✨9. Euforia

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Quella sera Belle tornò all'istituto quando ormai il cielo si era tinto d'inchiostro, appena prima che chiudessero le porte d'ingresso. Le sembrava di volare, di sfiorare le stelle con la punta delle dita, mentre la sua mente vorticava ancora tra i racconti del vecchio Maurice. Camminava a passo svelto per le strade buie e polverose, il fiato corto e una gioia incontenibile nel cuore. Il suo viso radioso brillava di una luce quasi eterea, diffondendo un magico bagliore su ogni cosa che la circondava. Stringeva tra le mani il suo piccolo libro, con tutta l'attenzione e la cura che quel volume prezioso meritava. Osservava le poche stelle che scintillavano nel cielo nuvoloso, solitarie, mentre in lontananza brillavano dall'alto le luci dei quartieri ricchi, oltre le mura.

Raggiunse l'istituto, scivolando tra i battenti dell'ingresso, fortunatamente ancora aperti. Si incamminò per le scale, percorrendo il corrimano freddo e arrugginito. Sentiva in lontananza le voci delle altre ragazze e bambine, che raccontavano euforiche la giornata appena trascorsa. Si diresse verso la sua stanza, senza riuscire a smettere di sorridere: sentiva il cuore traboccare di una gioia mai provata prima. Quelle poche ore l'avevano trasformata: finalmente la gabbia in cui era stata rinchiusa per così tanto tempo si era dissolta. Come una farfalla, aveva preso il volo, oltre ogni confine. La sensazione di libertà che aveva provato era indescrivibile e adesso si sentiva incapace di tornare a terra: persino tra quelle pareti piene di crepe e macchie di umidità si sentiva in paradiso. Anche lo squallido istituto le sembrava il castello di una fiaba. Aveva trovato nella libreria delle rose un immenso spiraglio di luce, capace di rendere anche quel mondo così grigio pieno di colori. Ricordò la lezione di scienze in cui avevano osservato la luce attraverso un prisma: l'arcobaleno che si era creato sulle pareti buie della classe era lo stesso che adesso vedeva scorrere davanti ai suoi occhi, ovunque posasse lo sguardo.

Sospirò, svuotando i polmoni dell'aria che li riempiva, e cercando di tornare a terra. Si appoggiò con la schiena alla porta della camera, socchiudendola e poi roteando su se stessa per entrare, mentre l'euforia non voleva abbandonare il suo volto. Ed ecco che nel suo campo visivo entrò un'ulteriore fonte di luce: Jane era proprio lì, pronta ad accoglierla con i suoi occhi sognanti e un sorriso splendente quanto il suo. Stava riponendo i vestiti della giornata in un cassetto sotto il letto, ma non appena la vide sollevò lo sguardo gioioso verso di lei, la camicia da notte tra le mani.
"Oh, Belle! Finalmente sei arrivata, ho così tante cose da raccontarti!"
Infilò la testa nella camicia e le corse incontro, facendo scivolare le braccia nelle maniche e stringendo l'amica in un abbraccio smanioso.
"Anche io, Jane, non immagini quante!"
La allontanò di un passo, mantenendo le mani appoggiate sulle sue spalle, e abbassò lo sguardo preoccupato sui piedi dell'amica, ricordandosi d'un tratto delle condizioni in cui l'aveva lasciata quella mattina.
"Ehi, fermati un attimo! Che mi dici della tua caviglia? Me n'ero quasi dimenticata... Ti fa ancora male?"
Le rivolse un'occhiata timorosa, ma il volto sereno di Jane la rassicurò immediatamente.
La bimba riccioluta, infatti, scoppiò in una risata contagiosa e saltellò prima su un piede e poi sull'altro:
"Oh, non ricordo nemmeno più qual era... Ma credo le sarò per sempre grata: se non fosse stato per lei non avrei mai conosciuto Gilbert!"
Nascondendosi il viso tra le mani, chinò la testa, imbarazzata, mentre i riccioli e le dita sottili coprivano a stento il rossore del suo volto. Poi scoppiò di nuovo in un risolino sommesso, sollevò lo sguardo e prese le mani di Belle tra le sue, trascinandola in una giravolta per la stanza.
"Jane, aspetta! Fammi prima posare il mio piccolo principe!"
La bimba dai riccioli dorati si fermò di colpo e la guardò con aria perplessa, mentre Belle, dopo aver lasciato scivolare le sue mani, si avvicinava al letto, saliva la scala di legno e appoggiava sulla trapunta il suo libro, non senza aver prima appiattito la superficie della coperta, perché potesse avvolgere quel prezioso tesoro con la premura che meritava.
"È la favola che mi ha prestato Maurice, il libraio... Sono stata con lui fino a sera, mi ha anche offerto il pranzo! Poi mi sono fermata a prendere una baguette per cena e sono corsa qui: rischiavo di arrivare dopo la chiusura delle porte!"
In un balzo scese le scale e prese nuovamente le mani di Jane tra le sue, conducendola sul piccolo comò davanti alla finestra e sedendosi al suo fianco. Si sistemò una ciocca ribelle dietro l'orecchia e posò gli occhi ammiccanti sulle guance arrossate dell'amica.
"Allora, cosa mi dici di questo misterioso ragazzo, che ti è letteralmente piombato addosso?"
Le rivolse uno sguardo malizioso, mentre Jane rigirava un ricciolo tra le dita nervose, perdendosi tra i ricordi della giornata. Prese fiato, e poi diede sfogo a un fiume di parole senza fine:
"È curioso, sai? Vive all'istituto maschile da ormai sei anni, eppure non lo abbiamo mai incontrato! Beh, non che io ricordi... E sarebbe stato difficile dimenticarlo... Anzi, impossibile!"
Si fermò un istante, quasi per imprimere con quel silenzio ancor più forza nella sua asserzione, poi riprese con la stessa foga:
"È così educato, così divertente! Ha due anni in più di noi: ne ha compiuti tredici il mese scorso. Secondo me sembra anche più grande, non credi?"
Si alzò, misurando con le dita il divario che la separava dall'altezza del ragazzo.
"Se ben ricordo era più alto di me di una spanna, o forse di più... Non è vero?"
Belle sollevò un sopracciglio, esprimendo il suo disappunto: l'aspetto fisico era da sempre l'ultimo dei suoi interessi.
"E se anche fosse? Ti sembra così importante?"
Jane sollevò le spalle, esprimendo una finta noncuranza.
"No, hai ragione... Dicevo solo che è alto per la sua età."
Si sedette nuovamente e distese con le dita le pieghe della camicia, stirandola con le mani e cercando di fare ordine tra i suoi pensieri, altrettanto increspati.
"Continuiamo con le cose importanti... La sua famiglia, ad esempio. I suoi genitori abitano nel nostro distretto, vicino alla porta Est. Ha quattro fratelli e una sorellina, è il maggiore. I tre figli più grandi vivono all'istituto maschile, gli altri sono ancora piccoli e vivono in famiglia."
Si lasciò andare per un attimo al suo vecchio sogno: quanto doveva essere bello avere una vera famiglia... Sospirò e poi riprese il suo racconto, mentre Belle la ascoltava con curiosità crescente; a poco a poco la diffidenza lasciava il posto a una nuova consapevolezza, che la rendeva felice e invidiosa al tempo stesso: quel ragazzino aveva fatto breccia nel cuore della sua amica. Jane era fin troppo buona e aveva sempre una buona opinione degli altri, ma non era mai stata così infervorata riguardo a nessuno. Quel Gilbert doveva avere qualcosa di speciale, le aveva fatto una sorta di incantesimo: non riusciva a smettere di sorridere.

