostra ship preferita (ahimè, Darcy non si è ancora palesato tra le pagine), ma confido nella vostra inesauribile pazienza e spero che perdonerete la mia ineguagliabile prolissità. A mia discolpa posso solo dire che sono stati i personaggi a trascinarmi e, lo ammetto, non sono proprio riuscita a resistere: spero tanto che questo viaggio appena iniziato sia degno del tempo e delle attenzioni che mi donate. Per me è un onore avervi come lettrici, un sogno che si avvera. Ed è solo grazie a voi se, proprio come la nostra Belle, continuo a coltivare i miei sogni, e a non ritenermi un completo disastro come scribacchina.

Ci tenevo anche a scusarmi per la mia scarsa puntualità nel pubblicare questi ultimi capitoli: maggio è sempre un mese impegnativo e carico di lavoro, ma spero con l'estate di ritornare puntuale e di riuscire a farmi perdonare...
Chiedo venia per la mia inadempienza! Non vedo l'ora di scoprire le vostre impressioni riguardo alle rivelazioni di questo capitolo... Vi aspetto con la curiosità alle stelle! ✨

How to love a BeastWhere stories live. Discover now