Capitolo 18: Amy

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Una nuova giornata inizia qui a Long Beach: il sole si alza in cielo, gli uccellini cinguettano e io scaravento la sveglia sotto il tavolo della cucina sperando che si rompa e la smetta di suonare quella melodia metallica che brucia i neuroni.

L'acqua della doccia oscilla tra il caldo e il freddo, dovrò chiamare il tecnico della caldaia o un idraulico? Forse prima è meglio chiedere ai maschi, sono sicura che ne sanno di più di me.

Infilo i vestiti e metto un filo di trucco sugli occhi.

Quest'ultima è una cosa che non ho mai fatto. Ho passato talmente tanto tempo a dissuadere gli altri dal fatto di non essere bella per poterli allontanare, che ora che sono fuori pericolo ho mantenuto l'abitudine di non curarmi troppo dell'estetica. Soprattutto di prima mattina.

Con i pochi soldi che mi sono fatta in questi tre mesi di lavoro ho scelto di comprare un'auto di seconda mano. Facciamo anche quinta...

Prendo le chiavi fiera della mia indipendenza e scendo per le scale del condominio salutando una vecchia signora con le buste della spesa.

Chissà se mi ricordo ancora come si guida.

Faccio scorrere le mani sul volante di pelle ancora liscio nonostante la veneranda età del macinino.

Giro la chiave e voilà: si è accesa.

Ingrano la marcia e mi dirigo verso il campus facendo attenzione a ogni singolo segnale sperando di ricordarne i significati.

È come andare in bicicletta: anche se passano anni non te lo dimentichi!

Brie mi aspetta fuori dal campus, all'ingresso che collega la mensa alle aule intorno.

Batte le mani felice mentre scendo e le mostro fiera il macinino arrugginito pagato la bellezza di 976 dollari.

"Dai pensavo peggio"

"In che senso peggio?"

"Hai fatto l'antitetanica, Amy?"

"Si, perché?" chiedo con aria interrogativa mentre lei fissa una parte di carrozzeria mangiata dalla ruggine.

"Ok allora puoi guidarla" dice con un sorriso e prendendomi sotto braccio.

Oggi la mia mattinata prevede 2 ore di anatomia e 4 di embriologia.

Le prime due sono sopportabili, ma alla terza ora la mia mente inizia a cedere e a distrarsi creando piccoli film mentali su qualunque cosa capiti sotto i miei occhi.

Immagino la vita della mia prof fuori di qui: una volta finito a lavorare torna a casa a preparare il pranzo al marito e ai figli. Li porta al parco e li aiuta a fare i compiti, se fossero più grandi magari li videochiamerebbe e loro le mostrebbero la loro stanza del dormitorio e i loro compagni di corso.

Sarebbe bella una vita, così... tranquilla.

Non credo che potrei permettermela, è una vita normale per persone normali. Io non sono mai stata normale perché nessuno mi ha concesso di esserlo. La mia famiglia non era normale... come posso pretendere di avere una vita normale?

"Signorina Blake è dei nostri?"

Mi ero talmente persa nei miei pensieri che non mi ero accorta che la prof mi stava facendo una domanda.

"Sì prof mi scusi"

"Bene bene"

Da aggiungere alla lista delle figure di merda davanti a superiori e sconosciuti.

L'ultima mezz'ora credo di non riuscire a sopportarla, così con la scusa di andare in bagno raggiungo gli altri in mensa.

Si sono già seduti tutti ad uno due tavoli infondo.

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