Capitolo 73: Le lasagne

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Mi ero dimenticata che la mia camera era così grande. Il doppio della precedente. Un grande letto matrimoniale, una cabina armadio tutta mia colma di vestiti firmati e regali. Uno specchio da parete, la mia bellissima scrivania enorme. Tutte le mie cose erano tornate al loro posto.
La panca piena di cuscini sotto la finestra. La mia camera era tornata, era perfetta. Ma mancava una cosa, ovvero la vicinanza con quella di Jay.
Odiavo stare lì dentro, anche se tutto era fantastico. Lanciai un cuscino sul letto e sorpassai gli scatoloni, per scendere in salotto. Corsi giù per le scale limpide, appena lavate.
Giunsi in salotto e due uomini grandi e grossi stavano portando un nuovo divano di fronte al caminetto.
Mio padre, in piedi di fronte a loro, dava le indicazioni sul posto preciso in cui posizionarlo.
Gli passai di fianco ed andai in cucina.
Era nuova, completamente.
Il forno dove ricordavo una lasagna bruciata -l'origine di tutto quel casino- era luccicante ed impeccabile.
Il bancone splendeva, il tavolo era già apparecchiata in maniera perfetta.
Mi era mancato tutto quel benessere, ma ormai mi ero abituata a vivere tranquillamente senza tutte quelle cose superficiali. Sorridevo, ma volevo tornare sul tetto. Lì, a casa, non sapevo se era possibile salire sul tetto. Forse non era concesso, ma quella notte stessa ci avrei provato, e poi avrei chiamato Jay. Magari avrebbe potuto funzionare come rimpiazzo. Ne dubitavo.

«Keira!» urlò mia madre dallo studio.

Andai da lei e la vidi posizionare dei libri nella libreria di mio padre.
Lo studio era rimasto lo stesso.
Identico, con puzza di chiuso e triste.

«Dimmi.»

«Sei felice di essere tornata qui?»

«Uhm- sì sì, certo. Perché me lo chiedi?»

«Volevo esserne certa» sorrise, pulendosi le mani. «Vuoi chiedere a Jay di venire a cena da noi, questa sera? Prometto che non toccherò io i fornelli! Ci sarà Mary, e le ho chiesto di tenermi lontana dalla cucina!» rise.

Sorrisi e poi indietreggiai. «Okay, glielo chiederò.»

«Ah, Keira, un'ultima cosa.»

«Dimmi.»

«A-avevo intenzione di andare a trovare Harriet, dopo pranzo» sussultai. «Vuoi... vuoi accompagnarmi?»

«N-non lo so, ecco-»

«Per favore.» sussurrò sorridendo, ma con gli occhi lucidi.

Presi un lungo respiro. «E va bene. Vado a farmi la doccia.»

«Okay» sorrise ancora. «Sto cercando di cambiare, Keira. Lo faccio per te, spero tu possa cogliere lo sforzo, prima o poi.»

«Quello che hai fatto non lo dimenticherò e non te lo perdonerò mai, ma posso voltare pagina. Dammi... dammi tempo, mamma.»

«Tutto il tempo che ti serve, amore.»

Mi lasciò una carezza sulla guancia e poi uscii dallo studio. Io rimasi in piedi ancora una manciata di secondi. Poi mi fiondai nella mia doccia, lasciandomi cullare dall'acqua calda ed abbandonando i pensieri fuori dalla tenda della doccia.

Risistemare tutte le mie cose era stato faticoso, per cui una bella doccia calda mi stava aiutando a rilassarmi.
Quando uscii, mi avvolsi nel mio accappatoio bianco, e poi andai a sedermi alla mia scrivania. Avevo riordinato tutti i miei prodotti per la pelle, ogni cosmetico e trucco.

«Keira, tesoro!» urlò mio padre dal piano terra. «Scendi, hai visite!»

Visite? Mi cambiai velocemente, lasciando che la crema appena spalmata sul viso si asciugasse.
Liberai i capelli bagnati dall'asciugamamo in cui li avevo legati e scesi le scale velocemente.
Passai di fronte allo studio, con la porta aperta. Mio padre era seduto alla sua scrivania e quando mi vide, mi guardò serio. Come per dire 'attenta a quello che fai'. Ma perché?

Aprii la porta e sorrisi nel vedere Jay, con il suo cane al guinzaglio.
Zed era sempre stato così tranquillo che, quando andavo a casa di Jay, nemmeno mi accorgevo della sua presenza.
Forse era un cane molto vecchio.

«Ehy, ciao» sorrise, stringendo il guinzaglio. «Portavo Zed a spasso e, beh, eravamo in zona e...»

