Capitolo 51: La giacca

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In due cose facevo davvero pena: fare regali e ricordarmi gli appuntamenti.
Quel giorno avevo programmato di fare colazione con Oliver, di pranzare con Kelsie, di uscire nel pomeriggio con Millie e poi andare alla festa di compleanno di Kylie.
Mi ero completamente dimenticata che tutto ciò doveva accadere in una sola giornata.

Alla fine, ero una perfetta organizzatrice. La colazione con Oliver non avrebbe dovuto sfiorare le ore undici e mezza. Alle dodici Kelsie mi avrebbe raggiunta al centro commerciale, avremmo pranzato velocemente e poi mi avrebbe aiutata a cercare un regalo per Kylie.
Perché, sì, mi ero ridotta all'ultimo, mentre lei già aveva impacchettato la sua pochette rossa Moschino da una settimana.

Dopodiché, sarei tornata a casa ed avrei invitato Millie da me.
Tanto sapevo che i miei sarebbero dovuti andare dall'avvocato per qualche faccenda a me ignota.
Millie aveva buon gusto in fattore di moda, quindi mi sarei fatta consigliare da lei qualcosa per la festa di Kylie a cui sarei andata qualche ora dopo. Avevo deciso che avrei sfruttato la sua presenza anche per farmi rifare il make up.

***
Ogni cosa era al loro posto.
Tutto organizzato nei minimi dettagli.
Niente poteva andare male.

Erano le dieci meno due minuti.
Aspettavo che Oliver arrivasse per fare colazione assieme al Tokio, un bar dall'atmosfera orientale. I proprietari, difatti, provenivano da Tokyo.
E chi l'avrebbe mai detto.

Dieci in punto.
Di Oliver nemmeno l'ombra.
Sperai non fosse in ritardo, altrimenti saremmo potuti stare poco assieme.
Già il tempo stringeva, se poi lui si metteva pure a ritardare, allora eravamo proprio a cavallo!
Attesi un altro paio di minuti prima di vedere dei ciuffi dorati saltellare a passo spedito verso di me. Oliver sorrise non appena mi vide.
Mi raggiunse e mi salutò con un bacio sulla guancia. Mi accarezzò lievemente il braccio.

«Ehy, sei qui da tanto?»

«No, no. Un paio di minuti» sorrisi. «Entriamo?»

«Certo»

Mi aprì la porta e subito un forte odore di caffè si fece spazio tra le mie narici. Amavo quell'odore.
Respirai sorridente e poi andammo a sederci. Oliver non sembrava essersi accorto che stavo cercando in tutti i modi di annusare ogni tazzina di caffè bollente presente.
Meglio così, forse mi avrebbe presa per una pazza.

Un ragazzo dai capelli verdi venne verso di noi, prese le nostre ordinazioni e poi si avvicinò ad un altro tavolo.

«Allora, come va?» chiesi giocando con una busta di zucchero.

«Non c'è male, tu?»

«Non c'è male» sorrisi.

«Jay sa che sei qui con me?»

«Avrei dovuto dirglielo?» chiesi aggrottando la fronte.

«Non lo so. L'ultima volta che ci ho parlato si è incazzato con me, ricordi? Probabilmente gli darebbe fastidio vederci ora»

«Non stiamo insieme, non gli devo spiegazioni» feci spallucce.

Non sapevo se parlargli di tutto quello successo il giorno precedente.
Poi decisi che era meglio restare in silenzio. Spettava a Jay parlargliene, era il suo migliore amico. Non il mio.

I due caffè e le brioches arrivarono fumanti. Ringraziammo lo stesso ragazzo che aveva preso le nostre ordinazioni e poi lui si allontanò.
Girai il cucchiaino nel caffè e ci buttai dentro mezza bustina di zucchero.
Oliver mangiò prima la sua brioche al cioccolato. Si riservò per ultimo il suo caffè. Io feci il contrario, invece.

«Allora, che farai oggi?» chiese pulendosi l'angolo della bocca sporca di cioccolato.

«Una marea di cose!» gli spiegai brevemente ogni cosa che avrei dovuto fare e poi bevvi l'ultimo sorso di caffè. «Tu, invece?»

«Credo che andrò da Jay per giocare alla Play» scrollò semplicemente le spalle.

