✨22. L'abbraccio della natura

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Belle, ancora stretta tra le braccia di Jaqueline, si lasciò andare alla sua stretta materna. Chiuse gli occhi e inspirò il suo profumo, sentendo ogni peso scivolare via dalle spalle. Ricominciò a respirare, mentre sentiva la rabbia di poco prima lasciare il posto a una profonda e amara nostalgia. Aveva a stento la forza di reggersi in piedi sulle gambe tremanti, ma adesso una pace mai provata prima si faceva strada nel suo cuore amareggiato. Percepiva distintamente le dita affusolate della sua insegnante che la cullavano nel loro abbraccio, accarezzandole la pelle e scacciando via ogni scintilla dell'irritazione che l'aveva infiammata.

Lentamente, ritrovò il controllo e si fece forza per staccarsi da quell'intreccio, per prendere le distanze da quel corpo a cui si era avvinghiata con tutta se stessa, per lasciare un minimo di spazio tra il suo viso e quello di Jaqueline. Ormai era alta quasi quanto lei, e poteva scrutare i suoi occhi scuri con intensità, riuscendo a cogliere ogni emozione celata nel suo sguardo profondo. Si soffermò a osservare quella piccola ruga di espressione che le induriva la fronte, come sempre accadeva quando era preoccupata. Sfiorò con gli occhi le sue sopracciglia, increspate come le onde del mare, e posò lo sguardo sulle sue guance, dove scintillavano le stesse lacrime che avevano rigato anche il suo viso, posate ora sulla sua pelle come gocce di rugiada.

Quando intrecciò lo sguardo di Belle, la sua insegnante si portò una mano al volto, cercando di cancellare ogni traccia di quelle emozioni che non era riuscita a nascondere. Isabelle prese quelle dita fra le sue e le sorrise, poi la abbracciò a sua volta, cercando di convogliare in quella stretta tutto l'affetto di cui era capace. In quel gesto disperato convogliò tutte le energie che le erano rimaste, mentre osservava le borse di cui Jaqueline era carica scivolare giù dai suoi avambracci e adagiarsi sul selciato. Avvertì il corpo della sua maestra farsi più leggero, mentre le sue spalle sottili si abbassavano fino a liberarsi finalmente di ogni peso.

Rimasero così, nuovamente intrecciate, in un silenzio più eloquente di mille parole, fino a che non fu Jaqueline, questa volta, a sollevare il viso dalle spalle di Belle, osservandola con tutto l'orgoglio e la gratitudine di cui era capace. Isabelle si asciugò le guance rigate di lacrime e si soffermò sulle labbra sottili della donna che aveva di fronte, sugli occhiali che erano scivolati sulla punta del suo naso all'insù. Quel viso, ora così adombrato, le aveva donato così tanta gioia. Era stato custode di così tanti sguardi complici, di così tanti sorrisi autentici, di quelli che contagiano con la loro inesauribile allegria. Belle si morse le labbra vermiglie, affondò i denti in quel morbido cuscino, teso tra i sospiri, piegato dalla sofferenza. Strinse gli occhi, inseguendo i ricordi che aveva custodito nel cuore in tutti quegli anni. Cercò di ritrovare la voce, sepolta in qualche recondita parte della sua anima in subbuglio, ma si accorse di non averne bisogno: l'abbraccio in cui erano strette era più eloquente di mille parole. Non riusciva a rompere il silenzio che le circondava, non voleva farlo: si sentiva in una bolla sottile, lontana dalla realtà. Si era rifugiata lì, al di fuori del tempo e dello spazio. In quella stretta, lei e Jaqueline erano riuscite a estraniarsi dal mondo, a rubare al tempo un solo istante, immenso, fatto di ricordi ed emozioni, sensazioni e fantasie. Si erano alienate da tutto, erano volate in alto, sulla scia dei loro sogni infranti.

A un tratto, Belle sentì la sua mano avvolta da una calda stretta, mentre le dita sottili di Jaqueline si facevano strada tra le sue, chiuse a pugno, sciogliendo la sua fredda armatura e conducendola con sé nello stesso silenzio che eclissava ogni cosa. Si lasciò condurre, mentre la sua maestra di vita la prendeva sottobraccio e intrecciava i passi ai suoi. Cominciarono a camminare, avvolte dal silenzio, riprendendo fiato, asciugandosi le lacrime, e ritornando a respirare. Gli occhi verso il cielo, continuarono a vagare per la città, seguendo il flusso delle nuvole solitarie, che non sapevano fermarsi. Accompagnarono il soffio del vento, lasciandosi trasportare dalla brezza dei loro ricordi condivisi. Belle ripensava alle tante volte in cui Jaqueline l'aveva trascinata oltre ogni immaginazione con le sue parole sognanti: ora stava ricreando la stessa magia, ma con un suo silenzio. Un silenzio lungo, inesauribile, ma traboccante di sentimenti. La sua stretta era una certezza, superava ogni paura, sapeva di casa. Era forte come mai prima, e non si sarebbe mai sciolta.

Ben presto raggiunsero la porta Nord della città, il portale che Belle aveva attraversato così tante volte per andare alla ricerca di Maurice, nel Middle district. Questa volta, però, Isabelle fu trascinata dalla stretta di Jaqueline nella direzione opposta. Seguendo le sue orme, confusa ma piacevolmente stupita, si lasciò alle spalle le mura della città, sempre più lontane. Senza neanche accorgersene, si ritrovò in poco tempo oltre quei confini a cui era sempre stata assoggettata. Dietro la scia dei passi di Jaqueline, Belle si addentrò nella campagna che circondava la città, dirigendosi senza rendersene conto verso una collina poco distante.

