LXXXIV ~Quando meno te lo aspetti~

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Gabriel

Il cinguettio degli uccelli, la quiete, il sole che illuminava il paese. Ormai erano passate sette ore dalla fine della guerra, avevamo vinto, avevamo sterminato coloro che per anni avevno ucciso i nostri simili facendoci vivere nella paura... Eppure, il branco non aveva molto da festeggiare.

Non avevamo più una casa, né una stabilità, ma soprattutto, non avevamo più la nostra Luna. La notizia dataci da Oks e Stella in merito a Melinda ci aveva colpiti come veleno, un dolore lancinante mi aveva colpito al centro del petto e per un attimo il respiro mi era venuto meno; ero sicuro che la morte sarebbe stata meno dolorosa. Per mio fratello era stato anche peggio, da quando ci avevno dato la notizia non l'avevo più visto. Avevo provato a parlargli, a restargli accanto, ma nulla era servito. Era la prima volta che vedevo Sandel in quello stato, mai nella vita mi aveva escluso dai suoi problemi o paranoie.

Ricordavo ancora il sorriso con il quale era giunto nel paese confinante, convinto che la sua amata lo stesse attendendo preoccupata, ma purtroppo ciò che aveva visto, era la sua famiglia in lacrime. Oks aveva parlato con i suoi genitori non appena eravamo giunti in paese, ovviamente aveva detto loro una bugia, poiché non avrebbe potuto dirgli la vera causa.

In quelle sette ore avevo visto solo pianti e disperazione, Melinda era ormai parte integra del branco e perderla era stato come perdere un proprio parente.
Avevo persino provato a supportare Oks, ma non mi aveva mai rivolto la parola, cosi come Stella. Mi sentivo inutile, le persone a me care stavano soffrendo ed io non avevo il potere di far nulla.

«Gabriel, ti hanno medicato?», chiese Philippe, uno dei membri del branco.

«Sì, come va il braccio?»

«Ho l'osso fratturato, me l'hanno solo fasciato.»

Annuii senza aggiungere altro, per fortuna -una volta arrivati in paese- eravamo stati subito soccorsi dai medici che ci avevano fornito le giuste cure. Per loro eravamo solo dei normali cittadini che erano sopravvissuti all'esplosione... se solo sapevano.

«Non ne sapevo nulla!», sentii alle mie spalle. Il tendone che ci ospitava era piccolo, dunque eravamo costretti a restare appiccicati l'uno all'altro.
Quando mi voltai, notai che Anisha ed Oks stavano parlando con un medico. «Sì, siamo noi Anisha e Oks Volkov», continuò lei.

Fexi giusto in tempo a raggiungerle, che sentii il medico esclamare:«dovete seguirmi.»
Mi ero però perso metà parte del discorso.

«Cos'è successo?», chiesi.

«Dobbiamo andare in ospedale, nostra madre è lì, ma non ci hanno detto molto. Andiamo Oks», afferrò la sorella per mano.

«Aspetta», la bloccai, «vengo anch'io.»

Tutti e tre seguimmo il medico che aveva convocato le due sorelle. Per fortuna l'ospedale non era molto distante dal tendone allestito per l'occasione. Ciò che maggiormente mi preoccupava era il motivo per il quale erano state convocate. Probabilmente la madre si era sentita male a causa del troppo stress ed era stata ricoverata, nelle sue condizioni non era assolutamente da escludere.

Venimmo condotti fino al terzo piano e quando lessi la scritta Ginecologia e Ostetricia, mi si gelò il sangue nelle vene. Probabilmente le due ragazze stavano pensando la mia stessa cosa, le loro espressioni non promettevano nulla di buono.

«Attendete solo un attimo», ci chiese prima di scomparire dietro ad una porta.

«Sto iniziando a preoccuparmi... Forse la mamma ha avuto un crollo, no?»

«Non era con te quando siamo state aggredite?», finalmente Oks spiccò parola e la sua voce a stento la riconoscevo, era tremendamente bassa e roca, quasi come se avesse urlato per troppo tempo ed avesse sforzato troppo le corde vocali.

Sentimenti Contrastanti||La Storia Di WoodsvilleWhere stories live. Discover now