✨11. Inversamente proporzionale

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Il diario ricevuto in dono da Jane e Gilbert divenne ben presto un fedele compagno per la piccola Belle, che sfogava su di esso le emozioni a lungo celate nel suo cuore, giorno dopo giorno e settimana dopo settimana.
Tra desideri inespressi e fantasie irrealizzate, il tempo scorreva inarrestabile, senza che nulla in apparenza cambiasse. Sotto la superficie, però, prendeva vita un animo anticonformista, indomito. Ogni dialogo con gli autori del passato, ogni insegnamento della saggia Jaqueline e ogni chiacchierata con il vecchio Maurice accrescevano in Belle la consapevolezza dell'insensatezza del mondo che la circondava. Il desiderio di essere indipendente si faceva sempre più forte: agognava la libertà da quelle catene che si facevano più strette di giorno in giorno. A volte il senso di oppressione che provava era così forte da spingerla a rifugiarsi nella sua stanza, in solitudine; in quei momenti il flusso di pensieri che riempiva la sua mente prendeva il volo, trascinandola con sé. Era un bisogno irrefrenabile quello di trasformare le sue emozioni in parole d'inchiostro: prendeva tra le mani un pennino e seguiva il cuore, ovunque la portasse. Il diario era il suo confidente, il custode di ogni sua emozione, il suo biglietto per il mondo dei sogni.

Anche quella sera, mentre Jane era andata insieme a Gilbert a passeggiare nei dintorni, Belle si era seduta sul comò, davanti alla finestra, con il suo diario tra le mani, in cerca di un po' di sollievo. Aveva appena sfiorato la carta con le dita, percorrendo le righe d'inchiostro tracciate i giorni precedenti, e ritrovato una pagina ancora bianca. Stava riflettendo sugli avvenimenti delle ultime settimane, quando d'un tratto il silenzio e la quiete che aveva cercato con tutta sé stessa furono interrotti inesorabilmente dalle altre compagne che erano entrate nella stanza, in preda ai loro schiamazzi. Una di loro si era procurata i poster di alcuni giovani Dominers e li mostrava alle altre, che cercavano di rubarglieli dalle mani, attratte dal loro fascino. Belle alzò lo sguardo su quel gruppo di adolescenti allo sbaraglio che si contendevano i loro idoli di carta. Chiuse il suo diario di scatto, innervosita dalla follia che la circondava. Strinse le dita attorno al cuoio rosso che lo ricopriva, cercando di convogliare tutta la sua rabbia repressa in quel gesto. Si alzò sprezzante e scivolò via dalla stanza, senza dire una parola. Era inutile tentare di far ragionare quelle ragazzine in preda agli ormoni, aizzate dai continui discorsi degli insegnanti in merito all'importanza di conquistare un insulso principino e compiere la scalata sociale con un buon matrimonio.

Scese le scale portando con sé una lanterna, mentre dietro di lei risuonava ancora la voce delle compagne che decantavano la prestanza fisica di quei vanesi senza cervello, e si diresse verso le aule di scuola, che alla sera erano vuote, fredde e buie, ma comunque migliori di una stanza condivisa con quelle galline. Trovato il suo banco, Belle si sedette e tirò un sospiro di sollievo, ascoltando finalmente il silenzio che la circondava, il suono più accogliente al mondo. Aprì nuovamente il suo diario, mentre le risate delle compagne vorticavano ancora nella sua mente. I volti dei Dominers rappresentati sui poster prendevano forma dinnanzi a lei, mentre i loro lineamenti perfetti si sovrapponevano, tra sorrisi falsi, sguardi ammalianti e chiome lucenti... Prese in mano il pennino e lo immerse nell'inchiostro, nero come la sua rabbia, pronta a riversare i suoi pensieri su quelle pagine, le uniche in grado di capirla davvero.
"Bellezza, fama e ricchezza sono inversamente proporzionali a intelligenza, sincerità e profondità. O, in una versione a prova di stupido, l'altezza del ciuffo è inversamente proporzionale alla quantità di neuroni sottostanti: forse il suo unico scopo è nascondere un cervello sostanzialmente vuoto."
Si fermò un istante, un sorriso compiaciuto in volto, contemplando quelle parole che aveva scritto di getto, orgogliosa di aver messo finalmente nero su bianco quella verità. Aveva ancora così tanto da dire...
"Adolescenza: un insulso e confuso periodo in cui la demenzialità prende il sopravvento; è un pendolo che oscilla tra stupidità e insensatezza. Rinnego la mia età e mi alieno totalmente dal mondo che mi circonda: ai miei occhi quel ciuffo e quel sorriso non hanno alcun fascino."
Quanto avrebbe voluto gridare quelle parole, specialmente al precettore di "Galateo e buone maniere", che trascorreva con loro un numero di ore sempre maggiore, e che cercava ogni giorno di instillare nelle studentesse i tre valori fondamentali di quella società che Isabelle non riusciva proprio a capire. Si fermò a riflettere sulla cantilena che aveva ripetuto anche quel giorno: il mondo era basato proprio su fama, ricchezza e bellezza, e quest'ultimo valore era il più importante. Era infatti l'unico a essere innato, l'unico che un'orfana come lei poteva possedere, e poteva diventare la chiave per raggiungere gli altri due, per arrampicarsi ai vertici della scala sociale.

