Capitolo 46: Mangiare la polvere

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Apatia.
Era quella la parola che ormai mi contrassegnava.
Avevo imparato una cosa: avrei smesso di correre dietro a Jay.
Aveva fatto una decisione.
Pessima, ma pur sempre una decisione.
Preferiva Vicki a me, fine.
Vita sua, scelte sue.
Aveva deciso di andare persino contro il suo migliore amico, pur di apparire spavaldo agli occhi della sua ragazza.
Lei gli credeva.
Gli permetteva di giocare con lei ed i suoi sentimenti.
La odiavo, certo, ma Jay doveva essere sincero come lo ero stata io.
Io, lei, lui, tutti sapevamo che a dire la verità ero stata io.
I baci c'erano stati, ma per Vicki era meglio evitare la realtà.
Qualcosa tra me e Jay c'era, ma tutti tendavamo ad ignorarlo.
O forse nessuno di noi lo aveva capito.
Vicki preferiva sorridere con una grossa bugia indolore, piuttosto che soffrire di fronte ad una verità amara.

Affari suoi.

Scesi dal letto con la testa che scoppiava.
La notte prima, dopo che Oliver se n'era andato, ero esplosa in un pianto talmente logorante da non permettermi di emettere alcun suono.
Niente singhiozzi, zero urla.
Tutto mi era morto in gola.
Ogni insulto, grido.
Volevo strillare contro la faccia tosta di Jay, ma non avevo avuto la forza necessaria per alzarmi.
L'unica cosa che ero riuscita a fare era sciogliere infinite lacrime salate lungo le mie guance.
Avevano inzuppato il mio collo ed il cuscino, incuranti del lavoro che stavano svolgendo.

Era insopportabile e doloroso pensare a quanto fosse bravo a mentire.
Se lo aveva fatto con così tanta indifferenza con Vicki, allora non si sarebbe fatto problemi a farlo anche con me, magari in un futuro non troppo prossimo.

Poggiai i piedi nudi sul parquet e tastai il pavimento alla ricerca delle mie pantofole.
Le infilai, e poi mi diressi verso il bagno.
Una terribile figura dai capelli spettinati e gli occhi gonfi mi guardava da sopra il lavandino.
Facevo pena.

Lavandomi i denti, riflettei.
Pensai a una cosa.
In tutto il litigio, solo io e Jay ci eravamo ritrovati con cinque dita sulle guance.
Solamente io e lui.
La parafrasai un po' come una sorta di punizione per entrambi.
Una vendetta.
Una pena non più morale, ma fisica.
Ci eravamo sempre presi sberle, calci e porte in faccia, ma il tutto nella maniera più astratta possibile.
Invece, quella notte, ogni ritorsione ci venne sbattuta in faccia sotto forma di schiaffo.
E aveva fatto male.

Ancora sentivo la pelle pulsare.
Sperai che la gota di Jay stesse palpitando il doppio della mia.

***
La scuola procedeva lentamente, nella maniera più barbosa e monocorde possibile.
Kelsie e Kylie non si erano accorte del mio stato d'animo.
Dei miei occhi gonfi, rossi.
Della mia guancia tendente al vermiglio.
L'unica cosa che a loro venne in mente di apostrofare, fu il mio abbigliamento.
Niente marche famose, niente tacchi o borsette. Solo un paio di leggins, degli Ugg ed un maglioncino bianco.

Jay, in me, levava anche la voglia di apparire bella.
Per sua sfortuna, però, non mi ero tolta il piacere di truccarmi.
Doveva vedere che io stavo bene, che non soffrivo, che senza di lui tutto andava a gonfie vele.
Doveva sentire ad ogni ripassata di mascara, che io non avevo pianto per lui.
Che sotto il fondotinta non si nascondevano lacrime seccate da una notte insonne; che alla base dei vari strati di gloss, io non demordevo.
Stavo male, sì, ma davanti a lui dovevo apparire come la migliore versione di me stessa.

Mi era capitato un paio di volte, nel corso della mattinata, di incrociare quella coppia tanto stonata per i corridoi.
La prima volta Jay le aveva posato un braccio sulle spalle.
Chiacchieravano sorridenti di chissà quale argomento noioso.
Lagnoso quanto Vicki.

