Capitolo 17: Gelosa

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Una discoteca a luci soffuse intessuta di corpi sudati, appicicati gli uni agli altri. Chiome di capelli colorati che ondeggiavano a ritmo della musica assordante che mi stava lentamente logorando i timpani. Odore di fumo, di tabacco. Ero circondata da tutto ciò a cui non avrei voluto prestare attenzione in quel momento.
Le mie amiche disperse per il locale a divertirsi. Io seduta al bancone del bar, guardando il bicchiere di plastica sotto i miei occhi. La mia gola era talmente secca che a breve l'avrei scambiata per il deserto del Sahara.
Avevo bevuto solo un sorso d'acqua.
L'unica diciassettenne che in discoteca beveva l'acqua.
Il barista aveva persino provato pietà per me, e per risollevarmi l'umore mi aveva offerto un bicchiere di Malibu-cola. L'alcoolico era ancora lì sul bancone che mi fissava, impaziente di essere bevuto.
Il barista carino mi lanciava qualche occhiata di tanto in tanto. Quando serviva gli altri, mentre puliva i bicchieri sporchi.
Sospirai spazientita ed allungai la mano verso il bicchiere in vetro, sotto il sorriso soddisfatto del biondino.
Buttai giù velocemente l'alcool, e lo sentii bruciare per tutta la mia gola.
Strinsi gli occhi e poi arricciai le labbra. Sembravo una stupida vergine dell'alcool, ed invece ero tutto il contrario.

«Un altro?» chiese il biondo sorridendo.

Mi guardai attorno e poi tornai con gli occhi sul barista. Acconsentii e mi feci versare un altro strano alcoolico che mi affrettai subito a finire.
Non mi piaceva quell'ambiente, in quel momento. Solitamente amavo le feste, amavo stare al centro dell'attenzione ed adoravo ballare.
Ma no, quella sera no.
Quella sera avevo solo voglia di sparire. Scomparire nel nulla per qualche ora, o giorno.
Sarà stato che era il compleanno di Harriet, ma io sentivo davvero tanta angoscia addosso.
Forse avevo bisogno di un po' di aria.
Feci per alzarmi, ma il barista mi fermò, e mi indicò con il mento un ragazzo in fondo alla sala che mi fissava. Tornai confusa a guardare il biondino e lui mi passò un altro bicchiere. Che alcoolico era non lo sapevo nemmeno io, ma sapevo che volevo svuotare la testa. Bevvi velocemente e mi piacque così tanto che ne chiesi un altro. Mi risedetti sullo sgabello nero e bevvi ancora.
Ancora.
Ancora.
Ancora uno.
Due.
Finalmente decisi di alzarmi.
Avevo bisogno di aria fresca.
Aggrappandomi di tanto in tanto a qualche spalla, raggiunsi finalmente l'uscita sul retro della discoteca che dava ad un piccolo cortile.
Lì la gente limonava, chiacchierava, fumava. Tutto nella norma.
Mi accasciai su una panchina in pietra, appoggiando la schiena contro l'albero posto dietro di essa.
Chiusi gli occhi e sospirai.
Ero esausta, ma cosa avevo fatto? Assolutamente niente.
Avevo...bevuto.
Tutto qui.

Riaprii gli occhi e mi guardai attorno alla ricerca di qualche volto familiare.
Sembravo una patetica ubriacona.
Spostai gli occhi lentamente in tutto il cortile, ma né di Kylie né di Kelsie, vi era l'ombra.
Mi rialzai e decisi di tornare dentro per poter andare al bagno.
Andai a sbattere contro una coppietta intenta a divorarsi le lingue.

«S-scusate» biascicai, passandomi una mano tra i capelli.

«Keira?»

Che schifo.
Non volevo che le labbra di Jay pronunciassero il mio nome, subito dopo essere state nella bocca di Faith Dallas. La odiavo quella lì.

«Presente» mormorai, socchiudendo gli occhi.

«Sei ubriaca?»

«Keira, piacere» allungai la mano.

«Oh Gesù» sospirò. «Faith, devo andare»

«Ehy no!» urlai. «Finisci il tuo lavoretto! Ho visto un angolo della sua lingua che non ti sei divorato»

Jay roteò gli occhi al cielo. «Smettila, ti riaccompagno a casa»

«No! Non tu, almeno!»

«E chi sennò?»

«N-non lo so, okay?» dissi alzando le braccia. «So solo che non voglio te»

«Keira, non fare la bambina»

«Bambina?» urlai ancora, con voce stanca. «Io ti odio Jay Evans»

«Non è vero» sorrise, prendendomi dolcemente per il polso.

Quella sgualdrina di Faith Dallas se ne andò squadrandomi da capo a piedi, ed a me venne voglia di tirarle un pugno sul naso appena rifatto.

«Vattene» sussurrai al moro.

«No»

«Vattene!» urlai. «No-non ti voglio!»

«Keira smettila, chiudi la bocca!»

Aprì la porta e la musica si fece sempre più forte.
Entrammo, ed a passo spedito raggiungemmo l'uscita.
Proprio di fronte a questa, però, si presentò il ragazzo di prima.
Quello che mi aveva offerto da bere.

«Posso rubartela un secondo?» chiese a Jay, con un ghigno.

«Fammici pensare? No»

«Un minuto solo»

«Senti, ti ho detto di no»

«Lascial-»

Jay sferrò un pugno sull'occhio del tipo e questo cadde a terra.
Il moro mi intimò a correre, e così feci.
Sentivo che sarei caduta da un momento all'altro.
Jay mi aiutò a salire in auto nella maniera più veloce possibile, e quando lui si mise alla guida, partì.
Per i primi cinque minuti, corse davvero forte.
Dopodiché, per fortuna, rallentò, una volta abbastanza lontani dal locale.

«Non posso tornare a casa»

«Perché no?»

«Ho detto ai miei di dormire da Kelsie»

Jay si zittì. «Questo è un problema»

«Port-portami da Kelsie» biascicai.

«No, voglio controllare che tu stia bene»

«Non è vero» dissi chiudendo gli occhi.

«Che hai? Perché ti sei ubriacata da sola?»

«E perché tu ti slinguazzavi Faith Dallas?»

Jay sorrise. «Gelosa, Keira Kelley?»

«Disgustata, Jay Evans. Non pensavo mi cadessi in basso con quella lì»

«Cos'ha di male Faith?» disse entrando nel parcheggio del condominio.

«È Faith!» mi lamentai. «Quella stronza mi ha rubato il ragazzo in quarta elementare»

Jay scoppiò a ridere e spense l'auto. «Vuoi andare un po' sul tetto?»

«Che ore sono?»

«Le tre e mezza»

Sbuffai, ripetendomi mentalmente di odiarmi. Slacciai la cintura di sicurezza e scesi dall'auto.
A seguirmi, Jay.
Mi prese per il braccio quando stetti per cadere, e poi si affrettò ad aprire il portone. Per controllare che non combinassi nulla, aveva deciso di stringermi a sé, tenendo una mano sulla mia schiena.
Salimmo le scale, e solo in quel momento capii che per arrivare al tetto sarei dovuta passare per camera di Jay.
In silenzio attraversammo il corridoio.

«Sshh-sshh» mi zittì quando feci un verso strano a causa della nausea.

«Sshh!» lo imitai.

Raggiungemmo camera sua, e lui si chiuse la porta alle spalle.
Aprì la finestra e finimmo sul bancone.

«Sali» mi ordinò.

«Mi guarderai il culo»

Sorrise. «Forse»

Salii.
Gradino per gradino.
Sotto di me c'era Jay, quindi se fossi caduta avrei procurato dolore non ad una, bensì a due persone.
Non potevo cadere, non dovevo.
Raggiunsi il tetto sana e salva.
Per la gioia, decisi di mettermi a ballare.
La danza della pioggia, penso.
Jay scoppiò a ridere ed io mi fermai, ridendo a mia volta.
Ci sedemmo a terra e rimanemmo in silenzio.

«Jay»

«Mh?»

«Ero gelosa»

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Buongiorno, come va?
Questo era il capitolo e spero vi sia piaciuto. Grazie per aver letto!
Buona domenica

-Alessia

Sopra lo stesso tetto | #Wattys2019Where stories live. Discover now