Capitolo 34: Vaffanculo

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«Ehy, dobbiamo scendere» sussurrò Jay lasciandomi un buffetto sulla guancia.

Non proferii parola e prenotai la fermata. Scesi dal sedile e raggiunsi la porta, in attesa di scendere.
Jay mi affiancò ed il bus si fermò bruscamente, facendo aderire il corpo del moro al mio. Le sue mani poggiate frettolosamente sui miei fianchi per sostenersi e non cadere mi fecero ribollire il sangue nelle vene.
Mormorò uno 'scusami' e poi le porte si aprirono. Scendemmo e cercai di velocizzare il passo per raggiungere il più velocemente possibile il condominio.
Tenevo le mani nelle tasche della felpa, le gambe si muovevano stanche, la testa che mi implorava di andare a dormire.
Camminavo a debita distanza da lui, sia perché ero furiosa sia perché puzzavo di sudore.

«State insieme?» borbottai all'improvviso.

«No»

«Scopamici?»

«Siamo usciti una sola volta, Keira»

Sospirai. «Okay»

Poi calò un'altra volta il silenzio.
Sentivo i nostri passi muoversi all'unisono sulla ghiaia e poi sul marciapiede.
I pezzetti del mio cuore battevano fortemente separati nella gabbia toracica. Non avevo né colla né scotch per rimettere assieme i pezzi.
Ma forse doveva andare così.
Forse la pietra, una volta spaccata, non poteva essere più riparata.

«Perché correvi?» chiese.

«Perché ti interessa?»

Scrollò le spalle e gonfiò le guance. «Niente»

«Bene»

«Già»

Giunti di fronte al condominio, aspettai che aprisse lui il portone, visto e considerato che io avevo scordato le chiavi.
Le infilò nella serratura ma non le girò.
Si voltò verso di me e mi guardò.

«Che hai?»

«Che ho? Niente, muoviti. Devo lavarmi e voglio dormire, sono stanca»

«Potevi evitare di andare a correre per Miami da sola»

«Posso sapere qual è il tuo problema? Avevo voglia di correre, basta!» sbottai.

«Il mio problema qual è? È che nessuna ragazza sana di mente sarebbe mai andata a correre con le chiappe al vento, di notte, da sola per Miami!» si agitò anche lui. «Ma giusto! Tu sei Keira impulsiva Kelley!»

«Apri questa cazzo di porta, Jay!» alzai le braccia al cielo.

Sentii le sue mani stringermi i polsi.
Il suo viso vicino al mio, gli occhi fissi nei miei. Così neri, così bui.

«Mi dici che cazzo ti prende?»

Volevo piangere. «Jay, sono stanca» sussurrai.

Mi guardò ancora qualche secondo con le dita attorno alla mia pelle troppo fredda per quel suo contatto così caldo. I suoi occhi indagatori mi scrutavano il viso accaldato. Le sue ciglia si scontravano contro le sue guance rosse, i capelli ricadevano i piccoli riccioli scuri e le labbra che avevano sfiorato quelle di un'altra ragazza, rimanevano socchiuse, troppo vicine alle mie.
Volevo baciarlo.
Volevo davvero farlo.

Si separò da me e girò le chiavi nella serratura.
Mi fece entrare per prima e salii velocemente le quattro rampe di scale. Bussai sulla mia porta mentre Jay dietro di me, raggiungeva gli ultimi scalini.
Mia madre venne ad aprirmi in camicia da notte, mi guardò severa e rivolse un sorriso tirato a Jay.
Lui le sorrise di rimando, mostrando dolcemente quella fila di denti bianchi e perfetti che da sempre mi avevano attirato, ed io lo salutai con un veloce cenno del capo.
Mi chiusi la porta alle spalle e prima che mia madre potesse sgridarmi, caddi per terra per piangere.

Ero arrivata tardi.
Avevo preso il treno per andare da Jay.
Ormai stava con Victoria, ed io ero rimasta solo la stupida che gli correva dietro da quando aveva tredici anni.
Vaffanculo.
Mia madre mi guardava preoccupata.
Si piegò sulle ginocchia e mi prese il volto tra le mani, ma io non volevo il suo conforto. Non volevo consigli sull'amore da una donna che aveva violato ogni principio che si stabiliva in una coppia. Non volevo lezioni di vita da qualcuno che aveva tradito me e mio padre. Non volevo lei come esempio da seguire, non la volevo nemmeno come madre.
Mi scansai bruscamente da lei e me andai in camera asciugandomi gli occhi. Chiusi la porta a chiave e non appena toccai il letto ricominciai a piangere a dirotto tra singhiozzi e lacrime che bagnavano il cuscino. Tiravo su col naso innumerevoli volte ed avevo completamente perso la cognizione del tempo.
Guardavo il soffitto in attesa di qualcosa. Volevo solo che mi capitasse qualcosa di bello.
Magari un abbraccio da mia sorella.
Magari un bacio da Jay.
Magari una famiglia più bella.
Magari un'altra Keira Kelley.

Non ce la facevo davvero più, ero esausta. Talmente tanto che mi addormentai con gli occhi gonfi, il cuscino zeppo di lacrime e i capelli sporchi a causa del sudore.
La mattina dopo avrei fatto meglio a farmi una bella doccia.

***
Dopo essermi asciugata i capelli, mi guardai allo specchio. Gli occhi ancora gonfi, tanto mascara sulle ciglia, la mia faccia stanca e sconvolta.
Facevo schifo, ribrezzo.
Vaffanculo.
Infilai un paio di jeans neri strappati sulle ginocchia, un maglioncino grigio e, per la prima volta dopo tanto, un paio di Converse nere. Misi un paio di libri, un quaderno nella borsa ed uscii di casa senza salutare nessuno. Sbattei la porta di casa, infilai gli auricolari ed alzai al massimo il volume della musica.
Volevo le orecchie sanguinanti.
Volevo creare disturbo alle persone vicino a me, vista la musica udibile anche da chi non aveva i miei auricolari.
Vaffanculo.
Raggiunsi in pochi minuti la fermata dell'autobus e sbattei per sbaglio contro una signora. Senza dirle nulla, poggiai un piede sulla panchina e mi allacciai meglio la scarpa destra.
Sentii la signora lamentarsi della mia 'mancanza di scuse' ed io la ignorai.
Avrei con piacere iniziato un litigio con lei, ma era una vecchietta.
Me la sarei presa con qualcuno che non avesse già mezza gamba nella fossa.
L'autobus arrivò e feci lo slalom tra un paio di persone, mi scontrai con un'altra vecchietta e poi mi appoggiai all'obliteratrice roteando gli occhi al cielo.
Tutti i posti erano occupati.
Avevo già mandato a fanculo qualcuno?
Troppe poche volte, forse.
Vaffanculo.

Odiavo gli autobus, pensai fosse evidente. Ma dopotutto, chi era che li adorava? Non pensavo potesse esistere qualcuno che non vedesse l'ora di salire su un autobus.

Smanettavo con il cellulare e digitavo con forza le lettere sulla tastiera quando Kelsie e Kylie mi chiedevano a che ora sarei arrivata.
Passai una mano tra i capelli e cambiai canzone.
Non ne potevo più di niente.
Avrei voluto prendere un vaso e spaccarlo in testa a qualcuno.
Sentivo le orecchie bollenti, segno che ero davvero furiosa. Alzai lo sguardo dal telefono e vidi che una buona parte di persone era già scesa dall'autobus.
Mancavano due fermate.
Due stupide fottute fermate prima di vedere Victoria Brown e Jay Evans girare tra i corridoi della scuola per mano.
Ma vaffanculo.

~~~
Buongiorno, bel titolo eh? ahaha
Come va? Io sono ancora a casa ma sto studiando perché domani torno a scuola e ho verifica di matematica alla prima ora.
Fatemi sapere cosa pensate del capitolo! Grazie per aver letto e buona giornata!

-Alessia

Sopra lo stesso tetto | #Wattys2019Where stories live. Discover now