LII ~Io odio i lupi~

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Ancora stordita e con un mal di testa lancinante, mi affrettai a strofinare gli occhi per capire cosa fosse successo.
Mettere a fuoco il luogo in cui mi trovavo in quel momento mi costava una fatica immensa, ma non mi ci volle molto per capire chi fosse la persona accanto a me in quel momento.

«M-mamma», pronunciare quella parola mi creò un sapore aspro sulla lingua e un nodo tremendo alla gola.

«Ciao Oks», disse semplicemente, posando poi con delicatezza la sua mano  sulla mia guancia. Tale gesto mi indusse a pensare che forse un po' le ero veramente mancata. «Sono felicissima di sapere che stai bene, spero che anche tua sorella lo stia.»

«Sì lei... Lei sta bene. Mamma io... Io non capisco cosa ti stia succedendo, guarda cosa ho dovuto fare per raggiungerti, dov'è Bilel, è me che vuole giusto?»

Lei sospirò, ma non disse nulla. Si sollevò sulle ginocchia e mi porse la mano per aiutarmi a sollevare. Mi appoggiai alla parete a causa di un feroce giramento di testa e puntai lo sguardo su di lei. La osservai da capo a piedi, vedendo quanto fosse cambiata nell'arco di quelle settimane; era pallida, seria e profonde occhiaie le contornavano il viso.

Feci per dirle qualcosa ma un piccolo dettaglio mi giunse all'occhio e mi fece bloccare il respiro nei polmoni: un ventre leggermente gonfio. Scossi leggermente il viso e chiusi gli occhi per una frazione di secondi, non credendo a ciò che avevo appena visto. Quando li riaprii il gonfiore era ancora lì, in bella vista.

Lei seguì la traiettoria del mio sguardo, portando con un leggero sorriso la mano proprio su di esso. «Non penso sia possibile nasconderlo», disse con voce roca.

«Tu non... Com'è possibile? È assurdo! Con Bilel poi?», domandai alterata. Di tutto mi sarei aspettata di trovare lì sotto, tranne mia madre con un essere nel ventre.

«Com'è possibile? Penso che tu sappia come si fanno i figli», provò a buttarla sul ridere. «Avrei voluto fare una sorpresa a te e a tua sorella, avrei tanto voluto che entrambe faceste parte della nuova famiglia che sta per nascere, ma la situazione si è complicata drasticamente. Io e Bilel ci sposeremo entro questo mese e siamo felici di mettere su famiglia, ecco perché anch'io ho insistito tanto affinché tu e tua sorella foste dalla nostra parte.»

Non sapevo cosa rispondere, non ricordavo nemmeno più il motivo per il quale mi ero fatta catturare.
Lei era incinta, avrebbe avuto un figlio con Bilel e voleva che io e Anisha facessimo parte della loro famigliola. 
Il suo ragionamento non aveva nulla di peccaminoso, anzi, qualsiasi madre single o vedova avrebbe pensato ad un radioso futuro con l'uomo che amava e con le sue figlie...

Il problema -però-  era che quel bel uomo che lei tanto amava alla fine non era altri che il male, il cattivo, l'antagonista di qualsiasi romanzo si potesse leggere.
Dovevo essere furba, dovevo analizzare bene la situazione ed elaborare un modo per uscirne.
«Che ci fosse in programma un matrimonio lo sapevo, ma questo... Questo va oltre ogni mia immagine. Mi manchi mamma, mi manca la famiglia che eravamo prima di tutto questo. Quando ho rivisto Anisha, un paio di giorni fa, mi sono sentita il mondo crollare addosso; ero felicissima di riabbracciarla, pensavo che tu fossi con lei, ma mi sbagliavo.»

«Sapevo che tua sorella sarebbe corsa da te e speravo tanto che ti convincesse a venire qui, a quanto pare ci è riuscita, ma non capisco perché lei non ci sia.»

«Lei è a casa, penso che verrà qui tra poco», mentii.

«Che bello rivedere nuovamente insieme madre e figlia», una voce maschile giunse al mio orecchio, facendomi irrigidire. «È un piacere rivederti Oks, pianificavo di portarti qui in futuro, ma a quanto pare gli imprevisti capitano spesso. Sei venuta per il tuo amico, giusto?»

