Capitolo 61: Neil

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Sono le sei di pomeriggio quando finalmente arriviamo a Elyria. Siamo sfiniti sul piano fisico: guidare e stare seduti due giorni e mezzo con brevi pause da dieci minuti è massacrante e dovremmo avere dolori ovunque, ma non mi stupisco di non provare nulla: l'adrenalina sta facendo benissimo il suo dovere.

Le ragazze scendono dall'auto e si sgranchiscono la schiena e le gambe appoggiandosi alla macchina con le braccia.

Appena vedo un signore sulla cinquantina attraversare la strada, mi dirigo verso di lui, ma una mano si avvolge attorno al mio gomito.

"Dove pensi di andare?" Alexandra mi squadra dalla testa ai piedi e poi torna su con aria severa.

"A chiedere informazioni sull'Hell?!" la guardo come se la sua fosse stata la domanda più stupida del mondo. Ovvio che voglio sapere dov'è questo fottuto locale! Voglio una cosa rapida: dentro, prendiamo le ragazze e fuori. Ma a quanto pare lei non la pensa così.

"Non possiamo fidarci di nessuno in una città che non conosciamo. Come prima cosa cerchiamo un posto per la notte"

"Trovato!" urla Adriana a pochi metri da noi mentre fa su e giù col dito sullo schermo del suo telefono. "Si chiama Motel Gilles, è a pochi metri da qui" alza la testa e cerca di capire da che parte dovremmo andare.

Questa città è strana. Ha un che di tetro e silenzioso. Su ogni via a intervalli regolari si trovano alti platani ben potati circondati ciascuno da un quadratino di terra, mi chiedo se siano finti dato che il marciapiede ha tutti i mattoncini ben allineati e non sollevati dalle radici come a Long Beach. La massa verde alcuni metri sopra di noi ci tiene all'ombra e ci isola dai rumori della strada, anche se fino ad ora non ho visto una sola macchina passare per questa via. Ora capisco qual è il problema, perché Elyria mi era sembrata tanto silenziosa: non c'è traffico. In un altro momento avrei sicuramente trovato piacevole questa tranquillità, ma ora è decisamente sinistra.

"Due doppie per piacere" chiede con gentilezza Adriana alla signora dietro il bancone della reception

"Le ho finite, mi spiace. Se vi va bene ho una quadrupla... sono due letti a castello e un bagno. Altrimenti devo darvi quattro singole" risponde lei sinceramente dispiaciuta di non poterci accontentare. Avrà avuto forse poco meno di settant'anni e mi ricordava molto l'idea che mi ero fatto della vecchietta che mi apriva il portone dell'appartamento di Amy scambiandomi per un amico del nipote.

Amy... Ero vicino tanto così...

Non sarei stato fermo a guardare questa volta.

"Non si preoccupi, la quadrupla andrà benissimo"

"Quanto restate?" la signora era china ad appuntare delle cose su un foglio e qualche ciuffo grigio le scivolava fuori dalla crocchia che si era raccolta sulla nuca per finire davanti agli occhi.

"Non lo sappiamo, credo qualche giorno" Questa risposta scatena in me il panico. Qualche giorno? Avevo detto qualcosa di rapido e invece Alexandra e Adriana volevano fare le cose con tutta la calma del mondo. Perché non andare anche a fare una bella colazione da Starbucks domani mattina? Sempre che ce ne sia uno in questa città di merda!

Poggiamo i borsoni ciascuno sul proprio letto. Io e James occupiamo un letto a castello, mentre Alex e Adriana quello a fianco. La stanza è davvero un buco lercio, ma sempre meglio di niente ed era un valido motivo ad andarsene prima di qui.

Prima di decidere il da farsi entriamo in bagno a fare una doccia veloce. Quando apro il rubinetto l'acqua che esce ha un color ruggine per cui aspetto che si schiarisca prima di passarmela sul viso, ma me ne pento quando sento il sapore metallico insinuarsi tra le labbra.

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