LXXXII ~Il dolore di essere colpevoli~

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Oks

Era finita.
La mia visione si era concretizzata.
Il tempo intorno a noi scorreva veloce, ma sembravano essere passati solo pochi secondi.

«Melinda!», urlai in preda al panico, correndo da lei ed accasciandomi sul suo corpo scosso da piccoli spasmi. «Dobbiamo portarla subito in ospedale, dobbiamo... Dobbiamo fare qualcosa!», urlai con la vista ormai offuscata dalle lacrime.

Il suo corpo era stato infilzata come un kebab allo spiedo da quelle che sembravano enormi frecce. C'era sangue ovunque, troppo sangue, troppo!
Avrei voluto toglierle tutto il male che la stava affliggendo, avrei voluto staccarle quei stupidi cosi di legno a suon di morsi.
«Stella!», urlai, per risvegliarla dallo stato di trans in cui era caduta. «Aiutami!»

«O-Oks», una flebile voce mi fece voltare nuovamente verso Melinda. «Oks...», esclamò ancora.

«Melinda, resisti, adesso ti portiamo in ospedale e... E andrà tutto bene, okay? Devi solo resistere.»

«Sento male... Male ovunque», tossì mentre dalle labbra fuoriusciva un rivolo di sangue.

«Io non so cosa-»

«Oks... Ormai è tardi», a bassa voce Stella si avvicinò gattonando. «Non possiamo trasportarla in ospedale, è troppo lontano, inoltre non saprei come muoverla da qui.»

«Ti vuoi arrendere? Cazzo! Io non mi arrendo, stiamo parlando della mia migliore amica, una seconda sorella per me! Un'umana che si è ritrovata coinvolta inconsapevolmente in questo casino, non merita di morire! Non lo merita!!», urlai, urlai ed urlai, come se i miei urli potessero risolvere qualcosa.
Afferrai subito il cellulare per chiamare i soccorsi, ma non si accendeva. Lo scossi, lo colpì ed infine lo gettai a terra. «No, no, no, no!»

«Oks... Va bene», una fredda mano imbrattata di sangue afferrò la mia. «Va bene cosi... Davvero», ripeté le medesime parole.

«No che non va bene! Non doveva finire cosi! Dovevamo diplomarci insieme, andare al college, viaggiare e conoscere il mondo. Tu... Tu sei fondamentale per me, sei il mio pilastro, la mia ancora di salvezza e senza di te io non vivo!», le strinsi forte la mano.

«Sì, invece. Tu vivrai senza di me, sei forte...», mi portai la sua mano al petto mentre il naso continua a colarmi e a mischiarsi con le lacrime. «Abbi cura di Sandel eh», pensavo stesse parlando con me, invece aveva lo sguardo su Stella, la quale piangeva silenziosamente. «Oks... Non sento più tanto male... Adesso sto bene.»

«No, ti prego...»

«Che brutta questa foresta», la sentì borbottare poi. Non dovresti essere qui! Avrei tanto voluto urlare.

«Chiudi gli occhi», mi ritrovai invece a dire. «Immagina il lago... Immagina una bellissima giornata di sole, il caldo, le nostre risate, immagina una perfetta estate... La tua stagione preferita», la sua presa si rafforzò.

«La vedo... Sì, è bella. Ti voglio bene Oks.»

«Anch'io, non sai quanto.»
Furono le ultime parole, prima di lasciare la presa ed emettere l'ultimo respiro. Un pianto disperato si fece spazio nel silenzio di quella tetra foresta. Piansi per la disperazione, per il dolore, per la felicità che avesse smesso di soffrire, piansi sopratutto per i ricordi. Tutti gli anni passati insieme, tutti i momenti di risate e di pianti, tutti i pigiama party, tutte le ansie per le interrogazioni scolastiche, tutti gli abbracci e le coccole.