Nel punto più alto di quell'assurda piramide vi erano sempre loro, i Dominers: insulsi, stupidi, ricchi, di nobili origini, ereditieri, senza scrupoli né cuore, ma forse abbastanza ingenui da potersi innamorare di una semplice serva. Questa era l'unica speranza delle giovani nate in povertà, che venivano educate all'istituto per un solo obiettivo: servire i Dominers. Dal loro ventunesimo compleanno sarebbero state condannate a divenirne le serve per un lungo periodo, o addirittura per la vita: avrebbero dovuto lavorare, vivere per loro, per ripagare la stessa società che in quegli anni aveva pagato la loro educazione. Se, però, una di loro fosse riuscita a incatenare con lo sguardo il cuore di un nobile, egli avrebbe potuto riscattarla dal suo destino crudele, pagando il prezzo della sua libertà e scegliendo di sposarla, liberandola così da una vita da serva.

Erano queste la vera uguaglianza, la libertà e la giustizia tanto decantate? Belle scosse la testa, amareggiata: ovviamente il precettore sorvolava sul destino che probabilmente attendeva la maggior parte di loro e si concentrava invece sui molti vantaggi che la scalata sociale offriva. Ricordava a ogni ragazza quale potenziale vi fosse nella sua gioventù: ognuna di loro aveva le stesse possibilità di una nobildonna; avrebbe avuto le stesse prospettive, se solo fosse riuscita a conquistare il cuore di un ricco. Ambizione, egoismo, competizione: questo era ciò che veniva instillato nelle loro giovani menti, in una propaganda che faceva credere loro di essere al centro dell'universo, quando in realtà ne erano ai margini più reconditi.

Belle rifletteva sulla drammaticità della propria situazione: non solo doveva subire le continue ramanzine del precettore, ma era anche oggetto particolare delle sue attenzioni, perché purtroppo la natura l'aveva dotata di un fascino fuori dal comune. Di conseguenza quasi tutte le ragazze covavano un'intensa e radicata invidia verso di lei, e verso Jane, con i suoi riccioli dorati e gli occhi del colore del cielo. Spesso gli insegnanti ricordavano loro quali grandi speranze fossero riposte nel fascino innato di quei due fiori pronti a sbocciare, l'uno dai colori scuri, mediterranei, l'altro dalle tinte nordiche. La loro bellezza, a detta di molti, superava quella di tutte le altre giovani; erano ancora due dodicenni, e quindi c'era tempo per vederle sbocciare e diventare sempre più affascinanti. Fin da subito, però, bisognava plasmarle, instillare in loro il desiderio di fama e potere, perché quelle "teste bacate" sembravano non considerare minimamente le possibilità che la loro bellezza offriva loro. Una era dedita solo ai suoi libri, piena di strane idee e dallo spirito ribelle. L'altra era invece immersa in una fiaba, sempre in compagnia di un ragazzino povero e senza nome. Nessuno riusciva a capirle, ma erano unite contro quel mondo privo di lucidità.

L'insofferenza di Belle, in particolare, era sempre più evidente: non sopportava la stupidità e la superficialità che la circondavano. Le ragazze non facevano che parlare di ragazzi, trucchi e vestiti... Se l'istituto le era parso una prigione in passato, adesso era diventato insostenibile per lei vivere tra quelle mura. Immerse il pennino ancora una volta nell'inchiostro, in preda ai suoi sentimenti feriti.
"Questo mondo non può costringermi a smettere di sognare, un giorno tutto questo sarà solo un lontano ricordo. La mia vita cambierà, ne sono certa. Voglio vivere di avventure. Nessuno può comprendermi, ma niente potrà fermarmi."

How to love a BeastWhere stories live. Discover now