Capitolo 60: Cose

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«Victoria.» sussurrai a denti stretti, fissando lo schermo illuminato del mio cellulare.

Non potevo credere che quella foto fosse finita nelle sue mani.
Avrebbe potuto ricattarmi, inviarla a chiunque.
E sinceramente, di mostrare
il seno a tutti quanti, non ne avevo per niente voglia.
Quella foto in piscina, dell'estate precedente, avrebbe segnato la mia fine se fosse capitata nelle mani sbagliate.
Peccato che già ci fosse finita.
Vicki era spietata, stronza.
Più di me.

Sbattei con forza l'armadietto ed a grandi passi raggiunsi l'aula di spagnolo che, sfortunatamente, io e Victoria dovevamo condividere ogni lunedì.
Entrai in aula calpestando i piedi sul pavimento, tutti gli occhi dei miei compagni addosso, il sangue che mi ribolliva nelle vene dalla rabbia.
Poggiai con forza le mani sul banco di Victoria e feci calare un silenzio glaciale all'interno della classe.
Smise di parlare con le sue amiche, e si voltò verso di me.
Un sorriso perfido stampato in volto.

«Keira! Bella maglietta, perché non te la togli?» sghignazzò.

«Eliminala.» sibilai a denti stretti.

«Di che cosa parli?»

«Lo sai bene.» strinsi un pugno. «Che vuoi da me? Popolarità, soldi?»

«Sei arrabbiata perché ti ho tolto il tuo titolo da stronzetta della scuola?»

«Sai quanto mi importa dei tuoi stupidi titoli? Un emerito cazzo!»

«Come sei volgare.»

«Elimina quella dannata foto, Victoria.»

«No.» sorrise, sporgendosi in avanti verso di me.

Strozzai un urlo frustrato e battei con forza il pugno sul banco.

«Se guerra vuoi, guerra avrai.» le urlai contro.

«Io non voglio combattere, ho già vinto. Devo solamente riscattare il mio premio.»

«Ovvero?»

«Inizia per "Jay" e finisce per "Evans". Hai presente?»

«Ancora credi che Jay pensi a te?» scoppiai in una fragorosa risata amara, che fece arrivare un lieve tic all'occhio destro di Victoria. «Sei sempre così convinta di te stessa, credi di avere tutto il potere in mano, godi quando qualcuno sta male. Faresti di tutto per il tuo stupido giornalino, per essere al centro dell'attenzione sempre e comunque. Sei una fallita, ecco cosa sei. Utilizzare le debolezze degli altri contro di loro non ti sembra una mossa da veri e propri sfigati? Eh, Victoria? Non ti senti una persona di merda? Non ti fai un po' schifo?»

Rimase in silenzio a guardarmi per qualche secondo.
Poi si schiarì la voce e prese parola.

«Stai ancora parlando con me, o con uno specchio?» disse cattiva.

E la mia mano le ricambiò lo schiaffo che mi aveva già dato lei tempo prima.
Le posai le nocche sulla guancia e la guardai con fare dolce. Le sfiorai la pelle quasi perfetta della guancia coperta da del fondotinta aranciato.

«Povera, piccola Vicki. Illusa che Jay possa tornare da lei, così convinta di essere la più forte.» mi strappò la mano dal suo viso, ma io tornai ad accarezzarle la gota con il pollice. «Cara mia, sei tutto il contrario: vali meno di zero. Non conti nulla, tutto ciò che dici o fai non sarà mai in grado di battermi. Non sei nemmeno sul podio, come credi di spodestarmi? Non sarai mai in grado di rubarmi il posto da stronza della scuola. Tienilo bene a mente: ciò che è mio, rimane mio. E ciò che è tuo, prima o poi, sarà mio. È un dato scontato, non trovi? Per quanto il pesciolino sia veloce a nuotare, finirà sempre sbranato dallo squalo.»

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