Risi. «Ho capito.»

Si passò una mano sugli occhi e poi sorrise. Mi si avvicinò lentamente e salì i tre scalini che ci separavano.
Mi baciò sorridente.
Sembrava essere passata un'eternità, e invece non ci vedevamo dalla serata precedente. Dopo la partita eravamo andati a mangiare e poi mi ero addormentata a casa di Jay.
Avevo bruciato la mia nuova-prima notte a casa mia, dormendo abbracciata a Jay.
E mi era anche andata bene.

«Mia madre vuole invitarti a cena, sta sera.»

«Uhm- tuo padre che dice?»

Roteai gli occhi al cielo. «Che t'importa?»

«Beh, potrebbe infilzarmi una mano con un coltello! O mettermi del veleno nel bicchiere... oppure-»

«Oppure niente, Justin, io non ti odio» disse mio padre alle mie spalle. Jay rabbrividì ed io trattenni una risata. «Questa sera sei il benvenuto, ti aspettiamo alle sette in punto. Chiaro?»

«Chiarissimo, signor Kelley!»

«Non ho intenzione di ucciderti, tranquillo» sorrise, e poi sussurrò: «O almeno non oggi.»

Scoppiai a ridere e vidi Jay sudare freddo, mentre osservava la schiena di mio padre allontanarsi da noi e rientrare in casa. Mio padre incuteva davvero terrore a Jay, e non lo biasimavo. Se voleva, l'uomo di casa Kelley, poteva spaventare chiunque.

«Stai tranquillo!» sorrisi, dandogli una pacca sulla spalla. «Stava scherzando, stupido. Ma tu spezzami il cuore e lui ti spezzerà le gambe!»

«Ho intenzione di tenermi la ragazza e l'abilità di camminare, grazie» sorrise. «Comunque è meglio che io vada, adesso.»

«Già, è meglio!» disse mio padre da dentro casa ed io scoppiai a ridere.

«Va bene, ci vediamo questa sera.» sorrisi, accarezzandogli i capelli.

«A sta sera.» sorrise e mi lasciò un candido bacio sulle labbra.

Gliene lasciai un altro anche io.
Poi un altro lui, ancora uno.

«Vai, vai!» risi. «Ciao.»

«Ciao.» sorrise e si allontanò, con Zed al guinzaglio che camminava lentamente.

Lo guardai ed osservai il tessuto della maglietta bianca che fasciava perfettamente la sua schiena e le spalle. Rientrai in casa e Mary mi annunciò che il pranzo sarebbe stato in tavola, a breve.
Dieci minuti dopo ero seduta al tavolo, accanto ai miei genitori, con un piatto di lasagne sotto agli occhi.

«Lasagne? Davvero, Mary?» chiesi, trattenendo una risata.

«Non mi pare che la casa sia saltata in aria, signorina Kelley.» mi fece l'occhiolino e ci lasciò pranzare.

Però, erano davvero ottime.

***
Al ritorno dal cimitero, io e mamma ci eravamo fermate a bere un caffè.
Come ai vecchi tempi, immaginando anche Harriet al nostro fianco.
Avevamo chiacchierato, davvero un sacco.
Di Jay, di vestiti, della cena, di qualche festa, di Kelsie e Kylie, persino di Nora. Avevamo parlato di Harriet, della nostra infanzia, di quando papà si era travestito da Babbo Natale solo per noi due. Mia madre mi aveva confessato anche di tenere con sé l'abito che aveva intenzione di regalare e far indossare al compleanno dei diciotto anni di Harriet. Lo aveva comprato il giorno del suo compleanno, anche se in anticipo di qualche anno.
Mi aveva promesso che me lo avrebbe mostrato, una volta tornate a casa. E poi avrei potuto decidere se indossarlo io, ai miei diciotto anni.

Le raccontai tutto ciò che era successo in quel mese e che non le avevo mai svelato. Beh, "tutto tutto" no...
Lei mi aveva ascoltato, con gli occhi verdi ancora lucidi per Harriet, ma pieni di amore per me. Aveva ascoltato ogni mia singola parola, riso al mio sarcasmo, battuto il cinque al sentire del mio scontro con Victoria.
Sembravamo due normali persone.
Mamma e figlia, tutto nella norma.
Come due qualsiasi.
E pregai affinché potessimo rimanere tali per ancora tanti e tanti anni.

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Buongiornoo come state?
Io sto bene, sono sul letto e tra poco esco. Come vi è sembrato il capitolo?
Fatemelo sapere! ❤

-Alessia

Sopra lo stesso tetto | #Wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora