Capitolo 47: Ti odio

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Attraversai le strisce pedonali con il rosso, e giunsi dall'altra parte del marciapiede.
Avevo avuto una folle idea mentre tornavo a casa dall'allenamento.
Tirai la porta in vetro del piccolo negozio di fronte a me, ed un campanellino annunciò la mia entrata.
Salutai con un sorriso i due commessi presenti nel negozio, e poi mi avventurai tra gli scaffali di quel posto.
C'era silenzio, tre o quattro persone in giro e davvero poche chiacchiere.
Mi guardai attorno, e più volte mi persi in cianfrusaglie inutili.

Osservai ogni oggetto presente sui vari scaffali e, camminando, li accarezzai tutti con due dita.
Quando giunsi nell'angolo che mi interessava, iniziai ad osservare accuratamente ogni prodotto.
Ero molto scettica, quindi persi tempo a leggere ogni etichetta.
Un po' tirchia, anche, perché presi il prodotto più conveniente.
Sperai solo di non aver scelto quello più scadente.

Pagai e chiesi al commesso se potesse avvolgere il prodotto in una carta regalo.
È un regalo, dissi.
Ma un regalo per me.
Poi salutai con gentilezza il vecchietto dietro alla cassa.
Infilai il pacchetto nella mia borsa, e me ne tornai a casa.

***
Mancava poco più di un'ora per poter cenare, ed io me ne stavo sdraiata sul letto a non far nulla da mezz'ora.
O forse più.
Mancavano quattro notti prima di andarmene.
Avevamo iniziato a portare degli scatoloni a casa, ad indossare i vestiti che meno mettavamo.
Stavamo per tornare a casa.
Eppure tutto, in un solo mese, sembrò essere cambiato totalmente.
Mai e poi mai avrei pensato che avrei rivisto Jay.
Mai e poi mai avrei creduto che Mark Morris sarebbe uscito di prigione nello stesso periodo in cui avrei riabbracciato Millie.
Ogni cosa si era ricollegata dal mio arrivo in appartamento.

Prima dell'incendio ogni cosa era uguale.
Mi domandai: Cosa sarebbe successo se mia madre non avesse cucinato quelle stupide lasagne?
O magari, che cosa sarebbe accaduto se mia madre avesse saputo cucinare?
Non avrei incontrato Jay, Oliver, non avrei odiato di più Vicki, magari non sarei nemmeno uscita con Millie.
Ogni cosa stava completando quel cerchio ormai giunto al termine.
Mancavano quattro giorni, e poi tutto sarebbe tornato normale.
Faceva male pensarlo, ma sarei stata finalmente lontana da Jay Evans.

Forse ci stavamo comportando da idioti.

Non dovevamo sprecare quelle ultime notti che avevamo a disposizione.

Ero terribilmente confusa.
Non volevo stargli vicino, ma avevo bisogno di stare tra le sue braccia.
Gli volevo urlare in faccia i peggiori insulti, seguiti poi da un bacio che necessitavo di avere.

Era possibile provare un'attrazione-non attrazione verso di lui?
Quando non era con me, sentivo la sua mancanza in ogni parte del mio corpo.
Ma quando lo vedevo, volevo farlo precipitare da un ponte.

Non sapevo come, quando e soprattutto perché, ma le mie nocche stavano battendo a ritmo irregolare contro la porta degli Evans.

Il braccio mi tremava, come il resto del corpo, d'altronde.
Il cuore si era adagiato comodamente tra le mie corde vocali, la mia fronte era impregnata di sudore.
Ma che dovevo dirgli? Perché ero lì?

Ad aprirmi non fu Jay.
Non fu Jodie.
Era la signora Evans.
Capelli neri ondulati con ciocche grigiaste, occhi azzurri completamente spenti, profonde rughe sul volto adulto, un bicchiere di vino bianco dal nome a me sconosciuto in mano, ed un pigiama sgualcito avvolto sul corpo minuto.

«B-buonasera» balbettai.

«Tu sei Keira, non è vero?» chiese per poi bere un altro sorso di vino.

«Si ricorda di me» alzai un angolo della bocca.

«Come posso scordarmi di te? Hai salvato mio figlio dalla morte»

Sopra lo stesso tetto | #Wattys2019Where stories live. Discover now