XXXVII ~Incubi~

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Ancora bloccati nella grotta e con una bufera che si faceva sempre più potente e vicina, mi rannicchiai su me stessa e poggiai la schiena sulla parete rocciosa.

Gabriel era ancora accanto a me e osservava con sguardo vuoto l'esterno. Dopo quella breve chiacchierata e il mio incontrollato impulso nel toccare il suo viso, gli avevo chiesto scusa ed ero sprofondata nella vergogna.

Gli occhi pian piano mi si chiusero dalla stanchezza, ma mi imposi di tenerli aperti. Erano notti che ormai dormivo solo quattro o cinque ore e pensai di essere arrivata al limite.

Tutti i rumori si fecero sempre più lontani e la vista iniziò ad annebbiarsi. Provai con tutta me stessa a restare sveglia, ma mi lasciai avvolgere dal gelo e del buio.

Quando riaprii gli occhi non ero più nella caverna, ero nel bel mezzo della foresta. Essa non era coperta dal manto innevato, bensì era illuminata da una splendida luna e da innumerevoli stelle. L'erba era secca e gli alberi erano in fioritura: una perfetta notte primaverile.

Mi guardai attorno sorridendo e mi incamminnai presso il lago dove solitamente passavamo le nostre estati io e Melinda. Il silenzio regnava sovrano, piccole ed affascinanti lucciole volavano a pochi metri dal suolo. Il Paradiso terrestre.

Un bello scenario, però, che non durò molto. Un'improvvisa folata di vento mi investii e fui costretta a parare il viso con le braccia per evitare che qualcosa potesse finirmi negli occhi.
Diverse ombre si propagarono nel cielo e la meravigliosa luna piena venne occultata da nuvole grandi e grigie.

Retrocessi di qualche passo e voltai lo sguardo proprio sulle creature che svolazzavano come uccelli inferociti, fin quando una di queste non scense in picchiata verso di me.

Emisi un urlo ed iniziai a correre nella parte opposta, ma le mie gambe sembravano non voler eseguire il mio ordine, tant'è che anziché correre, mi ritrovai a rallentare.

Il mostro mi afferrò per le spalle e mi spintonò, fino a farmi volare per metri.
Mi schiantai letteralmente al suolo, sbattendo con il petto e  con il viso per terra. Dolorante mi rialzai, restando comunque seduta.
Sbattei ripetutamente le palpebre, provando a mettere a fuoco lo spazio circostante. Osservai nei minimi particolari la strana creatura che mi ritrovavo davanti, era munita di ali e di corna, il petto sembrava appartenere ad un comune umano, ma la parte inferiore del corpo era munita di enormi zampe ed artigli simili a quelle delle aquile.

Mai in vita mia avevo visto qualcosa di tanto orripilante, altro che ibrido, non sapevo nemmeno come classificarlo.

Lo vidi atterrare dopo avermi lanciata una breve occhiata e, nel momento in cui le sue zampe toccarono il suolo, una nube verde lo avvolse rapidamente. Quando essa scomparve, davanti mi ritrovai un normalissimo ragazzo.

La mia mente volò al passato, fermandosi al giorno in cui io e Sandel ci eravamo imbattuti in un incidente stradale. Avevo avuto una visione, avevo visto un mostro ed era identico a colui che in quel momento avevo davanti.

«Chi sei?», domandai ad alta voce.

«Cinque», risponse con voce roca, avanzando verso di me. «Il quinto Rosius ad essere stato creato.»

Rosius?

«Non avvicinarti ulteriormente!»

«Sennò che mi fai?»

«Io... Io mi metto ad urlare e qualcuno sicuramente arriverà!», un enorme idiozia, dato che ero da sola.

Si aprì in una fragorosa risata e poggiò entrambe le mani sui fianchi, «non c'è nessuno che correrà a salvarti. Un essere molto potente come te dovrebbe essere in grado di far ben altro, non semplicemente urlare.»
Di cosa stava parlando? «È solo un sogno...», sussurrai, riflettendo. «Non è reale e tu non puoi farmi del male.»

«Te ne do atto: è solo un sogno. Ben presto, però, i tuoi peggiori incubi diveranno realtà. Guardati attorno, ragazzina, te lo consiglio. Scoprirai che in molti indossano maschere», con un balzo scattò verso di me ed ebbi appena il tempo di emettere un urlo che l'oscurità mi avvolse.