Le mani tese verso la sua insegnante e gli occhi sgranati che tentavano di afferrare ogni dettaglio di quel paesaggio in continuo divenire, Isabelle soffermò lo sguardo sui prati fioriti che la avvolgevano nel loro morbido tappeto. Lo allungò fino a sfiorare l'orizzonte lontano, perdendosi là dove l'azzurro del cielo si fondeva con lo smeraldo delle colline. In quel quadro in cui l'uomo non aveva saputo dominare ogni cosa, la natura si sentiva ancora libera da ogni catena, e diffondeva attorno a sé la sua magia. Belle la percepiva chiaramente: nella brezza che le accarezzava i capelli, districando i suoi pensieri, nel profumo dei fiori che si fondeva al suo respiro, nel cinguettio degli uccelli che si nascondevano tra le fronde degli alberi. Era un incantesimo, che la trasformava dall'interno, in una vera e propria metamorfosi: le sembrava di liberarsi della sua corazza e di fondersi come per magia a ogni filo d'erba, a ogni petalo delicato, a ogni atomo di quel vapore sottile che fluttuava nell'aria, prendendo la forma di una nuvola solitaria.

D'un tratto, la calda voce di Jaqueline si fuse a quei suoni incantati, riscuotendola dolcemente dai suoi pensieri:
"Mi piace passeggiare su questo sentiero, quando ho bisogno di fare ordine tra i miei pensieri. Riempirmi gli occhi di meraviglia, lasciarmi trascinare dalla pace che regna indisturbata al di fuori della città..."
Le sue parole erano state più sottili di un sussurro, ma la brezza le aveva condotte alle orecchie di Belle amplificandone l'intensità. La sua insegnante si voltò verso di lei e, per la prima volta in quella giornata, prese forma sulle sue guance il suo inconfondibile sorriso, tracciato dalla poesia delle sue parole. Gli angoli delle sue labbra sottili si piegarono nelle loro dolci fossette, mentre gli occhi si aprivano nello stesso sorriso. La sua voce si fece più intensa, più calda, più vivida:
"Mi ricorda che le catene grigie che ci imprigionano si possono infrangere in un attimo: è tutta un'illusione, non credi?"

Belle si prese il tempo per assaporare quelle parole, per farle vibrare sulla punta della lingua e poi lasciare che si amplificassero nella sua mente. Inspirò, chiuse gli occhi un istante e annuì con un cenno del capo, rimanendo in silenzio. Si voltò lentamente, come per non rompere la poesia, e gettò lo sguardo sulle mura della città. Il grigio delle case, dei palazzi, delle ciminiere sembrava più piccolo da quella prospettiva, più insignificante. Erano l'azzurro del cielo e il verde dei prati, a dominare indiscussi, spennellati qua e là dal rosso dei papaveri e dal bianco delle margherite. Eppure, nonostante tutto, si sentiva ancora incatenata a quel grigiore, dominata da quelle tinte scure. La nebbia che la opprimeva riempiva ancora i suoi occhi, nonostante la distanza. Le sembrava meno soffocante, certo, ma non illusoria: quella coltre era reale, impossibile da dissolvere, e le stava portando via Jaqueline. Strinse la sua mano, quasi per accertarsi che fosse ancora lì, al suo fianco, e che non fosse scomparsa nella nebbia di quelle catene, e riportò gli occhi su di lei, incapace di frenare quella domanda che era posata sulle sue labbra ormai da tempo e che non voleva abbandonarla:
"Vi hanno costretta a lasciarci, non è così?"
Jaqueline continuò a camminare senza fermarsi, affiancata da Belle. Abbassò nuovamente lo sguardo sui suoi stivaletti, sui fili d'erba che calpestavano, troppo deboli per ribellarsi al suo peso, sottili, silenziosi, soggiogati... Sospirò, cercando la forza per rispondere:
"È più complicato di così, ma essenzialmente sì, lo hanno fatto."
Belle non poteva accontentarsi di quella risposta, non poteva accettarla.
"Non hanno alcun diritto di cacciarvi! Non possono trattarvi così ingiustamente, dopo tutto quello che avete fatto per noi!"
Jaqueline posò una mano sulla sua spalla, cercando ancora una volta di stemperare la sua rabbia e di gettare acqua sulle fiamme che divampavano nel suo animo indomito.
"Hai ragione, Isabelle: è un mondo ingiusto e crudele. Anche io sono profondamente delusa da tutti loro... Ma dovevo aspettarmelo: era solo questione di tempo."
Belle sollevò lo sguardo avvilito sugli occhi di Jaqueline, velati di delusione e amarezza.
"Come faremo senza di voi? Io come farò?"
La sua voce tremava, e non solo per la collera. Era la forza della disperazione a dare impeto a quelle parole cariche d'angoscia. Jaqueline alzò lo sguardo, svuotato di ogni speranza, allungandolo sugli alberi sempre più fitti che riempivano la collina su cui lei e Belle erano salite. D'un tratto, i suoi occhi stretti si spalancarono, ritrovando la loro luce. Allungò la mano ad afferrare le dita di Belle, sciogliendo i suoi pugni stretti, ancora una volta. Le sorrise, mentre uno sguardo complice affiorava sul suo volto:
"Voglio farti vedere un posto speciale, seguimi..."

How to love a BeastWhere stories live. Discover now