LI ~Lo salverò~

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Oks

Passeggiavo per la stanza con ancora il libro in mano, non leggendo nemmeno una frase. Avevo in mente solo una cosa: il mio nome.
Ero sicura che la voce che avevo sentito apparteneva a qualcuno, si era intrufolata nella mia mente ed aveva colpito il bersaglio.

In tutto ciò, non avevo detto nulla a mia sorella, in quanto ero sicura che non fosse stata la mia pazzia a prendere il sopravvento. Da ciò che avevo letto, sapevo per certo quali fossero i miei poteri, ma ancora non sapevo come sfruttarli o come amplificarli.

Osservai fuori dalla finestra la neve che si depositava al suolo, il sole che illuminava le terre su cui sorgeva il paese in cui ero nata e cresciuta, facendolo risplendere. Tutto era l'opposto di ciò che avevo visto nella visione: tranquillo, luminoso. 

Ripensai ancora una volta al buio e alle catene, ripensai a mia sorella e a ciò che aveva vissuto. Improvvisamente, come un fulmine a ciel sereno, un'idea si insinuò nella mia mente e la sanzione che provai mi spinse a credere che ciò che stavo pensando era il vero.

Mi diressi velocemente verso la camera di mia sorella e, spalancando la porta, le chiesi: «ricordi più o meno il posto dove si trova il rifugio di Bilel?»

«Io... Non lo so con esattezza, ma nei pressi di una collina. Hai presente quella che si trova in cima al sentiero del ruscello dove andavo a pescare con papà?»

«Non è molto distante», riflettei, «sono sicura che Gabriel sia in pericolo, non è semplicemente scappato per ripicca o ribellione, non è più un bambino.»

Corsi letteralmente nella mia camera ed afferrai uno zaino di pelle nero, mettendoci al suo interno una torcia, fazzoletti e una bottiglia d'acqua; ero sempre solita portare le cose essenziali, anche per la più sciocche delle uscite.

«Che stai facendo Oks? Dove vai?», sbucò dall'uscio.

«Secondo te?»

«Sei completamente impazzita? Quel luogo è pericoloso e non hai nemmeno la certezza che Gabriel sia lì. Ragiona ti prego», mi afferrò un braccio mentre cercavo di sorpassarla. «Se, anche in una pericolosa ipotesi, lui fosse stato catturato, secondo te perché lo hanno fatto? Per te, potrebbero usarlo come esca per attirarti lì.»

«Bene, se mi desiderano così ardentemente ci dovrà pur essere un motivo. Sono stufa di restarmene con le mani in mano, mentre mia madre escogita chissà cosa contro di noi», mi liberai e scesi le scale velocemente.

«Oks... Oks torna qui!», sentii urlare quando ormai ero uscita fuori al negozio.

Corsi verso il bosco, sperando che mia sorella non mi seguisse, dato che avevo sentito i suoi passi dietro di me. Ero sicura di ciò che affermavo, non sapevo da dove derivasse tanta sicurezza, ma in me c'era una vocina che mi sussurrava che quella che stavo percorrendo era la via giusta.

Arrivai in prossimità del ruscello parzialmente ghiacciato e mi fermai per riprendere fiato, non ero per niente abituata a correre. Mi guardai attorno ed iniziai a saltellare sui massi per superare il ruscello, per poi prendere il sentiero che mi portava sulla collina.

Più salivo e più la neve aumentava, facendomi affondare con il piede fino alle caviglie. Con l'affanno arrivai in cima alla collina e da lì potei osservare tutto il paese.

Mi guardai attorno non sapendo che fare, le mani mi si erano congelate, così decisi di metterle nelle tasche del giubbotto e -all'unisono- un rumore alla mia destra mi fece voltare di scatto.

Mio malgrado non vidi nessuno, ma i miei occhi continuarono a perlustrare tutta la zona in cerca di un uomo -suo scagnozzo- che mi prelevasse o che mandasse un avviso al suo capo.

Sospiro frustrata e, nel momento stesso in cui stavo per voltarmi nuovamente verso il paese, davanti ai miei occhi comparvero una serie di immagini; la sensazione che provavo in quel momento era paragonabile alla fase REM del sonno.

Ciò che stavo vivendo in quel momento non erano delle semplici visioni o flashback veloci, ma veri e propri movimenti di due figure ben nitide e distinte. Sembrava quasi che stessi sognando ad occhi aperti, ma il mio cervello era ben attivo ed io ero sveglia. La mia prospettiva era dall'alto, vidi me stessa voltata verso il paese e dietro alle mie spalle -esattamente nascosti tra due alberi- due uomini che mi osservavano e si lanciavano veloci sguardi.

Chiusi gli occhi e quando li riaprii davanti a me c'era di nuovo il paese. Non capivo come fosse possibile, ma sapevo per certo che ciò che avevo appena visto, stava per realizzarsi in quel preciso istante. Mi voltai, infatti, verso i due alberi.
«Non c'è bisogno che vi nascondiate, vi vedo.»

Il primo ad uscire fu un ragazzo più o meno della mia età, mi guardava con un sorriso beffardo, seguito poi da un uomo adulto. «Visto padre? È riuscita a vederci ancora prima che noi ci nascondessimo lì, è lei.»

«Capelli rossi, lentiggini, faccia da babbea, sì, non c'è dubbio. Dimmi un po', bambolina, perché sei arrivata fin quassù?», avanzò verso di me lentamente.

«Non vi sembra maleducato offendermi e farmi domande senza nemmeno presentarvi?», incrociai le braccia al petto.

«Forse non hai capito», avanzò di un passo verso di me, avvicinandosi notevolmente. «Sei sul nostro territorio e abbiamo tutto il diritto di chiederti ciò che vogliamo, ti consiglio di risponderci senza obiettare se vuoi restare viva.»

«Non mi sembra che questo sia vostro territorio di diritto, che io sappia questo bosco appartiene a Woodsville, inoltre non penso che il vostro capo vi elogierà quando gli consegnerete la mia testa su un piatto di argento, dato che sia lui che mia madre mi vogliono viva e con loro», terminai con una sicurezza ed una sfaccettaggine mai viste.

I due si guardarono per brevi istanti, ma non ebbi nemmeno il tempo di aprire bocca, che un improvviso dolore alla testa mi fece venire le vertigini e in un secondo mi ritrovai sdraiata a terra e con la vista offuscata.

Ero ancora mezza stordita, ma riuscii a capire quando il mio corpo venne sollevato e le mie braccia strattonate a destra e a sinistra. Riuscivo a malapena a mettere un piede l'uno davanti all'altro.

Dopo pochi minuti, nei quali ero quasi totalmente incosciente, venni appoggiata ad una parete e successivamente crollai sul pavimento freddo e umido.
Passarono altri minuti, o forse solo pochi secondi, fatto sta che il mio pensiero era incentrato su Gabriel; sapevo che lui fosse vicino, sapevo di essere nel loro covo. La luce solare non giungeva fin laggiu, tutto era buio, se non fosse per le poche lampadine appese al soffitto che regalavano parzialmente luminosità al luogo.

Gabriel era stato di vitale importanza per me in quei giorni ed io volevo esserci per lui. Lo avrei salvato, anche a costo di restare lì per il resto della mia vita.

Sentimenti Contrastanti||La Storia Di WoodsvilleWhere stories live. Discover now