Capitolo 12: Neil

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Il sogno è sempre lo stesso: io che corro per i reparti dell'ospedale e i corridoi diventano sempre più lunghi. Quando mi accorgo che le stanze non sono segnate con i numeri il panico mi assale. Posso benissimo sentire il battito accelerato del mio cuore, il sangue che scorre frenetico e pulsa al cervello spingendolo a cercare una soluzione nel minor tempo possibile e i piedi che battono pesantemente sulle piastrelle.

Inizio ad affacciarmi in ogni camera e urlo il suo nome. So che tanto non mi risponderà. Quando sto perdendo le speranze la vedo in fondo a tutto. È bellissima. Anche con il camice dell'ospedale. Le sta bene il bianco, anche se avrei voluto vederglielo addosso in un'occasione speciale...

I suoi occhi sono di un azzurro fluido addolciti da quella forma allungata verso l'alto. Ho sempre pensato che i cerbiatti avessero lo stesso sguardo innocente che ha lei.

Mi chiama, ma le sue labbra non si muovono, restano piegate in un impercettibile sorriso. Quando sono sufficientemente vicino tendo la mano e lei non c'è più.

Mi sveglio di soprassalto e mi ritrovo solo sul divano. Non avevo mai sognato così a lungo da raggiungere la fine del corridoio e incontrare Marilyn.

Cosa stava succedendo?

Prendo il telefono e chiamo James.

"Sono le 3 di notte, che cazzo ti chiami"

"Ho sognato di nuovo il corridoio... c'era Mary alla fine" il mio migliore amico è sempre stato al mio fianco: quella mattina che abbiamo ricevuto la notizia e anche quando Mary è morta. Mi ha sempre offerto una spalla su cui piangere o una frase per darmi una scossa quando era il momento.

"Era come te la ricordavi?"

"Sì amico, era bellissima. Non ho fatto in tempo a raggiungerla che si è volatilizzata"

"Non sono certo Freud e non so analizzare i sogni, ma sono passati quasi tre anni... dovresti lasciarla andare. Non puoi fossilizzarti sul ricordo di qualcosa che poteva essere. Lei non c'è più."

So che ha ragione, come sempre. Ma sentirgli pronunciare quelle cinque parole mi riporta alla mente tutto il dolore.

"Perché questa volta è stato diverso?" chiede James cercando di analizzare la situazione con razionalità.

"Non lo so. Ero con Amy, stavamo scherzando e mi ha ricordato tanto lei... quando mi ha sfiorato è stato così... strano. E ha quegli occhi... James, uscirò pazzo."

"Hei, hei amico calmati. Non può far altro che bene se pensi in questo modo altre ragazze, è il tuo cervello che ti sta dicendo che sei pronto ad andare avanti"

"Il mio cervello sbaglia"

Da quando mi ero trasferito dopo la morte di Marilyn era iniziato per me un periodo più che buio. Prima è iniziato l'alcol e, nel momento in cui James aveva capito che qualcosa non andava, non ha pensato due volte a fare i bagagli e chiedere il trasferimento per la mia stessa università. La verità era che avevo detto a papà e a lui che stavo fuori per studiare, ma ovviamente non avevo la mente lucida per farlo. Lui si era iscritto a giurisprudenza e durante i primi due semestri si occupò di me come una babysitter, convincendomi a smettere di bere e a sfogarmi in altri modi. Così ho cominciato a cercare Mary in qualunque ragazza mi portassi a letto. Finita la rabbia, questa mia straziante ricerca era diventata una mal sana abitudine. E così ora sono il cattivo ragazzo dell'università.

Non so cosa sia esattamente successo quando ho incrociato per la prima volta lo sguardo di Amy. Era così diversa da Marilyn, eppure me la ricordava così tanto. Forse la somiglianza non era con lei, ma con me. Nessuno ha quello sguardo se non ha provato qualcosa di forte nella vita, e io avrei scoperto cos'era.

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