Con il cuore che batteva a mille, se non di più, scattai in avanti con il busto. Goccioline fredde mi scendevano dalla fronte, mentre la gola era secca. Mi guardai attorno, accorgendomi di essere ancora nella grotta e pian piano regolarizzai il respiro.

«Va tutto bene?»
Il corpo mutato di Gabriel era molto più vicino di come lo avevo lasciato quando mi ero addormentata. Con un veloce scatto mi distanziai, stropicciando gli occhi.

«Sì, tutto bene. Scusa, mi sono addormentata.»

«Scusami tu, mi sono avvicinato perché eri congelata; volevo solo riscaldarti un po'.»

Le sue parole mi arrivarono dritte al cuore. Sì era ancora una volta preoccupato per me e mi sentii addirittura stupida per essermi allontana così velocemente da lui, come se avesse la peggior malattia del mondo.
Sospirai pesantemente e ritornai accanto a lui. Poggiai la schiena sulla parete rocciosa, con le gambe vicinissime al suo busto, ed il suo muso alzato ed indirizzato verso di me.
«Ultimamente faccio continui incubi, ma questo è stato diverso», confessai, non potendone più di quella situazione; forse parlare con lui mi avrebbe fatto bene. «Sogno sempre di essere in un bosco, vedo strane creature volare, ma solitamente loro non vedo me. Questa volta una di esse si è avvicinata e mi ha parlato. Era orribile, aveva il busto di un essere umano, ma era munito di ali e le zampe erano quelle di un aquila. Non pensavo che al mondo esistesse un tri-ibrido, ma evidentemente è solo il frutto della mia immaginazione-»

«Cosa ti ha detto?», chiese Gabriel interessato, o forse preoccupato.

«Io gli ho chiesto di non avvicinarsi o avrei urlato e lui... Lui mi ha detto che sono un essere potente che potrebbe far ben oltre, mi ha consigliato di guardarmi attorno perché in molti indossano delle maschere; sembrava quasi volermi avvisare che qualcuno prima o poi mi tradirà», solo allora alzai lo sguardo verso il suo ed incastrai i miei occhi nei suoi, che ancora una volta non mi trasmessero più quell'opprimente paura, bensì serenità. «Inoltre ha detto di chiamarsi cinque, perché è il quinto Rosius ad essere stato creato.»

Sgranò gli occhi ed irrigidì le zampe, sentii addirittura  il rumore delle sue unghie che affondavano nel terreno umido della grotta.
«Li conosci, giusto?», se non li conosceva bene, la sua reazione era del tutto insensata.

«Sì, forse un giorno ti spiegherò chi sono e come faccio a conoscerli. Comunque sia, non prendere troppo alla leggera i sogni. Ti basta sapere che sono esseri che esistono nella vita reale e sono molto vicini al paese in cui abiti. Se attraverso i sogni, ti mettono in guardia da qualcosa, o ti minacciano, non esistere a farne parola con me, va bene?»

Deglutii e mi morsi dal nervoso il labbro inferiore. Un altro mostro da aggiungere alla lista, un altro mostro da dover temere e ciò che più mi spaventava, era l'idea che loro potessero raggiungermi in qualsiasi momento. Credevo alle parole di Gabriel e non avrei più esitato a parlargliene, se la situazione si sarebbe aggravata.
«Se dovessero attaccarmi, come mi devo difendere? Esiste un modo per ucciderli?», ormai l'unica cosa certa era la salvezza mia e della mia famiglia. Se Gabriel li conosceva bene, sapeva di certo il loro punto debole.

«Non è da loro attaccare direttamente un essere umano, lo fanno sempre con un tramite. Ricordi il giorno del festival annuale della tua scuola? Ciò che successe fu opera loro e la nube verde che solo tu puoi vedere, è il loro veleno.»

Sì, certo che ricordavo. Lui quando quel giorno mi trovò, teneva una mano sul viso per non respirare, evidentemente ai lupi faceva male quel veleno e -da come ricordavo- anche agli umani, dato che in molti finirono in ospedale. Inerente a ciò, mi sorse un dubbio: perché io ne rimasi illesa?
«Sì, ricordo e spero vivamente che tu abbia ragione.»

«Non preoccuparti, avverto quando... Quando sei in pericolo», si voltò totalmente verso di me ed arricciò il naso. «Non devi aver paura, ti proteggerò sempre.»

Sentimenti Contrastanti||La Storia Di WoodsvilleWhere stories live. Discover now