XXXI ~Oltre lo sguardo~

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La mattina seguente non avevo voglia di alzarmi, purtroppo il freddo aveva un brutto effetto su di me e mi condannava letteralmente ad un lungo ed eterno letargo. Siccome ero sicura che, anche restando a letto, non avrei dormito, decisi di alzarmi e di prepararmi per andare a scuola.

Dopo aver sbrigato la mia classica routine scolastica, mi affrettai a mettere i libri in cartella e fu proprio in quel momento che il mio occhio ricadde sul libro che precedentemente avevo preso in prestito dalla biblioteca e che non avevo mai letto.
Lo afferrai e lo rigirai tra le mani, indecisa su cosa farne. Pensai che la miglior cosa fosse restituirlo alla biblioteca, seppur non avessi letto nemmeno una pagina del suo contenuto. Ormai era inutile leggere un libro, quando tutto ciò che vi era scritto dentro io l'avevo vissuto in prima persona.

Seppur inizialmente volevo fare ricerche per approfondire le mie conoscenze in questo ambito, in quel momento preferivo di gran lunga evitare quanto più possibile l'argomento.
Decisi dunque di riporlo in cartella e mi ripromisi di passare in biblioteca prima di farmi venire a prendere da mia madre.

La mattinata passò velocemente per mia fortuna, il test di storia durò all'incirca cinquanta minuti e risposi alla maggior parte delle domande, lasciandone un paio a galleggiare nel dubbio.
Dopo la pausa pranzo mi sedetti sul muretto della scuola ed attesi che Melinda chiamasse i suoi genitori per farsi venire a prendere.
«Mamma non risponde», sbuffò proprio quest'ultima.

«Io devo andare a restituire un libro preso in biblioteca, mi accompagni?»

«Va bene. Se vuoi posso chiedere a mia madre di accompagnarti a casa, senza che fai correre la tua, so che oggi avete lo scarico merci.»

«Sì, grazie mille, le invierò un messaggio per avvisarla.»

Nel mentre mandavo il messaggio, Melinda mi afferrò il braccio per condurmi lungo la via ed impedire che andassi a sbattere contro un palo, come di abitudine ormai quando avevo il cellulare in mano.
«Accidenti, ci hanno viste... Troppo tardi», esclamò proprio lei, facendomi voltare verso di lei con la fronte aggrottata.

Proprio di fronte a noi, esattamente a due passi, vi erano i fratelli Lupei con in mano un foglio bianco che aveva tutta l'aria di essere una lista. Melinda, anziché correre tra le braccia della sua cotta, rimase ferma accanto a me ed attese che fossero loro a raggiungerci. Sapevo che avevano litigato, ma non avrei mai pensato che la cosa fosse tanto grave.

«Ciao ragazze, come mai da queste parti?», domandò Sandel con un sorriso forzato.

Siccome la mia amica preferì non spiccare parola, fui io a farlo:«stiamo andando in biblioteca.»

«Ahh... Mmm, fantastico», si grattò la nuca. «Melinda come va? Andato bene il test di storia?»

«Sì, abbastanza.»

«Vi va di accompagnarci al supermercato, dobbiamo prendere alcune cose per il branco.»

Alla parola "branco" alzai di scatto il viso e, enormemente sorpresa, mi voltai verso di lei. Era palese che Sandel avesse intenzione di passare del tempo con lei, forse per chiarimenti, ma non capii perché avesse usato proprio quel termine e tra l'altro Melinda non era affatto sorpresa; possibile che sapesse la verità? Assolutamente no, ne avrebbe subito parlato con me.

Lei si voltò nella mia direzione per chiedere forse la mia approvazione, l'idea di passare del tempo con questi individui non mi piaceva affatto, ma nei suoi occhi lessi la speranza di un mio "sì", dunque non potei proprio rifiutare. Sperai solo che la mamma non si arrabbasse a causa del mio ritardo, le avevo solo detto di non venirmi a prendere perché ci avrebbe pensato la mamma di Melinda, ma lei aveva tutti gli orari stampati in fronte ed ero sicura che si sarebbe accorta del mio leggero ritardo.

Annuii quindi alla mia amica e lei a Sandel, dopodiché tutti e quattro ci incamminammo verso il supermercato.
Una volta al suo interno, la coppia in crisi camminò davanti ed iniziò a parlottare, mentre Gabriel sorregeva con una mano il carrello e con l'altra la lista ed io ero a qualche passo più indietro.