«Già, Jay mi aveva accennato a questo vostro...strano modo di fare pace. Com'è che funziona? Litigate, passa un po' di tempo e poi tornate gli stessi amici di prima?»

«Esatto» sorrise, accennando ad una risata. «È sempre andata così, fin da quando siamo piccoli. Inutile perdere tempo a chiedere scusa. Entrambi siamo abbastanza maturi da capire cosa abbiamo sbagliato, non serve farcelo presente»

«Ammirevole. Se io facessi così con le mie migliori amiche, probabilmente non ci parleremmo più» risi.

«È solo questione di orgoglio» sorrise. «Tutti ne abbiamo un po' troppo»

«Hai proprio ragione» sorrisi.

***
Oliver era proprio testardo.
Voleva pagare lui a tutti i costi, mentre io non glielo volevo permettere.
Mi aveva parlato di una 'questione di galanteria' ed io, dopo una decina di scarsi tentativi per fargli cambiare idea, decisi di lasciarlo fare.

«La prossima volta pago io» sorrisi, aprendo la porta.

Lui posò una mano sopra la mia testa, la appoggiò sulla porta e mi spinse leggermente con l'altra per farmi uscire per prima. «Vedremo» sorrise.

Era un vero gentiluomo.
Bello ed educato.
Beata chi se lo sarebbe preso.

Mi fermai alla fine del marciapiede.
Mi voltai verso di lui, che era dietro di me, e gli sorrisi.

«Grazie ancora per la colazione. Mi sono divertita»

«Anche io. Quando vuoi, usciamo»

«Ti scrivo io»

Gli lasciai un veloce bacio sulla guancia e poi entrambi andammo in due direzioni opposte.
Si passò una mano tra i capelli ed attraversò il semaforo.
Mi ero voltata un secondo a guardarlo, e lui aveva fatto lo stesso.

Sorrisi e chiamai Oscar.
Doveva portarmi al centro commerciale.

Dopo cinque minuti di attesa e dieci di viaggio, finalmente arrivai a destinazione.
Kelsie e Kylie si dividevano in due categorie: la prima era costantemente in anticipo, e la seconda sempre in ritardo.
Quel giorno, per fortuna, stavo uscendo con Kelsie.
Salii al primo piano e alla fine delle scale mobili, la bionda già mi aspettava sorridente.

Era ancora presto per pranzare, quindi decidemmo di fare un giro per le vetrine dei negozi. Giusto per vedere quale attirava più la nostra attenzione, cosicché dopo pranzo non avremmo perso tempo alla ricerca dell'impossibile in mezzo a tutti quei negozi-acchiappa clienti.
Passammo davanti Hugo Boss e vidi una bellissima giacca maschile nera addosso ad un manichino.
Ci immaginai Jay, dentro quella giacca.
Ma tanto già sapevo che mai se la sarebbe messa. Lui era più tipo da T-shirt, jeans strappati e camicie a maniche corte comprate dai cinesi.
Ero sicura che in armadio non avesse nemmeno una giacca.

Ecco che strattonai il braccio di Kelsie e la costrinsi ad entrare assieme a me in quel negozio.
Le dissi che era un regalo per mio padre, dato che (per davvero) a breve avrebbe dovuto partecipare ad una premiazione in cui lui era uno dei candidati. Non sapevo bene a cosa fosse riferita queste premiazione, ma avevo sentito qualche accenno riguardo alla beneficenza.
Forse stavo solo facendo un minestrone di informazioni, ma tanto non ci sarei dovuta andare a quella premazione.

«Tuo padre è dimagrito? Non penso gli stia questa giacca» chiese Kelsie accarezzando le maniche scure.

«S-sì, è dimagrito abbastanza. Sai, la corsa, l'ospedale...insomma, qualche chilo l'ha perso» inventai sul momento.

Lei abbandonò lì il discorso ed io pagai il mio primo regalo mai fatto a Jay.
Ero felice.
Sperai solo che la indossasse.

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Buongiornoo capitolo molto veloce lo so, ma cosa riesco a far intendere meglio la fretta di oggi di Keira ahahaha
come va?? Come sta andando la vostra estate? Per chi ha esami, come siete messi?
Grazie per aver letto 😘😘

-Alessia

Sopra lo stesso tetto | #Wattys2019Where stories live. Discover now