Capitolo 58

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[Isabelle's POV]
*1 settimana dopo*

Ho il respiro ansimante, le mani mi tremano e le mie gambe sono stanche, proprio come se avessi corso per chilometri e chilometri.

Le lenzuola del letto sono incollate al mio corpo per il sudore e sembrano soffocarmi, il respiro irregolare quasi non riempie più i miei polmoni.

Una mano mi accarezza il volto dolcemente, come se mi stesse risvegliando, riportando al mondo reale.

''Piccola, hai fatto un incubo.'' afferma Dylan accanto a me con un sorriso timido ma genuino.

Io sospiro rumorosamente e afferro la sua mano per poi stringerla contro di me con forza, proprio dove sta il mio cuore.

''Ho fatto un sogno terribile, ho sognato che Ryan ti- Dylan, devi stare attento perché lui-'' comincio ad ansimare io ma lui mi poggia l'indice sulla bocca per zittirmi.

''Non è importante, Belle. Però ora ti devi svegliare.'' replica lui, mentre il suo volto diventa più preoccupato, quasi spaventato.

''Cosa?'' sussurro io mentre corruccio le sopracciglia.

''Devi svegliarti, Belle. È passato tanto tempo, devi lasciarmi andare.'' continua mentre il suo labbro inferiore comincia a tremare, levando bruscamente il suo palmo dal mio viso.
È in quel momento che si cinge lo stomaco, coperto da una maglietta bianca tutta insanguinata.
Vorrei urlare ma non esce voce, vorrei toccarlo ma in quel momento lui scompare e a me sembra di sprofondare in un vortice infinito.

''Signorina Parker, riesce a svegliarsi?''

Cosa mi sta succedendo?
Mi sento vuota.
Anzi, non sento proprio nulla.

Una luce accecante mi viene sparata negli occhi, prima il destro e poi il sinistro.

Cerco di guardarmi intorno ma la possente mano di un uomo sconosciuto che mi stringe la mascella me lo impedisce prontamente.

L'unica cosa che riesco a scorgere è il colore bianco: quattro mura bianche, letti bianchi, camici bianchi.

''Alcun responso?'' domanda uno dei signori intorno a me.

''No, nulla.'' afferma, rassegnandosi e spegnendo finalmente quella maledetta lucina fastidiosa che mi provoca subito un lancinante mal di testa.

Una dottoressa entra dalla porta con in mano una cartella con sopra il mio nome e uno strano codice numerico.

''È meglio che si riprenda presto, perché deve lottare per due.'' annuncia, aprendo la prima pagina e mostrando un referto clinico.
Un'ecografia.

''La paziente è incinta.'' aggiunge lei appena nota gli sguardi confusi dei suoi colleghi.

''La nostra prima figlia la chiameremo Soleil.'' è il primo pensiero che mi viene in mente.
Una voce silenziosa che però rimbomba all'infinito.

Finalmente la mano dell'uomo abbandona il mio viso e posso girarmi verso la finestra sulla mia destra che lascia filtrare un po' di luce.

La prima e ultima cosa che vedo è un'insegna con una scritta nera:

- Centro Psichiatrico di Manhattan -

Il Mio Punto DeboleWhere stories live. Discover now