Capitolo 14: Amy

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"Ma quanto cavolo mangiate?" lancio un urletto sconsolato nel bel mezzo del supermercato quando Devon getta nel carrello l'ennesima confezione di carne.

"Secondo te come nutriamo tutto questo ben di Dio?" dice indicandosi gli addominali. Effettivamente lo avevo sempre immaginato che mangiassero tanto, o per lo meno che seguissero una dieta specifica per il football. Invece mangiano come maiali: tanto e disordinato!

"Anche James mangia chili e chili di carne, sai? Ho paura che se mai dovessimo vivere insieme ci costerebbe più di cibo che di affitto" dice Brianna dal telefono. La luce le arriva da davanti e le conferisce un magnifico colorito dorato. E' sdraiata su una poltrona del resort di Cuba e sembra una modella di bikini.

"Meno male che James è lontano, lo farai scappare se dici una cosa del genere!" ci manca solo che cacci con lui l'argomento figli.

"Chi scappa?" chiede James mettendo altra carne nel carrello. Prontamente mi sporgo oltre e gli do uno schiaffo leggero sulla mano.

"Finitela. Valla a rimettere a posto, so che non la mangerete mai tutta 'sta roba!"

"Relax tesoro" dice Trent agitando le mani con i palmi verso basso.

Se questa spesa non finisce entro dieci minuti uscirò pazza.

"James, Neil dov'è?"

"Col carrello di là a cercare decorazioni"

"Tieni" dico spingendo la spesa verso di lui, anche se è difficile far girare le rotelle con tutto il peso della carne che c'è dentro. Il mio telefono resta ancorato al seggiolino per i bambini ricavato nel carrello, lì dove l'ho incastrato io per permettermi di parlare con la mia migliore amica e monitorare le aspirapolveri umane con cui mi ritroverò a fare le vacanze.

"Vai, sto io con Brie" sorride e io mi avvio verso il ragazzo con la felpa verde alla corsia affianco.

Continua a fare sotto e sopra buttando un po' di tutto nel carrello che ora è pieno di roba di tutti i colori. Lo guardo allungare il braccio per afferrare l'ennesima ghirlanda dorata dal ripiano più alto, quello che senza dubbio io non sarei mai riuscita raggiungere, e ammiro i suoi muscoli tendersi definiti anche sotto il pesante strato di stoffa.

"Che ne dici di questi?" dice indicando dei boa rossi e oro. Non si è neanche girato per accertarsi che fossi io, è come se avesse avvertito la mia presenza.

"Non male, potremmo appenderli per casa" ne prendiamo una decina e li posiamo nel carrello aumentando il volume di cianfrusaglie che non faranno altro che perdere piume e glitter per tutta casa. E a me toccherà pulire tutto.

Camminiamo uno affianco all'altra osservando tutti gli addobbi della corsia. Lo vedo concentrato, ma so che non è per la nostra ricerca. Sta pensando a qualcosa.

"Ooohooh" mi giro per vedere cosa ha trovato.

"Mi spieghi come hai fatto a trovare le gonnelline da Hawaiana a dicembre?"

"Dai queste le prendiamo" mi fa gli occhi dolci e sporge il labbro di fuori.

"Dai prendine sei" dico ridendo. E lui, come un bambino felice, si riempie le braccia di paglia e fiorellini colorati e le apre sopra il carrello rovesciando tutte le gonnelline dentro, mi ricorda quelle macchina pesca pupazzi a cui mio padre vinceva puntualmente un peluche da regalarmi. Sorrido nostalgica al ricordo delle uniche volte in cui mio padre si è comportato come tale.

"Direi che qui abbiamo finito" dico mentre ci avviamo verso il reparto alcol per raggiungere i nostri amici.

Fortunatamente gli altri ragazzi hanno terminato la lista dei cibi da cercare e così, dopo una buona mezz'ora di indecisione per scegliere tra due diversi tipi di rum, possiamo andare alle casse.

È stata una lunga prima giornata di vacanze e domani sarà già la vigilia di Natale.

Abbiamo messo tutta la spesa nella macchina di Neil così appena mi riaccompagnerà a casa mi aiuterà a metterla nel frigo. Già so che dovrò giocare a tetris con tutte quelle confezioni di salsicce, costatine di maiale e bistecche.

"Faccio io, tranquilla" Neil prende due buste piene di roba pesante dal portabagagli e a me lascia le decorazioni e qualche bottiglia di vino e rum.

Il condominio purtroppo non ha l'ascensore, ma almeno abito al secondo piano.

Saliamo le scale senza doverci fermare a riposare le braccia... almeno Neil. Io ho solo fatto in modo che non notasse che poggiassi la busta sugli scalini per evitare che i manici di plastica mi segassero le mani.

Apro la porta. "Poggia sul tavolo, intanto libero il frigo"

Neil fa come dico e, dopo aver poggiato anche le mie buste, apro il frigo. È beatamente vuoto.

"Buono, è già libero" spunta da sopra la mia spalla sbirciando i ripiani vuoti.

Respira sulla mia spalla e un brivido mi attraversa, giuro che è stato il freddo proveniente dalla porta dell'elettrodomestico ancora aperta.

Iniziamo a sistemare la roba e stranamente pare entrarci tutto, bottiglie comprese.

"Se vuoi ti do una mano ad appendere le decorazioni" propone timido Neil.

"Grazie" gli sorrido passandogli una ghirlanda.

La mezz'ora successiva la passiamo a cercare di far reggere i boa colorati sullo specchio in sala, attorno ai mobili della cucina e attorno alla televisione davanti al divano.

Mentre cerco di fissare la coda della ghirlanda sul ripiano del mobile della cucina con dello scotch Neil mi regge la sedia.

"Nanetta se vuoi faccio io"

"Ce la faccio, non chiamarmi nanetta!" Sì sono bassa, gentile da parte sua notarlo.

"Sei in punta di piedi e non vedi dove metti lo scotch, come dovrei definirti?" dice in una risata.

"Caparbia, ma non nana" sbircio la sua espressione strafottente da in mezzo alle mie braccia alzate. Pessima scelta perché torno a guardare in alto troppo in fretta e perdo per un secondo l'equilibrio.

Prontamente la mano grande e calda di Neil mi afferra dal fianco e mi riporta in asse sulla sedia.

Guardo la sua mano ancora sul mio corpo e immagino delle fiamme che da lì invadono la mia pelle e si insinuano al di sotto di essa.

"Grazie... ehm.. forse avevi ragione" scendo dalla sedia e la sua mano non dà cenno di volersi spostare. Mi conduce per terra e da questa altezza se guardo dritto vedo la linea della clavicola che sporge dalla felpa. La disegno con lo sguardo per poi passare alla linea della mascella e rifletto su quanto siano delicati i suoi lineamenti. Ha sicuramente ripreso molto dalla madre, generalmente i lineamenti duri e mascolini si ereditano dal padre, ma lui è un'infinità di linee morbide alternate a linee taglienti che lo rende paragonabile ad un dio greco.

Smetto di fare questi pensieri quando la sua mano si leva dal mio fianco e sento freddo in quel punto per la sua mancanza. Arrossisco perché non so da quanto tempo lo stessi osservando, né se se ne sia accorto.

Potrebbe essere stata una mia allucinazione, ma allora perché quella sensazione di calore mi perseguita anche dopo che se ne è andato?

*Angolo autrice*

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