Al secondo ed ultimo giro, i due si stringevano le mani.
Non dialogavano.
Semplicemente camminavano a testa alta per i corridoi, evitando in maniera accurata di incrociare il mio sguardo.
Di tanto in tanto sorridevano come forma di saluto in direzione di alcune persone, ma mai i miei occhi vennero incrociati da quelli loro.
Nemmeno una volta, nemmeno per sbaglio.

Fifoni.

L'ora di educazione fisica l'avevo condivisa con Jay.
Con il principe di sto cazzo.
Con il vigliacco numero uno.
Colui che storceva la verità a suo piacimento, pur di non apparire dalla parte del torto.

Quando ci dividemmo in due squadre per giocare a pallavolo, la palla mi scappò "accidentalmente" contro la sua faccia.
Lui provò a farmi espellere, ma il coach non volle.
Sapeva che ero la più forte della classe, e ne voleva vedere delle belle.
Così mi trattenne in squadra.
Tifava per me, ma non in maniera esplicita.
Ad ogni punto della squadra avversaria, il coach emetteva un gridolino soddisfatto e compiaciuto, ma quando annunciò il termine della partita, mi battè il cinque, congratulandosi per la mia vittoria.

***
Rientrai in palestra per la seconda volta in quella giornata, ed a passo svelto mi avviai verso lo spogliatoio.
Convinta di essere sola, iniziai subito a togliermi le scarpe.

«Keira» sentii.

Mi voltai di scatto e trovai Nora seduta su una delle panchine con il libro di scienze aperto sulle gambe incrociate.
Chiuse il libro e si alzò.

«Voglio entrare nella squadra, penso. Non lo so, voglio battere mia sorella in qualcosa» annunciò imbarazzata.

«Sei la benvenuta!» sorrisi.

«È solo che...ho una reputazione. Non voglio essere una cheerleader» sbuffò. «Però voglio farlo! Devo sconfiggere Nikki!»

«Se ti riferisci al giudizio altrui, non preoccuparti. A loro non interessa niente. I ragazzi ti guarderanno solo il culo, e le ragazze continueranno a spettegolare su tutte noi, come fanno da sempre» scrollai le spalle. «È una scelta tua»

«Forse rimarrò a guardare l'allenamento anche oggi» sospirò, mordendosi il labbro inferiore. «Ci vediamo di là»

Prese il suo libro, la sua borsa, e mi passò di fianco.
Uscì dalla porta che venne involontariamente sbattuta ed io mi chinai per togliermi i pantaloni.
Dovevo convincerla ad entrare in squadra.
Lei doveva diventare il capo non appena avrei finito il liceo.

Indossai velocemente la divisa e poi uscii.
Raggiunsi la palestra e la vidi essere attraversata da qualche ragazza della squadra.
Mi salutarono in coro, dirette verso gli spogliatoi.

Dieci minuti dopo, l'allenamento iniziò. Pompom colorati che svolazzavano, acrobazie, gonnelline ondeggianti, balli sincronizzati e finti sorrisi stampati in volto.
Riprovammo più volte la coreografia.
La volevo perfetta.
A breve ci sarebbe stata una partita della nostra squadra di football, e le cheerleader avevano il compito di rafforzare il pubblico e di incoraggiare quanto bastava, la squadra.

Nikki era brava in quel che faceva, ma ero sicura che Nora l'avrebbe battuta senza alcun problema.
Attesi la fine dell'allenamento per andare dalla rossa.
Avevo bisogno di una risposta.
Non feci in tempo a concludere l'allenamento, che Nora già si era volatilizzata.
Era la seconda volta che mi fregava in quella maniera.

Decisi, quindi, di cambiarmi.
Poi tornai nella palestra, in cerca di qualche messaggio da parte sua.
Attaccato sulla porta, proprio come la volta precedente, un foglietto bianco strappato a mano era fermato da una gomma già masticata.
"Sono dentro.
Le farò mangiare la polvere.
-N"

Sorridente come non mai, buttai anche quel foglio.
Sapevo che al prossimo allenamento avrei avuto una bella chioma rossa da domare.
E non vedevo davvero l'ora.

~~~
Buongiorno come va?
Io boh...x
È finalmente tornata Nora, felici?
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo, e grazie per aver letto
ciao ❤

-Alessia

Sopra lo stesso tetto | #Wattys2019Where stories live. Discover now