✨33. Animo in tempesta

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Isabelle non fece in tempo a realizzare quello che stava accadendo: qualche recondita parte della sua mente annebbiata udì il suono ovattato con cui il coppiere diede il segnale della partenza e, in un attimo, la diligenza iniziò ad avanzare a ritmo spedito, trascinata dai cavalli.

Per il contraccolpo, Belle fu spinta indietro e perse l'equilibrio. Il busto rigido e le braccia sospese, si ritrovò in balia di quel movimento inaspettato che la costrinse a cercare un appiglio: le mani corsero d'istinto a tastare il buio, tentando in quella penombra di recuperare l'equilibrio perduto. Senza accorgersene, si ritrovò così aggrappata a un braccio dello sconosciuto che la affiancava, le dita strette attorno alla manica della sua camicia e il respiro spezzato. Quella vicinanza, che mai avrebbe cercato razionalmente, le tolse il fiato: le sue dita affondavano in quel tessuto sottile, mentre i suoi sensi erano attratti da un profumo familiare, che si infiltrava nelle sue narici, scendeva ai polmoni e risvegliava qualcosa che da lungo era assopito nel suo cuore. Aveva dimenticato quella fragranza capace di alterare la sua percezione della realtà: era impressa nella sua memoria, indissolubilmente legata a ricordi lontani. Sentì risuonare nella mente annebbiata il suono da lungo dimenticato di una campanella che tintinnava, vide l'immagine sbiadita di una porta che si apriva, e si ritrovò come per magia a scrutare gli scaffali pieni di libri antichi che riempivano la libreria delle rose. Era quello il profumo che sentiva, ne era certa: sapeva di casa, di inchiostro, di pagine sognanti, di dolci ricordi e delle calde risate di Maurice.

Chiuse gli occhi, inspirò quella fragranza a pieni polmoni e poi li riaprì, dopo aver fatto sua quella consapevolezza. Abbassò lo sguardo, tentando nella penombra di distinguere le sagome di ciò che la circondava in quella gradazione di grigi. La camicia bianca era avvolta su quel braccio che l'aveva trascinata con sé e, poco più in basso, quella mano che aveva ottenebrato i suoi sensi era posata, ora, su un oggetto squadrato. Era quella la fonte che risvegliava i suoi ricordi: le dita dello sconosciuto si muovevano nell'ombra, accarezzando una copertina dorata, avvolgendo le pagine di un libro nel loro abbraccio, candido come neve.

A un tratto, sussultò, percependo un movimento di quel braccio, frenato dalla sua mano. Si accorse solo allora di essere ancora aggrappata alla camicia di quel gentiluomo, la schiena schiacciata contro il sedile per la velocità sostenuta a cui avanzava la carrozza e l'equilibrio ancora precario. Con la coda dell'occhio, intravide nella penombra un viso che si abbassava sulla sua spalla. L'ombra di quel profilo, immobile, tracciava i contorni di un collo teso verso di lei. Vide la mandibola abbassarsi e il pomo d'Adamo sollevarsi, nelle linee di quel volto tratteggiato, mentre una voce suadente la trascinò in un istante al mondo reale:
"Vi spiacerebbe lasciare andare il mio braccio? Da come lo state stritolando, sembra quasi vogliate staccarmelo. Vi ha fatto qualcosa di male, signorina?"
Quelle parole sardoniche, pronunciate da quella voce aspra e avvolgente al tempo stesso, risuonarono amplificate nel buio e nel silenzio della carrozza. Immediatamente, Belle lasciò la presa, piena di imbarazzo e irritazione al tempo stesso: era in collera con se stessa, per quel gesto avventato che non aveva saputo controllare, e con quello sconosciuto che fingeva di fraintendere le sue intenzioni. Ritrovò la voce, seppellita da qualche parte nei meandri del suo animo:
"Perdonatemi, signore. Non ero mai salita su una diligenza e non ero preparata a una simile velocità... Cercavo solo di ritrovare l'equilibrio."
Si ricompose rapidamente, prendendo nuovamente le distanze da quel corpo che la affiancava, di cui distingueva sempre più chiaramente le forme, mano a mano che le sue pupille si abituavano all'oscurità. Solo il viso dello sconosciuto rimaneva in ombra, offuscato da una tendina che impediva alla luce di raggiungerlo.
"Certo, capisco. Ma, vedete, non si sarebbe resa necessaria "una simile velocità", se non fosse stato per il vostro ritardo."
Isabelle si riscosse dai suoi pensieri e intrecciò le braccia, mettendosi sulle difensive, colta alla sprovvista da quel rimprovero privo di rispetto:
"Mi state dunque accusando di essere la causa della vostra lunga attesa? Desideravate una dama più puntuale, forse? Beh, mi dispiace deludervi, ma non è dipeso da me, io non sarei nemmeno voluta..."
"Non mi aspettavo di essere accompagnato."
Interruppe il suo flusso di coscienza con quelle parole lapidarie, che vibravano per l'irritazione, stuzzicando ulteriormente l'orgoglio ferito di Belle, per nulla intimidita:
"E io non mi aspettavo certo di dover accompagnare un cavaliere così amabile e accondiscendente, ma Miss Gaumont era di tutt'altro avviso, purtroppo per noi. Avrei fatto volentieri a meno della vostra mortificante compagnia e dei vostri rimproveri."
Lo sconosciuto adagiò il libro sulle gambe ed estrasse dal taschino della camicia un piccolo taccuino e un pennino. Prese a sfogliarne le pagine, cercandone una vuota.
"Miss Gaumont... Certo, dovevo immaginarlo: ha trovato una balia per il sottoscritto, per godersi la serata senza scocciatori e catalizzare l'attenzione di Charles."
Belle rimase senza fiato, incapace di credere a quell'insulto espresso con una simile libertà di parola. Tentò di difendere Claire, fingendo di non conoscere le sue reali intenzioni:
"Come vi permettete di giudicarla con un simile disprezzo? Non definirei in questi termini il suo intento: credeva solo vi avrebbe fatto piacere. Non poteva certo immaginare che la vostra ambizione fosse quella di fare il terzo incomodo."
Lo sconosciuto sollevò il volto dalle pagine su cui aveva iniziato a tracciare con il suo pennino alcune righe d'inchiostro e si voltò verso di lei.
"Cosa state insinuando?"
Belle allungò lo sguardo su quelle parole tracciate in fretta, ma non riuscì a leggere nulla: lo sballottare della carrozza le impediva di distinguere quei tratti che si muovevano di continuo.
"Voi, piuttosto, cosa stavate scrivendo?"
Di rimando, il suo burbero cavaliere chiuse di scatto il taccuino, riponendolo nel taschino frettolosamente. 
"Ho appuntato una cosa che non vi riguarda, signorina."
Quell'aria da saccente, misterioso ed egocentrico le causava un'irritazione mai provata prima. Le dava ai nervi quel suo atteggiamento da megalomane, che lo portava a pretendere sempre una risposta, come se solo le sue domande avessero il diritto di essere ascoltate. Come se non bastasse, oltre a eludere il suo quesito, perseverò nel suo mutismo, ignorandola.

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