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Halsey, Colors

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Passeggiavo fra le varie corsie del modesto negozio di alimentari, bloccandomi di tanto in tanto per prendere qualche prodotto. Tutto rigorosamente a lunga conservazione.

Arachidi. Riposi una confezione nel cesto e discretamente ne lasciai scivolare tre nel mio vecchio e fidato zaino nero.
Frutta secca, patatine, nachos. Due confezioni per ciascuno, tutte nello zaino.
Carne e verdura in scatola. Una nel cesto, tre nello zaino.

Cesto, zaino, zaino, zaino.

Mantenni questo ritmo per i venti minuti in cui mi trattenni nel negozio e, quando ritenni di aver accumulato abbastanza provviste, mi diressi alla cassa.

Vuotai il cesto sul bancone, impilando poi quest'ultimo accanto alla porta d'ingresso. Il cassiere, un ragazzo di non più di venticinque anni, impiegò un paio di minuti per passare una confezione di arachidi e poche lattine.

"È tutto?" domandò alla fine, volgendo una rapida occhiata al mio zaino.

Spinsi lentamente indietro quest'ultimo con la mano, mentre osservavo impassibile il cassiere.

"È tutto" confermai poi in tono piatto.

Lui emise un sospiro, digitando qualcosa alla cassa. "Sono sei dollari e novanta" sentenzió dunque.

Sfilai poche banconote dalla tasca dei miei jeans e, dopo averle consegnate, afferrai la busta leggera e uscii dal negozio.

Niente allarmi, niente commesse e niente addetti alla sicurezza. Solo qualche telecamera mal piazzata e pertanto facilmente evitabile. Semplice e privo di intoppi.

L'aria fresca di New York mi investí in pieno volto e si insinuó oltre i miei indumenti poco adatti alla stagione invernale, facendomi rabbrividire leggermente. Le frequenti folate di vento non erano mai gradevoli, ma ormai il mio corpo vi aveva fatto l'abitudine, almeno in parte.

Decisi di concedermi una breve sosta in un bagno pubblico lungo il tragitto, e ne approfittai per rinfrescarmi il volto e inumidire i capelli untuosi e aggrovigliati.

Mi presi qualche istante per osservare il mio riflesso nello specchio smussato e graffiato. I capelli scuri, incolti ormai da anni, ricadevano pesantemente lungo la mia schiena; profonde occhiaie mi solcavano gli occhi, ed erano il risultato di un'infinità di notti insonni o trascorse in dormiveglia; la semplice canotta verde scuro e la giacca in pelle che indossavo erano piuttosto logorate, al pari di jeans e scarponi.

Per l'ennesima volta, ripetei a me stessa che tutto quello era solo temporaneo.

Uscii dal bagno e ripresi a camminare, mentre alcune gocce di pioggia iniziavano a cadere dal cielo nuvoloso.

Impiegai una decina di minuti per raggiungere il ponte di Brooklyn e, quando vi arrivai, ero completamente zuppa d'acqua.

Come di consueto, il ponte era animato da svariate persone, che qualcuno avrebbe potuto definire poco raccomandabili. Dei fuochi erano stati accesi in alcuni punti dell'ampia distesa di terra mista ad asfalto; uomini di mezza età erano stravaccati un po' ovunque, mentre altri più giovani stavano in piedi, riuniti in piccoli gruppi; nel complesso, il vecchio ponte, imbrattato di graffiti e di chissà che altro, risultava isolato e malinconico come di consueto.

"Bentornata a casa" esclamò improvvisamente la voce squillante di Niall.

"Già... casa" mormorai, mantenendo lo sguardo fisso sullo squallido ambiente ancora per qualche secondo.

Blame | H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora