VI ~Conigli dagli occhi rossi~

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La festa continuava allegramente e, dopo i piccoli problemi iniziali, nessuno aveva osato più avvicinarsi a me ed importunarmi

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La festa continuava allegramente e, dopo i piccoli problemi iniziali, nessuno aveva osato più avvicinarsi a me ed importunarmi. Era stato bello lasciare i problemi alle spalle per una sera e divertirmi con la mia amica, la quale si era ripromessa di venire a correre ogni pomeriggio dopo la scuola per restare in forma, ma sapevamo entrambe che solo con un miracolo sarebbe riuscita a rispettare la parola data.

Dopo aver mangiato qualcosa insieme, decidemmo di tornare a casa. La sua abitazione era più vicina della mia, quindi impiegò meno tempo per arrivare.

Rimasta ormai da sola, mi sedetti sulla panchina di legno per aspettare il pullman e mandai un messaggio a mia sorella per informala del leggero ritardo.
Sperai solo che tutto sarebbe stato calmo al mio rientro, mi sentivo costantemente in gabbia e impaurita, quelle erano due delle tante ragioni per cui molte notti non riuscivo a dormire a causa di continui e strani sogni di cui ricordavo poco; le uniche certezze erano il cuore che batteva all'impazzata e il respiro che veniva meno.

Ciò che affrontavo in questo momento non era vivere, bensì sopravvivere. Lottavo continuamente con le mie insicurezze e con la mia famiglia, l'unica al mondo che avrebbe dovuto darmi conforto e sostegno.
Giocherellai con il merletto del vestito e provai a non pensare quanto fosse stato stupido indossare qualcosa di tanto corto in una serata tanto fredda.

Melinda aveva fatto colpo sul suo boy, io nemmeno sul cagnolino della vecchia che vendeva le caramelle. Avrei dovuto indossare qualcosa di più coprente e lasciare la ciccia sotto una bella maglia.

Stufa di aspettare ancora, afferrai il cellulare per vedere l'ora e spaventata mi accorsi che erano passate le dieci e quindi era subentrato il coprifuoco. Avevo anche dimenticato che l'ultima corsa del pullman era alle nove.

Mi alzai e mi sistemo al meglio la tracolla sulla spalla, iniziando a camminare verso la mia casa.
«Oks!», sentii urlare da poco lontano.

Le gambe si immobilizzarono ghiacciate e il cuore iniziò a battere spaventato. Esisteva qualcuno al mondo che mi chiamava col mio nome?
Con il respiro mozzato mi voltai verso colui che mi aveva chiamato, vedendo -sorprendentemente- uno dei ragazzi che lo scorso giorno avevo conosciuto al negozio.

«Ti chiami Oks, giusto?», chiese il ragazzo moro, avvicinandosi lentamente.
Annuii e strinsi la tracolla a me, sperando che non volesse soldi, o qualcosa di  peggio. «Ti ho vista alla festa, vorrei sapere se da queste parti hai visto mio fratello; mi ha detto che avrebbe preso l'autobus per tornare a casa, ma non c'è.»

«Q-Quando sono arrivata non c'era nessuno. Comunque sono le dieci e gli autobus a quest'ora non passano», abbassao il viso, non riuscendo a reggere il suo sguardo.

Lui sbuffò e si guardò attorno, «va bene, grazie. Ci si vede.»

Abbozzai un sorriso e gli diedi le spalle, continuando ad avanzare verso casa. Mi sembrava strano che mi avesse rivolto la parola, in negozio era rimasto in silenzio per tutto il tempo. Inoltre ricordava ancora il mio nome, ciò significa che aveva prestato attenzione alla conversazione.

Sentimenti Contrastanti||La Storia Di WoodsvilleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora