✨44. Gocce di rugiada

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L'ingresso del Castello Reale di Blois, ossia la sontuosa residenza della famiglia Bingley, in cui si teneva da sempre l'annuale Ballo d'inverno, era davvero imponente. Mentre si guardava attorno incredula, ammirando la maestosa facciata di quel palazzo storico, Isabelle rifletteva per la prima volta sul prestigio che caratterizzava senza dubbio "il caro Charles", come soleva definirlo Claire. Sembrava impensabile che quel gentiluomo, all'apparenza così semplice e umile, potesse essere il proprietario di tutto quello sfarzo. Solo adesso lo realizzava appieno: Mr Bingley era con tutta probabilità l'ereditiere più importante dell'intera Blois, eppure in lui non c'era traccia di orgoglio o di vanità. Che differenza rispetto al suo amico, così altezzoso e pieno di sé, pur senza alcuna ragion d'esserlo!

Belle continuava ad avanzare, nervosa e agitata, cercando di distrarsi con le sue meditazioni, che in realtà non facevano altro che infervorare il suo animo in tempesta. Jane la affiancava, stringendo la sua mano e voltandosi con sguardo nostalgico a osservare il teatro, che lasciavano alle loro spalle. Quel luogo ameno custodiva i suoi ricordi più belli, e la sua sola vista bastava a far battere il cuore di riccioli d'oro come in quella sera così lontana. Gli stati d'animo delle due amiche non potevano essere più distanti da quelli delle giovani debuttanti che le circondavano, con i volti euforici, illuminati da mille speranze e aspettative. Belle e Jane, invece, sorridevano soltanto quando i loro sguardi si incontravano. Tentavano, così, di tener fede alla loro promessa ma, sotto quella superficie, non potevano fare a meno di sentire la dissonanza dei loro animi dall'atmosfera festosa che le circondava.

Arrivarono ben presto all'ingresso del castello, le cui ampie porte a vetrata rivelavano le prestigiose sale affrescate che caratterizzavano l'interno, brulicante di giovani dame e gentiluomini agghindati a festa. Isabelle si sentiva soffocare al solo pensiero di immergersi in quella calca, ma cercava in tutti i modi di reprimere quel disagio prorompente che la faceva sentire costantemente fuori posto. Le altre debuttanti, che le circondavano, non si facevano certo gli stessi scrupoli. Euforiche e impazienti, si riversavano all'interno, in un fiume di cappellini piumati e vestiti vaporosi. Belle si soffermò su quella vista, che attraverso le porte a vetrata sembrava un immenso acquario pieno di pescecani a caccia di prede. Non sapeva dire se quelle giovani fossero le predatrici o piuttosto le vittime, in quella serata che, ai suoi occhi, appariva una vera e propria farsa all'insegna della scalata sociale. Quelle ragazze, tornando alla metafora dell'acquario, le apparivano come dei salmoni che tentavano con tutta la loro foga di risalire la corrente di un mondo che era un fiume in piena, pronto a riversarsi su di loro e a schiacciarle con la sua forza impetuosa. Quanto erano effimere le loro ingenue speranze!

Si fermò a osservare dal basso il riflesso che quelle ampie vetrate le mostravano, ora che le porte si richiudevano dinnanzi a lei. Quel vestito perlaceo, del colore simile a quello della candida neve, dava risalto al suo incarnato roseo e ai suoi capelli scuri, raccolti sul suo capo in un'acconciatura semplice ma a cui davano importanza le piccole perle che scintillavano alle luci della sera. Il cappotto copriva le sue spalle, nascondendo la scollatura dell'abito sulla sua schiena. Il pizzo le circondava le braccia, diffondendo alcuni disegni floreali sulle sue dita guantate. Si sentiva una bambola, un fantoccio avvolto in un tessuto pregiato, che la imprigionava e la incatenava a terra. Solo le piccole gocce di rugiada sul suo capo, che brillavano piene di luce in quel riflesso così buio, le ricordavano la sua unicità, la scintilla interiore che la rendeva diversa da tutte le altri giovani, piene di gioielli e sormontate dai loro cappellini piumati. La semplicità era sempre stato un elemento caratterizzante, per lei, ed era felice di indossare quel solo ornamento.