Quelli erano le cose che maggiormente facevano male: i ricordi. Una parte della mia anima era volta via insieme a lei, nemmeno alla morte di mio padre avevo pianto tanto. Lì soffrivo in silenzio, mi laceravo da dentro perché sapevo che all'esterno avevo lei che mi avrebbe rialzata. Ma non ci sarebbe stata più ed era tutta colpa mia.

Tra singhiozzi e lacrime riuscii ad udire un rumore. Aprendo gli occhi, vidi Stella che con lentenzza stava togliendo tutte le frecce dal suo corpo.
«N-Non possiamo lasciarla cosi», affermò con voce roca, togliendo l'ultima.

Con un magone al petto, avvolsi quel minuto corpo tra le braccia, stringendola forte al petto. Il suo sangue si impregnò nei miei vestiti, la sua pelle fredda era in contrasto con la mia, eppure in tutto ciò riuscivo ancora a riconoscere quel dolce odore di vaniglia che tanto le piaceva.

«È tutta colpa mia», sentenziò Stella, «se non fossi inciampata in quella trappola, adesso lei sarebbe viva.»

Con delicatezza appoggiai il suo corpo sul terriccio. «No, la colpa è mia, lei è venuta a cercare me.»

Scosse il viso energicamente, «n-non è vero. Avrei dovuto proteggervi, Sandel si fidava di me. Con quale coraggio gli dirò che la sua amata compagna è morta, sacrificandosi per me?! Non avrò nemmeno più il coraggio di guardarlo in faccia.»

La colpa era di entrambe. Entrambe potevamo evitare che ciò si verificasse, ma non lo avevamo fatto e a pagarne le conseguenze era stata un'innocente. Tempo fa avevo avuto una visione sulla sua morte, pensavo che il pericolo fosse ormai passato, ma quanto mi sbagliavo. Tutto era avvenuto in sequenza con la visione, l'unico elemento aggiuntivo era la presenza di Stella.

«Non posso lasciarla qui», mi sollevai sulle gambe tremanti e afferrai le sue braccia.

«Dove la vuoi portare?»

«Lontana da qui.»

«Oks... Oks, ascoltami, non puoi trascinarti un cadav.... Un corpo come se nulla fosse. Non possiamo nemmeno riportarla a casa, dato che non ne ha più una», sembrò riflettere. «Ho un'idea, qui vicino vi sono le terre sacre dei lupi, potremmo seppellirla lì, no? Non è sicuramente un degno funerale, ma penso sia meglio del lasciarla in mezzo alla natura.»

La sua idea ebbe la mia approvazione. Insieme trascinammo il corpo della mia migliore amica nelle terre sacre che per fortuna non erano state contaminate dal veleno. Il mio cervello aveva ufficialmente alzato bandiera bianca e i miei movimenti agivano per inerzia. Non ero lucida, non sapevo cosa stessi facendo né se fosse la cosa giusta, sapevo solo che una sepoltura doveva essere effettuata.

Aiutai Stella a scavare una fossa, seppur non troppo profonda e irregolare, ed insieme adagiammo il suo corpo all'interno. Non aveva neppure una bara... Mi ritrovai a pensare, i suoi familiari non sapevano ancora nulla né tanto meno il suo ragazzo. Per il momento nasconderlo quindi era l'unica soluzione, ma in seguito le avrei fatto un degno funerale con tutti i suoi familiari e conoscenti.

Una volta ricoperto di terra il tutto, entrambe ci ritrovammo sudate, sporche di terra e di sangue.
«Io... Io dovrei tornare dal branco ora, ma non so se potrò essere di aiuto in queste condizioni.»

«Non puoi abbandonarli, Stella, lo hai già fatto una volta ed ora tutti loro hanno bisogno del tuo aiuto», le afferrai la mano con decisione. Ero triste, arrabbiata e tutto ciò che bramavo era vendetta. «Giuro che ammazzerò Bilel con le mie stesse mani, lui vuole incastrare me? Ebbene, lo vedremo.»

Sentimenti Contrastanti||La Storia Di WoodsvilleWhere stories live. Discover now