Capitolo 15: Harriet

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'Cara Harriet,
oggi sarebbe stato il tuo diciottesimo. compleanno.
Diciotto! Che vecchia!
Sono ormai soffocanti i giorni senza di te.
Tutto è più buio, è più triste.
Mi manca vederti dormire sul divano con i libri di scuola sulle ginocchia.
Mi manca farti i dispetti.
Vorrei poterti riabbracciare, anche per un solo minuto.
Non mi pare di chiedere tanto, no?
Solo un'abbraccio alla mia migliore amica, a mia sorella, al mio angelo.
Certi giorni riesco a sorridere.
Ma altri giorni, Harriet, altri giorni vorrei scomparire.
Vorrei non esistere più per nessuno.
Vorrei venire da te, parlarti, guardarti.
Scommetto che hai ancora quello stupido vizio di passarti le penne e le matite tra i capelli biondi.
Fammi indovinare? Stai ancora piangendo per quell'episodio di Gray's Anatomy?
Aspetta, aspetta...Hai dimenticato di nuovo la piastra accesa, non è vero?
Certo che non cambi mai!
Lo sai, qui, casa nostra è andata a fuoco.
Indovina? Colpa di mamma.
Penso che lei mi odi, ora.
Preferiva te, e tutti lo sapevano.
Papà è sempre lo stesso.
Tutti sono più freddi e distaccati, da quando non ci sei più. Tutti hanno perso la speranza, la gioia, la felicità, da quando sei morta.
Sei morta.
E fa male anche solo pensarlo.
Mi manchi, mi manchi come l'aria.
Vorrei smettere di respirare per un minuto, così da poterti abbracciare.
Ti voglio bene, e te ne vorrò per sempre.
Scusa se anche questo compleanno non lo passeremo insieme.
Sappi solo che ci vediamo alle 10 al cimitero. Sarò sempre con te.
Ti porterò il mio regalo, e ti racconterò un po' della mia monotona vita senza di te.
Buon compleanno sorellina, sei la mia stella preferita!
-Tua, Keira."

***
«Dove diavolo è Oscar?» sbuffai guardando il mio orologio da polso e battendo il pieide sul marciapiede.

Un secondo dopo, ecco che la lunga limousine nera si fermò davanti a me. Oscar uscì, e mi rivolse un sorriso imbarazzato.

«Buongiorno signorina Keira. Mi scuso per il ritardo, ma ho trovato traffico nel portare suo padre a lavoro»

«Siamo in ritardo, Oscar! Il cimitero, di sabato, chiude alle dieci e mezza!» esclamai entrando.

Lui chiuse la portiera e poi salì al posto del conducente. Partì subito e mi lanciò un'occhiata dallo specchietto retrovisore.

«Le ho preso anche i fiori»

«Grazie» sospirai, buttando la testa indietro, sul cuscinetto del sedile.

«Mi sono permesso di aggiungere anche una rosa da parte mia, come "regalo" per la signorina Harriet»

«Davvero carino, Oscar» sorrisi.

«È un vero peccato che i suoi genitori non siano potuti venire»

«Non è una questione di potere, ma di volere. Hanno paura di rivedere la tomba della propria figlia, quindi preferiscono evitarla»

«Cerchi di capirli, signorina Keira. Perdere un figlio è un trauma»

«Tanto quanto perdere una sorella» dissi acida, causando un silenzio imbarazzante. «Non ho più voglia di parlarne. Sai se Mary torna oggi?»

«Sì, esatto! Sta già venendo a casa sua per prepararle il suo pranzo preferito»

Mi era mancata Mary, la mia cuoca preferita.
Altro che mia madre.

Dopo altri due o tre minuti di tragitto, Oscar fermò la limousine di lato al cimitero. Scesi col cuore in gola, e mi feci passare da lui, il mazzo di fiori comprato apposta per Harriet.
Presi un lungo sospiro, e poi entrai.
Oscar mi avrebbe aspettato lì fuori.

Attraversai l'immenso giardino colmo di lapidi. Colmo di tristezza, di silenzio, di paura. Colmo di lacrime represse, di gioia respinta. Colmo di cuori infranti e di respiri mozzati.
Arrivai poi alla tomba.
Alla sua tomba.
La foto di Harriet non le rendeva giustizia.
Lei era stata molto più bella di quanto non lo fosse già in quella foto.
Sorrideva come solo una persona innamorata della vita faceva.
Harriet si mangiava il mondo, le sarebbe piaciuto visitare ogni stato.
Aveva pianificato di fare bungee jumping, di imparare a surfare, di imparare il cinese mandarino.