A un tratto, nel riflesso, apparve una figura alle sue spalle, che la circondò con le braccia sottili in un abbraccio entusiastico.
"Isabelle, guardati! Sei uno splendore!"
Lei si voltò, sorridendo al suono fatato di quella voce suadente. Strinse quelle dita tra le sue, felice di avere un sostegno in quella serata così difficile.
"Claire, io non voglio entrare."
L'amica le sorrise, pronta a cancellare ogni suo timore con la sua tipica leggerezza.
"Oh, non devi preoccuparti. Ci sarò io, e ci sarà anche Jane. Sei perfetta, meravigliosa."
Le si avvicinò, sussurrandole all'orecchio:
"Charles mi ha detto che dovrebbe esserci anche quel gentiluomo, non quel suo inutile e burbero amico, ma quel Mr Wikcham, quello che ti faceva gli occhi dolci."
La squadrò con occhi maliziosi:
"Su mia richiesta, è andato appositamente a invitarlo, pensa!"
Belle spalancò gli occhi, incredula:
"Claire, ma cosa vi salta in mente? Avanzare una simile richiesta al povero Mr. Bingley? E con quale giustificazione, poi?"
In risposta, Miss Gaumont sollevò le spalle, fingendo noncuranza:
"Oh, ma non c'è stata alcuna richiesta esplicita. Lui è così buono e generoso, Isabelle, non hai idea! Coglie i miei desideri ancora prima che siano sulle mie labbra."
Belle la guardò con sguardo truce:
"E come avrebbe fatto a cogliere il vostro desiderio, questa volta?"
Claire sorrise, soddisfatta:
"Quando Charles mi ha mostrato la lista degli invitati, ho visto che il nome di Wickham mancava all'appello, così ho detto una buona parola per la sua causa. Ho solo accennato alla grande stima che Jules ha per lui, interrogandomi sul perché di una tale esclusione."
Belle la fissava ancora attonita, in parte irritata, ma anche divertita dalla sua spudoratezza:
"E perché lo avreste fatto?"
Claire scosse la testa, stringendo le dita di Belle tra le sue:
"Perché anche io, a volte, so cogliere i desideri di una cara amica prima che siano sulle sue labbra."
Isabelle non riuscì a trattenere un sorriso, incapace di negare, in effetti, quel desiderio inespresso. Miss Gaumont sembrò soddisfatta di quella tacita e velata approvazione, e volse lo sguardo all'interno, piena di aspettative.
"Allora, andiamo a cercarlo? Sei pronta? Fatti guardare meglio..."
La fece roteare su se stessa, ammirandola in tutto il suo splendore. Le sistemò la ciocca ribelle, riportandola nella curata acconciatura, e poi abbassò lo sguardo sulla spilla appuntata sul suo vestito. Sollevò nuovamente gli occhi, ignorando quel distintivo fin troppo evidente.
"Sei perfetta, Belle."
Isabelle arrossì visibilmente, davanti a quell'analisi che aveva messo in luce la sua bellezza e che aveva taciuto su quella targhetta appuntata sul vestito. Tutte le debuttanti allieve dell'istituto avevano quella spilla. Era il distintivo delle giovani provenienti dal Lower discrict, che rendeva chiaro a tutti quali fossero le loro origini e, di conseguenza, le loro scarse speranze. Un altro segno dell'ipocrisia di quella farsa.

Claire si voltò di scatto, lo stupore negli occhi:
"Jane non viene?"
Belle si voltò, cercandola con lo sguardo. Riccioli d'oro si era fermata qualche passo indietro, ammirando il teatro in lontananza, dalla scalinata d'ingresso del palazzo. Isabelle le si avvicinò, notando solo allora le lettere che teneva tra le mani.
"Andate avanti, vi raggiungo tra poco."
Guardò Isabelle con gli occhi velati di nostalgia:
"Non resisto... Devo proprio aprirle."
Belle le sorrise, annuendo a quel bisogno irrefrenabile e accettando di lasciarla sola con il suo Gilbert.
"Vado con Claire, ti aspettiamo dentro."
Un ultimo sguardo le mostrò il cappotto di Jane che si adagiava sulla scalinata, mentre i suoi riccioli nascondevano quella carta che la riportava lontano. Belle sospirò, riflettendo la sua stessa malinconia, un'ultima volta, per poi farsi trascinare da Claire all'interno, lasciando che la speranza si facesse strada nel suo cinico cuore.

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