✨16. Uno sguardo orgoglioso

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Quella sera Belle e Jane scivolarono nel sonno non appena posarono la testa sul cuscino: la doccia fredda aveva dissipato anche le ultime energie che erano loro rimaste dopo le folli corse della giornata. L'effetto di quel gelido getto d'acqua, dopo ore intere passate all'aperto nel freddo gennaio, non fu dei migliori. Infatti, dopo il crollo della sera, anche la mattina successiva nessuna delle due sembrava essersi ripresa: erano entrambe ancora immerse nella loro catalessi.

Il sole era ormai sorto e l'istitutrice aveva già fatto capolino in tutte le stanze. Le ragazze erano vestite di tutto punto, pronte per la colazione. Le compagne di stanza di Belle e Jane, che erano rimaste perplesse notando le pile di libri accatastate accanto al loro letto a castello, cercarono allora di riscuotere Jane dal suo sonno, interrogandola con la loro impertinenza:
"Ehi, principessina... Pensi di restare a letto tutto il giorno?"
Provavano a farle il solletico, scoprendo le lenzuola e deridendola perché continuava a dormire, senza accennare alcuna risposta:
"Tu non vieni a lezione, bella addormentata?" 
Belle fu svegliata dal loro vociare e dalle risatine isteriche che si insinuarono nei suoi sogni come spilli appuntiti. Cercò di sollevarsi sulle braccia doloranti e di fulminarle con lo sguardo, dall'alto del letto a castello. Nel compiere quel movimento rapido, però, sentì subito il cerchio che le stringeva la testa, mentre le gambe pesanti non volevano spostarsi. I postumi degli sforzi del giorno precedente si facevano sentire... Riuscì ad appoggiarsi alle sponde del letto e abbassò gli occhi irritati, ancora socchiusi, sul quadretto che le si presentava d'innanzi.

Alcune compagne erano rimaste in disparte e osservavano la scena in silenzio, mentre le più crudeli continuavano a pungolare la povera Jane, ancora in dormiveglia, che mugugnava qualche lamento sommesso. Il disprezzo di Belle per quell'insolenza si riversò nelle sue parole rauche:
"Lasciatela stare, andatevene alla vostra colazione."
Nel sentire quella voce in collera, le galline sollevarono il loro sguardo vacuo sulla figura che le fissava dall'alto, con gli occhi stretti e i capelli spettinati che ricadevano sul suo viso acceso di irritazione. Una delle ragazze, le braccia sui fianchi e le trecce ramate che scivolavano sulle spalle sollevate, rivolse alle altre il suo sorriso compiaciuto, intrecciando le braccia con fare minaccioso.
"Guardatela, si è svegliata la nostra ladruncola! Di' la verità: li hai rubati tu tutti quei libri?"
Belle strinse i pugni osservando il dito accusatorio della compagna puntato verso di sé e le rivolse il suo sguardo pieno di collera e disprezzo.
"Non sono affari tuoi, Cristine. Vattene e lasciaci in pace."
La ragazza, dopo essere rimasta a fronteggiarla qualche secondo in silenzio, senza smettere di fissarla, si voltò, spostando le trecce dietro le spalle e fingendo noncuranza.
"Andiamocene, ragazze. Queste due ladruncole dormiglione se la vedranno con l'istitutrice... Non vedo l'ora di raccontarle tutto."
Belle incontrò ancora una volta il suo viso lentigginoso piegato in una smorfia sardonica e i suoi occhi di ghiaccio, le sopracciglia alzate in un'espressione provocatoria. Dovette trattenersi per non saltare giù dal letto e vendicarsi con quella spia subdola e sadica travestita da brava ragazza. Tutti la adoravano per i suoi begli occhi e per la sua falsa adulazione, per la sua figura elegante e il suo portamento sicuro. Nessuno avrebbe mai messo in dubbio le sue candide parole. Belle strinse i denti, riflettendo su quanta superficialità guidasse le persone nel formulare i loro giudizi.

Quando furono finalmente sole, si rivolse a Jane, di cui riusciva a intravedere solo i riccioli dorati abbandonati sul cuscino, che emergevano dalle coperte.
"Jane, tutto a posto? Sei sveglia?"
Non ricevendo riposta, scese le scale sulle gambe ancora deboli e stanche. Si sedette  accanto a lei sul letto e scoprì il suo viso nascosto dal lenzuolo, sfiorandolo delicatamente: gli occhi ancora chiusi e la fronte pallida bagnata di sudore, la povera Jane non sembrava affatto in forma. Allungò una mano a toccarle le guance arrossate: la sua pelle scottava. La riscosse dolcemente, cercando di svegliarla.
"Ehi, Jane. Come ti senti?"
L'amica allora socchiuse gli occhi, rivolgendoli debolmente su di lei. Si sollevò appena sul cuscino e le rispose, la voce sottile:
"Insomma... Ho un gran mal di testa. E poi c'è freddo: ho i brividi."
Belle, sollevata per aver finalmente ricevuto risposta, ma preoccupata per la salute dell'amica, si alzò e afferrò le sue coperte, tirandole verso di sé per farle scivolare giù. Le prese tra le mani e le dispose sopra quelle di Jane, rimboccandole un secondo strato attorno alle spalle, per tenerla al caldo.
"Vado a prendere un panno bagnato da metterti sulla fronte."
Mentre si dirigeva verso la toilette, cercando di ignorare il mal di testa e il dolore ai piedi e alle ginocchia, che si facevano sentire incolpandola per gli sforzi del giorno precedente, si interrogò su come aiutare la povera Jane. Era solo colpa sua se adesso l'amica si trovava in quello stato: il suo corpo fragile e delicato non avrebbe potuto sostenere tutta quella fatica, avrebbe dovuto saperlo. Si morse le labbra, irritata con se stessa per l'impresa impossibile in cui l'aveva trascinata.

How to love a BeastWhere stories live. Discover now