Mi piegai sulle ginocchia e sorrisi.
Toccai, un po' titubante, la sua foto con mano tremolante, e poi cercai di trattenere le lacrime.

'Harriet Kelley
2 settembre 1997 - 16 marzo 2012'

Non meritava di morire.
No, non così.
Non a quattordici anni.
No, no e no.

Non poteva lasciarmi lì, da sola.
Avevo dodici anni e mezzo.
Dodici fottuti anni.
E lei era morta.

Lasciai i fiori accanto alla foto, e rimasi ancora qualche secondo in silenzio.
Sospirai triste.

«Ciao» sussurrai alla lapide. «Buon compleanno»

Asciugai una lacrima e poi mi ripresi. «Mi manchi, tanto. La vita qui non è più la stessa senza di te»

Un'altra lacrima, ed un'altra ancora.
Ancora ed ancora.
Non riuscivo a fermarmi.

«Mi hai sempre detto di dare libero sfogo alle mie emozioni. Ricordo che dicevi che se ero felice, dovevo ridere e sorridere. Se ero triste, dovevo piangere. Se ero arrabbiata, dovevo urlare, eccetera eccetera. Beh, ora come ora sto piangendo come una stupida, anche se prima di venire qui, mi sono imposta di non farlo.
Sai, è una ferita aperta.
Mi sembra di essere caduta dalla bicicletta e di essermi sbucciata il ginocchio. Continuo a mettere cerotti su cerotti, fasce, disinfettanti e quant'altro, ma niente da fare. La ferita è ancora lì. Aperta e dolorosa. So bene che un giorno si chiuderà, ma vedrò sempre quella piccola cicatrice che non me la farà dimenticare mai.
Fa male, davvero, malissimo.
Avrei tante cose da dirti.
Ad esempio? Jay.
Jay Evans, il mio insopportabile vicino di casa di giorno ed ex compagno d'ospedale ed attuale compagno di tetto, di notte.
Non sai quante cose ci diciamo, Harriet.
Ma solo di notte, è questa la cosa strana.
Lo sai, sta notte ho visto una stella cadente una volta scoccata la mezzanotte. Eri tu, non è vero?
C'è da dire che eri bellissima, davvero.
Bella come non mai.
Mi manchi tanto.
E anche alla tua famiglia (he adesso è odiosa ed insopportabile) manchi come l'aria.
Ancora buon compleanno, Hary»

Mi alzai in piedi, asciugai le mie guance affogate nelle lacrime e poi lasciai un bacio sulla mia mano, per poi trasportarlo sulla foto della lapide.
Sospirai ancora, e poi tornai indietro.
Sentivo solo i miei passi che calpestavano la ghiaia.
Arrivai al cancello, e riguardai per un istante dietro di me.
Sorrisi, ripensando ad Harriet.
Tornai da Oscar, che mi rivolse un sorriso tenero che poteva benissimo equivalere ad un abbraccio.
Senza pensarci due volte, mi precipitai tra le braccia del vecchio uomo che da diciassette anni mi aveva portato in giro per la città.
Oscar lo consideravo come uno zio.
Buono, educato e dolce.
Era adorabile.
Salimmo di nuovo sulla limousine, e ci dirigemmo verso casa.
Quando non vidi più il cimitero, mi accorsi di aver lasciato lì, ancora una volta, un altro pezzettino del mio cuore. Accanto ad Harriet sapevo che sarebbe stato al sicuro.

~~~
Buongiorno, oggi capitolo molto mattutino! Ho appena finito di farmi la doccia ed ora devo prepararmi per andare a scuola, ma per fortuna oggi ho solo due ore visto che c'è l'assemblea d'istituto del mio liceo.
Andrò a fare un giro con una mia amica, comprerò qualcosa da mettere ad una festa a cui vado settimana prossima e poi tornerò a casa per studiare. Yee!
Ora scappo a truccarmi perché sono un mostro ahahah
Fatemi sapere cosa pensate del capitolo dedicato ad Harriet!
Grazie per aver letto, buona giornata e buona scuola ❤

-Alessia

Sopra lo stesso tetto | #Wattys2019Where stories live. Discover now