✨41. Cinica sognatrice

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Destabilizzata. Era questa l'unica parola che Belle avrebbe saputo usare per descrivere come si sentiva. Non aveva mai fatto fatica a esprimere i suoi sentimenti, eppure, adesso, non riusciva nemmeno a comprenderli appieno. Era spaesata, completamente in balia degli eventi che l'avevano travolta. E c'erano due sole parole, a risuonare di continuo nella sua mente, senza una ragione, senza tregua: "Vi ringrazio".

Come aveva potuto dare voce a un simile pensiero? Per quale assurda ragione le sue labbra avevano pronunciato quell'immotivata espressione di gratitudine? Gratitudine per cosa, poi? Per aver visto umiliato persino l'ultimo frammento della sua dignità? Per i continui rimproveri di quel damerino privo di filtri e buonsenso? O per quella serata che era stata la più insostenibile della sua intera vita?

Girò con foga la testa sul cuscino, le spalle nascoste sotto le lenzuola che seguivano a ruota quel movimento concitato. Non poteva accettare che il suo orgoglio fosse stato ferito da qualcuno di così insensibile e arido. Perché il suo giudizio le pesava così tanto? Perché non riusciva a concentrarsi sulla gentilezza di Mr Wickham, sulle sue parole comprensive e carezzevoli? Solo gli schiaffi di Darcy avevano lasciato un'impronta sul suo cuore?

I suoi pensieri erano un turbine inarrestabile e, come per riflesso, neanche il suo corpo riusciva a fermarsi. Aveva provato in tutti i modi ad addormentarsi, ma i suoi occhi non volevano saperne di chiudersi, la sua mente non poteva smettere di vorticare. Non riusciva nemmeno a trovare una posizione comoda: non si dava pace. Si sentiva costantemente fuori posto, infastidita dalle coperte che le avvolgevano le gambe, dal contatto con la federa troppo ruvida, da quel buio che la opprimeva, togliendole il respiro. Non sopportava la quiete che regnava nella stanza, così dissimile rispetto alla tempesta che imperversava nel profondo del suo animo.

Una lacrima solcò la sua guancia, tracciando lentamente la scia del suo tormento. L'aveva trattenuta a lungo, quella bufera in procinto di esplodere, di trascinarla lontano. Prima davanti a Claire, con il suo turbine di domande a cui aveva risposto solo con il silenzio, ingoiando le tante, tantissime parole con cui avrebbe voluto dare sfogo ai suoi sentimenti feriti. Poi, le aveva represse dinnanzi a Jane, che l'aveva travolta con la sua euforia e i suoi racconti pieni di trepidanti emozioni. Riccioli d'oro le aveva descritto la sua serata sognante con gli occhi lucidi e innamorati, infervorati dall'affetto profondo che provava per il suo marinaio preferito. Belle, a sua volta, non aveva potuto fare a meno di ascoltarla ammaliata dal suo sguardo, riflettendo il suo stesso sorriso, velato, però, di una strana malinconia: condivideva di cuore la sua gioia cristallina, eppure dentro di sé sentiva imperversare una tempesta che non aveva precedenti.

La gioia di Jane le sembrava così fugace, così apparente, rispetto alla realtà che si palesava davanti ai suoi occhi scettici. Quell'emozione effimera era destinata a estinguersi come il lucignolo fumante di una candela che aveva ormai consumato tutta la sua breve luce. Aveva condiviso a lungo con lei quei sogni, alienandosi dalla realtà. Adesso, però, non poteva più negare tutto ciò da cui si era sempre estraniata. Per quella sera non era stata la piccola Belle, l'orfana appartenente all'ultimo scalino di quella società insulsa che aveva criticato per una vita intera. Per la prima volta, era stata Miss Bennet. Aveva indossato una maschera di falsità, contro ogni suo principio, ed era diventata una pedina di quello sporco gioco. Un gioco fatto di continui scacchi matti, in cui si era sentita perennemente inadeguata, a disagio, messa alle strette dal suo stesso orgoglio. Si sentiva in colpa, nei confronti del vecchio Maurice, che le aveva insegnato a filtrare le parole degli altri, a non dare peso al loro giudizio. Si sentiva in colpa anche verso Jaqueline, che le aveva dimostrato con che forza inseguire i propri sogni.

Quei sogni, adesso, sembravano essersi infranti irreparabilmente. Prima aveva perso il suo amato libraio, poi si era allontanata anche la sua insegnante preferita. E adesso che anche Gilbert se ne sarebbe andato, cosa sarebbe successo? Persino quel trio che esisteva da sempre si sarebbe sciolto. Quella cassetta in cui sin da bambine si scambiavano la posta segreta con quel ragazzo riccioluto ora sarebbe sempre stata vuota. Vuota, come la sua stessa vita le appariva in quel momento.

How to love a BeastWhere stories live. Discover now