✨ 35. Cupa aridità e fulgida illusione

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Isabelle seguì i passi rapidi e austeri di Mr Darcy lungo la scalinata, un gradino alla volta, sotto il peso dei suoi sentimenti feriti. Faticava a reggere il ritmo concitato del suo cammino, specialmente tra la folla che la circondava e che le toglieva il respiro, ma teneva lo sguardo basso, scaricando nei movimenti rapidi delle sue gambe la tensione e il nervosismo che provava. Superarono senza fermarsi alcuni piani, liberandosi così di diversi gruppi di persone, che si erano fermati ai primi palchi. Belle trasse un sospiro di sollievo, ma non ebbe il tempo per soffermarsi su quella sensazione: Mr Darcy continuava ad avanzare, senza voltarsi, senza rallentare, e lei non voleva di certo restare indietro. Convogliò tutte le sue energie represse in quella che sembrava ai suoi occhi una gara di velocità. Crescendo non aveva di certo allenato le sue già carenti abilità di resistenza e fiato, ma non voleva darsi per vinta: aveva rifiutato il suo braccio, e andava orgogliosa della sua testardaggine. Non avrebbe mai mostrato un solo segno di cedimento, nemmeno con quel corpetto che le costringeva il petto impedendole di respirare a pieni polmoni, né con quel lungo vestito a fasciarla e a rallentare i suoi movimenti.

Finalmente, la scalinata giunse alla sua fine e Belle si fermò un istante a riprendere fiato, priva ormai di ogni energia. Humbertus, invece, per nulla toccato da quello sforzo fisico, che forse per lui sforzo non era affatto, proseguì senza esitare, addentrandosi lungo il corridoio, lasciando indietro Belle e le ultime persone che li circondavano. Isabelle lo vide scomparire dietro l'angolo e prese di nuovo a seguirlo, non concependo neppure la possibilità di una sconfitta. Non aveva un guinzaglio, ma si sentiva comunque trattata come un cagnolino, e non poteva sopportarlo. Mentre vedeva riapparire in lontananza la sua figura indisponente, l'irritazione cresceva dentro il suo animo indomito, a quella vista che le dava ai nervi per la sua compostezza. Poi, a un tratto, così com'era apparso, Darcy scomparve nuovamente, tra le tende dell'ultimo palco laterale. Belle lo raggiunse: una maschera di indifferenza a distendergli i lineamenti, la attendeva in piedi accanto a una sedia ricoperta di un morbido manto di velluto rosso, scostata per lasciarla passare.
"Oh, eccovi qui. Temevo di dover tornare sui miei passi per cercarvi... Ma forse devo ricredermi."
Il gesto di cavalleria con cui le aveva scostato la sedia si rivelò del tutto irrisorio, accompagnato da quelle parole che sapevano di soddisfazione e compiacenza. In tutta risposta, Belle gli rivolse uno sguardo gelido, passandogli davanti senza scomporsi, cercando di nascondere il fiato corto dato dalla folle arrampicata in cui lo aveva seguito. Non poteva credere di essersi abbassata a tanto... Una gara di resistenza? Non era affatto da lei, che aveva da sempre in odio qualsiasi competizione sportiva.

Si lasciò cadere sulla sedia, senza grazia, togliendosi la corazza di cui si era rivestita e lasciandola scivolare via, delusa da se stessa. La testa pareva scoppiarle per il poco ossigeno di cui i suoi polmoni potevamo riempirsi, costretti in quella morsa, il cuore sembrava premere contro il corsetto senza più resistenza. Chiuse gli occhi un istante, cercando di ritrovare la calma di cui aveva bisogno.
"State bene, signorina Bennet?"
Quella voce, stavolta bassa, quasi sussurrata, la riscosse, di nuovo. Aprì gli occhi, gettando il suo sguardo stralunato su di lui. La affiancava, seduto sulla sedia accanto alla sua, guardandola con una strana espressione, che mai avrebbe immaginato sul suo viso marmoreo: paura, rimorso? Non avrebbe saputo dare un nome a quel volto dalla mandibola tesa, dalle sopracciglia ora inarcate verso l'alto, dagli occhi sgranati e dalla fronte tracciata dai segni dell'apprensione. Per la prima volta, quel viso di ghiaccio sembrava sciogliersi, piegato da un'emozione autentica e prorompente. Belle non sapeva reggere quella vista inaspettata, non voleva smettere di combattere, non ammetteva una resa, da nessuna delle due parti. L'aveva lasciata indietro, soddisfatto nel vederla affannarsi per raggiungerlo. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla sconfitta.

Distolse gli occhi da quelle iridi che calamitavano le sue, irritandola e ipnotizzandola al tempo stesso, e allungò lo sguardo dinnanzi a sé: da quella prospettiva, il lampadario che troneggiava nella sala, sospeso nella sua apparente leggerezza, si mostrava in tutta la sua imponente bellezza. Era immenso, pieno di cristalli dalle mille sfaccettature, su cui la luce creava giochi di colore senza eguali. Quei bagliori luminosi si riflettevano sulla superficie di quelle piccole gocce di vetro, tingendosi di sfumature sempre nuove. Il soffitto affrescato, a sua volta, le rifletteva e diffondeva in tutta la sala, riempiendo gli occhi di Belle di meraviglia.

How to love a BeastWhere stories live. Discover now