XIV ~La sfortuna di averla accanto~

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Gabriel

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Gabriel

Dopo la sfuriata e la confessione a mio fratello, corsi da Jim per chiedergli scusa e per dirgli che il turno di guardia successivo lo avrei fatto io; mi ero persino offerto volontario per quello notturno a causa dei sensi di colpa.

Purtroppo quando andavo nel panico e riccorrevo al mio terribile vizio, tendevo a trasformarmi in una persona orribile ed odiavo quel lato di me. Mi chiesi più volte con quale pazienza mio fratello restava costantemente al mio fianco.

Quel giorno mi alzai presto, osservai l'alba di un nuovo giorno sorgere e guardandola pensai al mio futuro. Desideravo creare con le mie stesse mani un futuro fiorente, dove sarei stato libero di scegliere e di applicare, a differenza di quello di mio fratello: la sua vita era stata programmata dal primo giorno di vita, essendo il primogenito dell'ex Alpha, era stato desiderato con immenso ardore affinché potesse divenire il futuro Alpha. Ciò gli garantiva stabilità e potere, ma non libertà di scegliere. Io, invece, ero uno sbaglio.
Mia madre mi amava con tutto il cuore, mio padre no. Ricordavo ancora le spregevoli parole che riversava su di un bambino di quattro anni, ricordandogli quanto fosse indesiderato.

Molte volte avevo desiderato di svegliarmi un giorno e di ritrovarmi in un altro corpo, magari in un corpo umano, con una vita normale.
Se fossi stato un ragazzo normale, avrei frequentato il liceo e il college, laureandomi in economia e aprendo una famosa ditta; sogno che ovviamente non potrò mai realizzare.

Ero costretto a spostarmi continuamente nel mondo e a lottare contro creature di cui non si conoscevano dettagliatamente nemmeno le forme. Dopo che mio fratello sarebbe diventato Alpha, io cosa avrei fatto? Non sarei più andato a caccia con lui, né mi sarei allenato in sua compagnia, come avrei passato le mie giornate?
Non avevo uno scopo nella vita. Sarei vissuto sempre nell'ombra?

«Fratellino, in questo momento fai davvero paura. Che stai facendo?», la voce di mio fratello mi riportò con i piedi per terra.

«Stavo solo riflettendo», sospirai sconsolato, avrei preferito che quel maledetto sole non sorgesse mai.

«A proposito di cosa?»

«Del mio futuro.»

«Capisco... Una volta mi hai detto che non ti sarebbe piaciuto allenare i più piccoli, giusto?»

«Certo che no, amo le vere lotte, non fare da babysitter ad un branco di marmocchi; metti qualcun'altro al mio posto», risposi velocemente. Sapevo per certo quale fosse il suo obiettivo, un paio di mesi prima mi aveva chiesto -per darmi un posto fisso all'interno del branco- di diventare l'allenatore dei più piccoli; data la mia grande passione per gli allenamenti fisici, secondo lui era l'ideale, ma avevo rifiutato seduta stante: non volevo passare il resto della mia vita ad allenare marmocchi.

«Dunque non hai cambiato idea», si passò una mano tra i capelli, «ci sarebbe qualcos'altro di cui voglio parlarti, hai finito il tuo turno?»

«Sì, tra poco dovrebbe arrivare Kevin. Mi incuriosisci, di cosa vorresti parlarmi?»

Sentimenti Contrastanti||La Storia Di WoodsvilleWhere stories live. Discover now