Vedere tutto quel cibo mi stuzzicò l'appetito, infatti mi fermai davanti al reparto dei dolciumi; il mio più grande peccato capitale.
«Ahhh... Che goduria anche solo guardarli», sospirai estasiata. «Siete una meraviglia per gli occhi.»

«Che fai parli da sola?», una voce alle mie spalle mi fece sobbalzare. Gabriel mi stava fissando, ridacchiando e passandosi una mano tra i capelli.

«Assolutamente no, parlo con loro», ed indicai gli scatoli, «che hai da ridere? Con tutto quello che ho scoperto io nell'arco di un paio di settimane, questa è la cosa meno stramba che possa fare.»

«Non ho detto nulla», alzò le mani con fare innocente. «Mi aiuti con la lista? È la seconda volta che entro in questo supermercato e ancora non ricordo bene gli scaffali.»

«Potrebbe aiutarti tuo fratello», incalzai improvvisamente nervosa, mentre il mio cellulare squillò.

«Sta parlando con Melinda e ho deciso di lasciarli da soli, hanno un paio di cose da chiarire.»

Già, cose che io non sapevo!
Presi il cellulare e lessi il messaggio di mia sorella:
Siamo rovinate!! Mamma stasera ci obbligherà a cenare a casa di Bilel, Oks sai che significa? Potrebbero annunciare il loro fidanzamento!!

Mi si mozzò ancora una volta il respiro in gola. Uno dei miei più grandi timori stava per avverarsi, nostra madre prima o poi si sarebbe risposeta e lo avrebbe fatto proprio con Bilel.
Sapevo che quell'annuncio prima o poi sarebbe arrivato, ma non pensavo così presto, non ero ancora psicologicamente pronta!
Però c'era ancora un briciolo di speranza, la quale mi suggeriva di non pensare solo ad un possibile fidanzamento, forse quella sarebbe stata solo un'innocua cena.

«Va tutto bene? Sei diventata improvvisamente seria.»

«Piccoli problemi a casa, dammi la lista e facciamo presto», gliela strappai letteralmente tra le mani ed iniziai a leggere ciò che gli serviva. Ogni volta, sempre a causa di Melinda, mi ritrovavo in sua compagnia, ma il vero problema era che non capivo se le situazioni fossero di mio gradimento o no.
Mi ostinavo a ripetere che lui era il cattivo della situazione, il pericolo, il mio incubo maggiore, eppure quando ero in sua compagnia e quando posavo lo sguardo nel suo, non vedevo altro che un semplice ragazzo pronto a far di tutto per la famiglia.

Forse dovevo semplicemente andare oltre lo sguardo assassino impresso nella mia mente. Forse dovevo cercare di capire il vero lui -proprio come aveva cercato di fare con me- e non ciò che mi aveva mostrato o quello che io cercavo di farlo essere.
Pensandoci era vero: ero io quella che affibbiava ai lupi il peggior dei mali, ma di tutte le mie paure quasi mai nessuna era stata fondata.

La mia fobia derivava dall'aggressione ricevuta quando ero bambina, ma mai nessun chiacchiericcio sui lupi da parte dei cittadini era stato confermato.

Hai torto.

Un improvvisa voce si insinuò nella mia mente, insieme ad una dolorosa morsa che mi strinse il cuore.
Inclinai il busto in avanti e poggiai una mano proprio alla sua altezza, gemendo dal dolore.

Hai torto se pensi una cosa del genere. Non farti ingannare dal suo dolce viso o dalle sue amorevoli gesta nei tuoi confronti. Ricorda sempre chi hai davanti e cosa tu hai sempre temuto.

Un'altra fitta, più forte della precedente. Di chi era quella voce? Del mio subconscio?

«Oks, che hai? Stai male?», la sua mano si poggiò sulla mia schiena, mentre feci cadere a terra il pacco di cereali che avevo in mano.

Serrai gli occhi e ritornai in posizione eretta. «Sto bene», dissi con voce roca.

«Oks dobbiamo andare, mia madre è fuori al supermercato. Ciao Gabriel», frettolosamente sbucò Melinda dal nulla, mi afferrò un braccio e mi trascinò fuori. Non ebbi nemmeno il tempo di ribattere o ricordarle che dovevamo andare in libreria, che già eravamo in macchina dirette verso casa mia; dove mi attendeva la più estenuanti delle cene.

Sentimenti Contrastanti||La Storia Di WoodsvilleWhere stories live. Discover now