✨21. Maestra di vita

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Una delle tante, troppe mattine di monotone lezioni, Belle era assorta a osservare il mondo attraverso la finestra che affiancava il suo banco, completamente disinteressata alle inutili spiegazioni del precettore di buone maniere. La voce dell'insegnante, piatta e gelida, le arrivava ovattata, lontana, sottile, mentre la sua mente vorticava sempre più in alto, rapita da mille fantasie. Il suo sguardo si allungava oltre quel vetro annerito dalla polvere, oltre l'edera che si intrecciava agli infissi, incatenata proprio come lei al grigiore che la circondava. Gli occhi sognanti cancellavano quel filtro scuro e si posavano pieni di meraviglia sul cielo, dove le nuvole scorrevano sempre più veloci. In quelle forme vaporose in continuo divenire ritrovavano la forza di elevarsi dalla realtà. Davanti alla loro continua trasformazione, Belle a sua volta sentiva una vera e propria metamorfosi sbocciare in lei. Era come se il bozzolo che la tratteneva si fosse dissolto in un attimo e lei potesse spalancare finalmente le sue ali verso quel cielo sempre diverso, scomparendo nell'azzurro dell'orizzonte. Si sentiva come quelle piccole foglioline di edera sospese, che si allungavano accarezzate dalla brezza, fino a staccarsi e volare lontano.

L'immensità che la sovrastava la riempiva di euforia: i suoi occhi pieni di luce assorbivano ogni cosa, smaniosi, elevandola da quel mondo turbolento e portandola sempre più in alto. La natura era completamente alienata dalla società caotica e frenetica che gli uomini avevano creato. Il contrasto era evidente persino in quel semplice spaccato di realtà: gli occhi di Belle scendevano poco più in basso e si soffermavano sui lontani palazzi del centro, che si innalzavano oltre le mura. Poi tornavano sempre più vicini a terra, percorrendo le case vecchie e semi diroccate del lower district, le strade sterrate piene di rifiuti... Ed ecco che le ali da farfalla si facevano a un tratto pesanti, le catene spezzate si fondevano nuovamente, riportandola a terra, il filo che sembrava essersi sciolto si faceva di nuovo teso e affilato. L'edera diventava a un tratto opprimente con la sua ombra, incatenata a quelle mura che sembravano tenere avvinghiata ogni foglia.

Il senso di libertà appena provato si dissolveva in un istante davanti a quella vista soffocante, che le toglieva il fiato. Il grigio che la circondava era opprimente, dominava su ogni altro colore, stringendola in una morsa impossibile da sciogliere. Persino i passanti che apparivano sul tratto di strada su cui si affacciava l'istituto femminile parevano delle statue grigie e inespressive. Erano degli automi in continuo fermento, con lo stesso volto marmoreo, che sfilavano uno dietro l'altro: avevano quasi tutti lo stesso passo frettoloso, lo stesso sguardo fisso, gli stessi vestiti vecchi e asettici, quasi fossero rassegnati a quella vita. Le mani indaffarate, la testa bassa, presi dalle corse della loro monotona quotidianità.

In mezzo alla gente che scorreva davanti ai suoi occhi, Isabelle notò a un tratto due figure femminili ferme davanti all'ingresso dell'istituto, all'estremo del suo campo visivo. Si allungò sporgendosi in avanti sul banco e appoggiando il viso al vetro. Il freddo di quella superficie la riscosse dai suoi pensieri, mentre un brivido percorreva la sua schiena. Inspirò e poi lasciò che l'aria si diffondesse sul vetro, liberandosi con quel sospiro dal tedio che la opprimeva. Un piccolo alone si diffuse sulla superficie, rendendola ancora più opaca, ma Belle riuscì comunque a identificare una delle due donne: era Jaqueline. Stava consegnando un libro all'altra figura. Lo teneva aperto e le indicava una pagina, mentre con l'altra mano gesticolava com'era solita fare quando era presa dalle sue spiegazioni. Belle non riusciva a intravedere con chiarezza i loro visi, ma poteva intuire che l'altra donna fosse molto più vecchia di Jaqueline: i suoi capelli un po' ingrigiti e il suo fisico maturo non lasciavano molti dubbi in proposito. Per alcuni minuti le due donne continuarono a conversare, mentre Belle teneva gli occhi puntati su di loro. A un certo punto, però, Jaqueline chiuse il libro con la delicatezza che le era propria, lo strinse per un istante tra le braccia e poi lo consegnò alla signora, che se lo mise sotto il braccio senza troppa cura. In quel breve lasso di tempo, Belle riuscì a intravedere grazie al gesto di Jaqueline la copertina: non era un libro, era il quaderno su cui la sua amata insegnante appuntava ogni lezione. Conteneva i programmi di tutto l'anno seguiti nelle sue classi, i voti, i compiti assegnati, tutto... Il cuore di Belle prese a battere sempre più in fretta, mentre osservava la sconosciuta dai capelli grigi voltarsi e prendere a salire la scalinata d'ingresso. Jaqueline rimase qualche istante lì, ferma, le braccia intrecciate e le spalle curve, gli occhi fissi su quella figura che si allontanava in silenzio con il suo quaderno sotto il braccio, senza nemmeno rivolgerle un cenno di saluto. Poi abbassò lo sguardo, raccolse alcune borse che erano posate accanto a lei, sul marciapiede, e prese a incamminarsi, continuando a guardare con la coda dell'occhio l'ingresso dell'istituto.

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