Dopo essersi sorbita una lunga descrizione della famiglia di Gilbert, della sua adorabile sorellina, dei suoi fratelli e della loro nostalgia per la casa, dell'istituto maschile e dei suoi insegnanti, Belle rivolse all'amica la domanda che aveva trattenuto per tutto quel tempo sulla punta della lingua:
"Jane, vuoi spiegarmi cos'ha di così affascinante?"
Il viso della bimba riccioluta di fece nuovamente rosso, mentre si mordeva il labbro inferiore e scuoteva la testa con convinzione.
"Ma no, non mi piace nel senso che intendi tu! È un ragazzo premuroso e solare, mi fa ridere... Tutto qui!"
I suoi occhi luminosi, immersi nei ricordi, esprimevano emozioni a cui non sapeva dare voce: non aveva mai provato quella strana euforia prima di allora. Belle la osservava con curiosità, senza riuscire a comprendere appieno i suoi sentimenti, ma con la certezza che la sua amica si fosse presa una cotta non indifferente per quel ragazzo riccioluto.

Nel frattempo, Jane aveva ripreso il suo racconto, passando oltre e sorvolando sulla domanda di Belle.
"Comunque, come ti stavo dicendo, non appena mi sono ripresa mi ha portato a vedere le bancarelle dell'antiquariato, quelle vicine alla porta Est. Mi ha fatto conoscere i suoi fratellini, che erano con i genitori in uno degli stand. Sono buffissimi, e così affettuosi! Hanno voluto regalarmi una spilla a forma di farfalla, guarda..."
Si alzò e si inginocchiò davanti al letto, tirando fuori dal cassetto un piccolo gioiello un po' arrugginito, ma in cui si poteva ritrovare ancora l'antico splendore, con un po' di fantasia. Lo mise tra le mani di Belle, orgogliosa.
"È bellissima, Jane! E chissà che storia nasconde! Magari era di una nobildonna..."
La ammirarono insieme, accarezzandone le ali sottili e immaginando i fruscianti vestiti su cui si erano posate. Poi, però, un vociare proveniente dalle scale fece loro sollevare lo sguardo: stavano arrivando le altre ragazze, dovevano aver finito in bagno. Jane nascose subito la spilla, mentre Belle si toglieva la giacca e preparava le cose da portare alla toilette.
"Mi accompagni?"
Jane afferrò la manina tesa verso di sé e annuì decisa, seguendo l'amica e scivolando fuori dalla stanza un attimo prima che arrivassero le altre bambine. Le rivolse uno sguardo complice, gli occhi azzurri stretti in una smorfia beffarda:
"E me lo chiedi? Non posso certo andare a dormire senza sapere tutti i dettagli del misterioso libraio! Io ho parlato anche troppo, ora tocca a te..."

How to love a BeastWhere stories live. Discover now