Gabriel... Gabriel era lì, avevo ragione!
«Sì e no, intuivo che Gabriel fosse stato catturato da te e sono venuta qui per curiosità: mi sono chiesta più volte perché tu mi volessi e penso che ormai sei arrivato al limite, dato che hai preso in ostaggio un lupo pur di trascinarmi nel tuo covo.»

Una fragorosa risata si espanse per lo stretto corridoio. «Prendere in ostaggio Gabriel? Non era di certo nei miei piani, ti avrei presa comunque, con le buone o con le cattive. Il lupacchiotto in questione è entrato nel nostro territorio e si è esposto lui stesso al pericolo.»

Doveco agire con cautela, dovevo trovare le parole giuste affinché si fidassero di me. «Ora sono qui e sono disposta ad ascoltarti», incrociai le braccia al petto. «Per quanto riguarda Gabriel non so il motivo per il quale si sia introdotto nel tuo territorio, ma non penso che volesse scoprire il tuo covo o attaccarvi di sua spontanea volontà; non è così stupido.»

«Ancora non ho avuto modo di parlare con lui, ma se vuoi glielo chiederemo insieme», senza nemmeno darmi la possibilità di parlare, mi afferrò per un braccio e mi trascinò verso un punto lontano non identificabile.
Lì sotto c'era una tremenda puzza di muffa e il freddo causato dall'umidità aveva la forza di perforare la pelle e di arrivare alle ossa; mi chiesi come mia madre avesse fatto a vivere in un posto del genere.

La sua stretta si rafforzava ad ogni passo sempre di più, facendomi stringere gli occhi dal dolore. Giungemmo davanti ad una porta d'acciaio sorvegliata da un uomo scuro di pelle con la faccia sfigurata.

Bastò un cenno di Bilel per far spostare l'uomo, facendolo dileguare in pochi secondi. Grazie ad una grande chiave in ferro gli fu possibile aprire la porta con facilità e ciò che vidi non era altro che buio.
«Guarda un po' chi ti è venuta a trovare», schernì Bilel, premendo un interruttore e facendo illuminare la stanza grazie ad una piccola lampadina posizionata al centro.

«Perché ti ostini tanto a pensare che io sia qui per lui?», non doveva  assolutamente capire che Gabriel era un mio caro amico, o avrebbe potuto fargli del male per colpire me.

«Non è forse così?», chiese ingenuamente, avanzando verso il lato destro e solo allora vidi il ragazzo seduto a terra con dei miseri stracci addosso e il capo chino. Bilel afferrò le catene che gli circondavano le braccia e le tirò con forza, facendo ringhiare Gabriel dal dolore.

«No, sono venuta qui perché sono stufa di dover fuggire da te, mia madre più volte ha provato a convincermi di schierarmi dalla tua parte e siccome sei tanto determinato, ti ho accontentato.»

«Giusto, giusto. Sai, però, mi risulta alquanto strano che tu abbia deciso di venire da noi un giorno dopo la cattura del tuo amico.»

«Amico? Non osare definirlo mio amico», avanzai con sicurezza verso di loro, abbassandomi sulle ginocchia e contemplandolo. Era messo veramente male, mai lo avevo visto in quello stato: pallido, con occhiaie, debole e sporco di terra. Dovevo trovare un modo per farlo fuggire. «Gli amici non si sfruttano, lui mi ha garantito la sua protezione perché sapeva che tu mi stavi cercando. Pensava di estorcere da me qualche importante informazione, ma il mostriciattolo è rimasto deluso quando gli ho confessato di saper meno cose di lui. È solo un mostro che viene comandato dai suoi stessi istinti. È un lupo ed io odio i lupi, li ho sempre odiati e sempre li odierò.»

«Quanto astio in poche parole. A quanto pare il tuo piano non è andato a buon fine, lupo, e ora lei è contro di te.»

Solo in quel momento Gabriel alzò il viso ed incastrò i suoi occhi nei miei. La mia espressione era impassibile, sentivo gli occhi di Bilel e quelli di mia madre su di me e non volevo rischiare di essere scoperta. «Dobbiamo restare qui per molto? Il suo fetore mi dà la nausea.»

«Mmm no, ho tante cose da chiedere sia a te che a lui, ma non preoccuparti, lo farò separatamente.»

Abbozzai un sorriso che contraccambiò il suo, dopodiché uscii da quella cella con la consapevolezza di essermi cacciata in un guaio più grande di me.

Sentimenti Contrastanti||La Storia Di WoodsvilleWhere stories live. Discover now